The Dark Pictures Anthology: House of Ashes Recensione (PS5)

Con The Dark Pictures Anthology: House of Ashes la serie antologica di interactive drama horror prosegue col suo terzo capitolo.

In Man of Medan, due anni fa, ci eravamo ritrovati prigionieri dei pirati polinesiani su una corazzata della seconda guerra mondiale che nascondeva orribili segreti. In Little Hope invece avevamo dovuto affrontare un orrore pluricentenario, tra cittadine abbandonate, fantasmi del passato e congreghe di streghe.

Entrambe le volte abbiamo molto apprezzato le produzioni (QUI e QUI le nostre recensioni): nel caso di Man of Medan ci era particolarmente piaciuta la cooperativa, vera modalità principale di tutta la serie, che si sviluppava in maniera spiazzante e originale grazie a una sceneggiatura studiata ad hoc. Di Little Hope avevamo apprezzato soprattutto l’atmosfera di mistero e il tentativo, in parte anche riuscito, di puntare a una scrittura più matura rispetto agli standard un po’ “caciaroni” di Supermassive, anche a discapito della resa finale della coop, molto più ordinaria nella sua interazione tra i giocatori.

Da questo House of Ashes, nelle più ottimistiche previsioni, ci saremmo aspettati un episodio che riuscisse a coniugare nel migliore dei modi gli elementi più validi dei precedenti, ma non è stato così. Anzi, l’ultima fatica del team inglese ci è sembrata un mezzo passo indietro, pur rimanendo un’esperienza piacevole se affrontata in compagnia. Scopriamo insieme perché.

House of Ashes Recensione Pazuzu

The Dark Pictures Anthology: House of Ashes è ambientato nell’Iraq del 2003, e prende ispirazione dai noti avvenimenti storici che seguirono l’attentato dell’11 settembre. Noi giocatori dovremo accompagnare una squadra di Marines americani alla ricerca di un silo sotterraneo che, teoricamente, dovrebbe nascondere le fantomatiche armi di distruzione di massa di Saddam Hussein. Trattandosi di un horror è inutile dire che le cose non andranno proprio come previsto, e che anche l’eventuale presenza di testate nucleari non sarà la cosa peggiore da affrontare.

Tra folklore mesopotamico, cameratismo a stelle e strisce e più di una strizzata d’occhio alla serie Alien (anche per alcune scelte visive), le nostre decisioni e la nostra attenzione nell’esplorazione faranno la differenza tra la vita e la morte dei cinque protagonisti utilizzabili. Nessuno di loro è infatti indispensabile al proseguimento del gioco, tutti possono morire (pure male), dipenderà solo da noi.

La struttura di gioco di House of Ashes non si discosta da quello a cui ci ha abituati Supermassive, e va benissimo così. Da una parte avremo quindi fasi di esplorazione libera, alla ricerca di documenti e collezionabili preziosi non solo per comprendere meglio gli avvenimenti del passato ma anche per ricevere vere e proprie premonizioni sui possibili esiti futuri di una scelta (almeno un paio di volte ci siamo salvati la pelle proprio grazie a queste visioni).

Dall’altra dovremo scegliere come interpretare i vari personaggi, dando risposte che influenzeranno soprattutto i rapporti tra di loro, elemento che potrebbe rivelarsi decisivo nei momenti clou (e infatti ci è capitato di veder morire un protagonista proprio a causa di un rapporto non certo idilliaco con un altro).

A unire il tutto, sequenze d’azione da superare tramite i più classici dei quick time event (QTE), marchio di fabbrica del genere.

House of Ashes Recensione Eric

Purtroppo il dosaggio di questi elementi all’interno dell’avventura ci è sembrato poco riuscito. Nello specifico, in House of Ashes abbiamo avuto la sensazione che si giochi davvero molto poco.

Nonostante la durata totale si assesti sulle 4/5 ore, come Little Hope, molte di queste vengono spese a guardare cutscene e dialoghi dove non c’è possibilità di intervento da parte del giocatore. Indubbiamente l’interactive drama tende per sua stessa natura a “farsi guardare”, ma in questo preciso caso la nostra sensazione è stata spiacevolmente sbilanciata. E fa ancora più strano se si pensa a come la trama prenda da subito una piega action e al fatto che, per una volta, non stiamo comandando dei malcapitati ma dei Marine ultra-addestrati.

Avendo così pochi momenti di scelta o di azione sale il timore che anche i bivi e le possibilità della storia siano più limitati rispetto al passato, ma per fortuna non è così. Le scelte infatti, o anche il singolo QTE, hanno molta importanza nello sviluppo della trama, e dopo due run intere ci è rimasto comunque ancora un bel po’ da vedere, stando alla descrizione dei trofei mancanti e ai racconti dei colleghi.

Sulla carta avere meno interazioni, ma più significative, sarebbe sintomo di buon game design, ma non sappiamo quanto questo si adatti alle esigenze di un interactive drama così tendente all’azione. In questo caso avremmo preferito sentirci più partecipi, anche a costo di inserire scelte e QTE senza reale peso sulla storia, ma atte solo a “tirare dentro” il giocatore (come ne era pieno Man of Medan dopotutto).

House of Ashes Recensione Nick

Tutta questa riflessione su quanto ci siamo sentiti presenti o meno all’interno del gioco forse non avrebbe avuto senso di esistere se la scrittura e la messa in scena di House of Ashes ci avessero coinvolti, ma non lo hanno fatto.

Supermassive ha sempre giocato sui cliché cinematografici del genere horror, soprattutto quando le penne dei loro titoli erano quelle di Larry Fessenden e Graham Reznick (Until Dawn, The Inpatient, Hidden Agenda, Man of Medan). A volte l’ha fatto con gusto (Until Dawn, Little Junior), altre volte molto meno (Hidden Agenda), ma quasi sempre è riuscita a coinvolgerci fin da subito nelle sue storie. Con House of Ashes, che come Little Hope dà il benvenuto a un nuovo sceneggiatore, non è riuscita a farlo se non fino all’ultima parte di racconto e alla sua svolta inaspettata.

Fino a lì la trama, molto semplice, fatica a ingranare e a presentare situazioni interessanti o inquietanti. Qualche jumpscare non basta, e il fatto che si giochi poco non fa che acuire la sensazione di déjà vu e prevedibilità. La scrittura dei dialoghi è spesso discutibile (nel caso di un certo triangolo amoroso azzarderemmo imbarazzante), e anche quella dei personaggi e dei loro background è estremamente basilare, se non superficiale.

Di per sé questo potrebbe non rappresentare nemmeno un grosso problema, perché siamo realisti: Supermassive non ha mai brillato o lavorato di fioretto in questi aspetti. E anche facendo un discorso più ampio potremmo tranquillamente dire che salvo qualche caso virtuoso la bella scrittura di personaggi e dialoghi non è mai stata il punto cardine del genere horror, né al cinema né con un pad in mano, e difatti abbiamo esempi di grandi film o videogiochi che hanno saputo farne a meno (Dario Argento degli anni buoni, i giochi di Resident Evil, Dead Space).

Il loro “segreto” è stato eccellere in altro (atmosfera, tensione, gameplay), ma House of Ashes non eccelle in altro, e pertanto il problema diventa più significativo.

House of Ashes Recensione Curatore

Qualche criticità tocca segnalarla purtroppo anche sul piano tecnico. Di base The Dark Pictures Anthology: House of Ashes si presenta bene visivamente, almeno quanto i predecessori.

I punti di forza di Supermassive sono sempre stati la cura per le location e l’uso dell’illuminazione, e anche stavolta il loro lavoro è ottimo sotto questi aspetti. Alcuni scorci, specie in esterna, sfiorano il fotorealismo, e pure certi passaggi e strutture sotterranee sono fenomenali per colpo d’occhio. Su PS5 (la versione da noi testata) e su Series X si può scegliere tra le ormai due tipiche modalità: qualità e prestazioni. Visto il genere abbiamo optato per la qualità, godendo di raytracing e risoluzione 4K.

Il motion capture invece è altalenante. Mediamente il livello è buono, ma mentre alcuni personaggi sono ben riusciti o quasi perfetti, altri a volte risultano un po’ finti. Quella che davvero non va è la povera Rachel, interpretata da Ashley Tisdale. Non sappiamo cosa sia andato storto, ma il suo sguardo sempre vitreo e privo di vita è una delle immagini più horror del titolo. Speriamo possa essere risolto con eventuali patch future.

Patch che non dovranno tardare ad arrivare in ogni caso, poiché il codice è a oggi molto sporco. Chi recensisce giochi e li affronta prima del day one è abbastanza abituato a sopportare qualche stortura, e spesso chiude un occhio sapendo che verranno aggiustate entro il lancio o giù di lì, ma nella nostra esperienza con House of Ashes i problemi (anche gravi) nelle animazioni sono stati nettamente sopra la media. Inoltre è stato praticamente impossibile raccogliere un qualsiasi oggetto senza che il protagonista si mettesse prima a vagare senza costrutto per diversi metri.

Come in Little Hope, e al contrario che in Man of Medan, la storia di House of Ashes non è studiata appositamente per rendere il massimo in cooperativa, ma il gameplay sì, e quindi consigliamo comunque a tutti di giocarlo in compagnia (non a caso è la prima scelta nel menu).

Il single player è ovviamente possibile, ma è offendendo gli amici dopo un QTE sbagliato e finito in tragedia che si riesce a estrarre il massimo del potenziale dalla Dark Pictures Anthology. La coop è disponibile sia con un compagno online che condividendo il pad con più amici, giocando a turno nei panni dei vari personaggi nella modalità Serata al Cinema.

Ed è proprio questo ciò che davvero salva The Dark Pictures Anthology: House of Ashes. Questo e il fatto che gli horror pieni di jumpscare e personaggi sacrificabili emanino un’aura irresistibile per alcuni utenti.

Al netto di tutto però il nuovo titolo Supermassive è un inaspettato passo indietro per la serie, essendo pieno di criticità macroscopiche sia dal punto di vista narrativo che, ed è questa la vera sorpresa, da quello del gameplay. E se non verrà prontamente aggiustato anche da quello tecnico.

Riassumendo: House of Ashes si gioca meno piacevolmente di Man of Medan e Little Hope, ha una cooperativa più ordinaria rispetto a Man of Medan, una storia molto meno intrigante di Little Hope e più problemi tecnici di entrambi. Ma se il genere vi piace e avete amici a disposizione può essere un buon metodo per passare una o due serate, complice anche il prezzo abbordabile a cui è venduto.

Se invece cercate un metodo ottimo allora non è il caso, quello si chiama It Takes Two (QUI la nostra recensione).

RASSEGNA PANORAMICA
Voto
6.5
the-dark-pictures-anthology-house-of-ashes-recensione-ps5Con House of Ashes la Dark Pictures Anthology compie un mezzo passo falso, non riuscendo a mantenere, per motivi diversi, gli standard dei due predecessori. La storia fatica a ingranare e inquietare, personaggi e dialoghi sono tutt'altro che memorabili, e il gameplay è ridotto davvero all'osso anche per la media del genere. Svariati problemi tecnici zavorrano ulteriormente il tutto. Ciò che lo salva dal disastro è la modalità cooperativa, che riesce a far passare piacevolmente un paio di serate se si ha la compagnia giusta e si è fan dell'horror di serie b.