Ecco la recensione di Deathloop in versione PS5! Dopo averne saggiato un’anticipazione qualche settimana fa, finalmente, possiamo dirvi la nostra su Deathloop, l’ultima fatica di Arkane Lyon.
La premessa è ormai nota: il protagonista, Colt, si trova intrappolato in un loop che lo costringe a rivivere sempre lo stesso giorno sulla misteriosissima isola di Blackreef. Noi abbiamo il difficile compito di mettere ordine a tutta questa follia e riuscire a fare un giorno perfetto: uccidere tutti gli otto Visionari in un sol colpo, spezzare il ciclo e salvarci.
A contrastare i progetti di libertà del protagonista ci sarà la scaltra Julianna, che vuole a tutti i costi difendere non solo questa distorsione temporale ma anche tutta la squadra di Visionari che presidiano il territorio. Perché? Quale rapporto ci lega a lei? Beh, questo ovviamente non ve lo diremo noi.
La sceneggiatura di Deathloop non offre una scrittura particolarmente complessa, ma risulta consustanziale alla struttura di gioco stessa: la narrazione in senso stretto, i documenti sparsi nella mappa e le stesse opzioni di missione vanno a comporre un mosaico coerente che affascina fin dalle prime battute. Tutti i personaggi sono ben tratteggiati e non sfociano in ritratti macchiettistici, ma vengono contestualizzati all’interno di un orizzonte assolutamente borderline.
Il rapporto tra Colt e Julianna è un botta e risposta arricchito da humor spietato e rivalità sui generis che alleggerisce i toni drammatici di una battaglia senza esclusione di colpi tra i due. Meno soddisfacente è stata invece la scrittura del finale di gioco e delle opzioni dello stesso, come se la cura narrativa fosse venuta meno proprio sul finire dell’avventura.
L’isola di Blackreef è composta da quattro location ben distinte tra loro, visitabili in quattro momenti della giornata distinti. Tutte vengono rappresentate da una forte estetica retrò anni ’60 che arriva a investire anche l’aspetto dei nemici, gli Eternalisti, che sembrano usciti dalla testa di Andy Warhol e rendono ancor più peculiare e riconoscibile il titolo.
Il core del gameplay è indubbiamente il loop temporale, e su di esso agiscono in sinergia tutte le istanze ludiche che compongono questo atipico “murder puzzle”, per definirlo con le parole degli stessi sviluppatori. Le mappe non cambiano di aspetto a seconda del momento della giornata, ma vengono modificati eventi e posizionamento dei nemici in campo (se non la loro presenza stessa). Anche alcuni luoghi specifici, come covi o laboratori, potrebbero essere aperti o chiusi in base all’orario.
Altro elemento fondamentale sono le informazioni: esse infatti non verranno perse durante i vari cicli, e sarà vitale raccoglierne quante più possibile per riuscire a rivolvere enigmi, avere più opzioni di azione e, in generale, completare le missioni. Per esempio, durante l’esplorazione, potremmo riuscire a captare conversazioni che ci permetteranno di mettere una pedina importante nel piano d’assassinio di un Visionario.
Deathloop gode della bravura di Arkane nel costruire un level design stratificato che si svela man a mano che acquisiremo le Tavolette dei poteri ma, a differenza delle loro precedenti produzioni, il tutto è molto più concentrato e compresso, pur mantenendo una buona libertà di esplorazione e approccio.
Sia Colt che le armi possono essere potenziati grazie ad abilità e piastrine specifiche che randomicamente possono comparire dentro la mappa, e con le quali potremo aumentare la precisione di tiro, la barra della salute, e così via. Le bocche da fuoco sono caratterizzate da quattro gradi di rarità (grigio, blu, viola e oro), così come i perk, che ne hanno tre.
Le già citate Tavolette invece possono essere migliorate uccidendo più volte il Visionario a cui appartiene il potenziamento che ci interessa. Permanentemente avremo poi a disposizione un machete, delle versatili bombe a mano e l’Hackamajik, con cui hackerare e disabilitare porte o torrette mitragliatrici.
In forza alla sua vaga commistione tra il genere rogue e il soulslike, in Deathloop a ogni ciclo tutti gli oggetti accumulati verranno persi se non infusi con una speciale sostanza detta Residuo. Questa specie di aura può essere raccolta in giro per la mappa o dai cadaveri dei Visionari uccisi, e sarà possibile recuperarla anche in caso di nostra prematura dipartita. Molti sono gli enigmi sparsi per la mappa, tipo ritrovare codici di sblocco per le casseforti (e tanto altro che non vogliamo accennarvi per non rovinarvi la sorpresa). L’unica cosa che vi consigliamo di fare è di osservare molto bene l’ambiente che vi circonda.
Come da tradizione di Arkane, anche l’IA dei nemici si attesta a un livello di qualità assolutamente apprezzabile, se non per qualche sporadico tentennamento. In generale, prima di lanciarsi in mezzo alla mischia è fortemente consigliabile studiare il terreno di gioco e i nemici in campo: un approccio troppo avventato potrebbe farci cadere in pochissimi secondi. In caso di morte ci verranno date due ulteriori possibilità di ritornare sui nostri passi grazie al potere di Ripresa, che è nella dotazione base di Colt.
La difficoltà del titolo è assolutamente adeguata, e spinge il giocatore a cercare le soluzioni migliori sul da farsi. Sebbene Deathloop spiani la strada alla creatività nell’approcciare una missione, il fatto di dover ripercorrere la stessa mappa o uccidere lo stesso Visionario più e più volte per, ad esempio, migliorare un potere, potrebbe far sorgere una sensazione di ripetitività soprattutto nelle fasi finali del titolo, ben prima dell’ultimo loop.
Gli sviluppatori francesi hanno implementato anche una meccanica di “invasione” da parte della nemesi per eccellenza, Julianna. Nel single player l’acerrima nemica di Colt verrà gestita tramite l’IA di gioco, e si rivelerà una vera spina nel fianco, unitamente alle decine di Eternalisti che animano i distretti di Blackreef.
Abbiamo però avuto la possibilità di testare questa feature anche in multiplayer, ed è stato davvero interessante vedere Deathloop dall’altra parte della barricata. Il personaggio di Julianna può essere infatti controllato da un altro giocatore (ovviamente potremo impostare l’accesso alla nostra partita ai soli amici, se non volessimo essere disturbati da persone sconosciute).
Chi invade verrà premiato maggiormente per “tormentare” il povero Colt, e poi eliminarlo in maniera creativa, che risolvendo il tutto con una sbrigativa sparatoria. Avremo quindi una vera e propria lista di missioni opzionali da compiere: si parte dal primo livello e potremo scalarli man a mano che completeremo i vari obiettivi delle invasioni (come restare vivi per tre minuti, o vincere due scontri consecutivi, eccetera).
Per quanto riguarda la gestione del DualSense possiamo ritenerci soddisfatti: i grilletti aptici si adattano alle armi usate (vi consigliamo di testare la sparachiodi), e riescono a simulare anche l’inceppamento delle stesse. Le voci dei personaggi inoltre vengono trasmesse direttamente dal controller, quasi a simulare una conversazione tramite radio, accorgimento ormai abbastanza comune ma che aiuta nell’immersione della storia.
Dopo aver vissuto decine e decine di cicli, possiamo considerare Deathloop la summa dell’esperienza videoludica di Arkane, mescolata sapientemente a istanze ben lontane dalla propria tradizione, rinnovata con grande intelligenza.
Un “murder puzzle” ben riuscito e stimolante che vi porterà ad apprezzare sicuramente le vicissitudini del malcapitato Colt e dei folli personaggi di Blackreef. Pur essendo considerata da molti una software house che crea giochi di nicchia, riteniamo invece che Deathloop possa essere la loro opera più aperta al mercato, senza però mai perdere di vista l’alta qualità che contraddistingue i loro eccellenti giochi.
Sebbene alcuni aspetti non ci abbiano convinto fino in fondo, come un finale di trama non particolarmente riuscito e una sensazione di ripetitività sul finire dell’avventura, è indubbio che il comparto estetico e la gestione del timeloop nel gameplay siano ben realizzati e fortemente caratterizzanti.
Insomma, Deathloop è un gioco che non abbiamo remore a consigliare.