Quando a sorpresa fu annunciato un ulteriore seguito per Atelier Ryza – soprattutto in una saga come quella di Gust, che si fa spesso forza di capitoli autoconclusivi – la promessa degli sviluppatori era chiara e cristallina: non solo creare il più grande e miglior capitolo di questa neonata trilogia, ma anche il miglior Atelier di sempre. La missione è riuscita, e questo possiamo confermarvelo già da ora. Atelier Ryza 3: Alchemist of the End & The Secret Key rimescola, rielabora ed espande ciò che conoscevamo in quello che, senza alcun dubbio, è il gioco più grande mai partorito dalla software house.
Nel caso non conosceste granché del franchise, vi basti sapere che Atelier è un Jrpg piuttosto atipico. Non solo tende ad aprire e chiudere le sue storie e personaggi in un singolo capitolo (un po’ come fanno i Final Fantasy e i Dragon Quest), differenziando quindi ogni new entry da quella precedente al punto da aprirla ogni volta a un nuovo pubblico, ma rende il combattimento solo una delle tanti parti dell’esperienza. I riflettori, di base, sono sempre puntati all’esplorazione, alla raccolta di oggetti e al crafting, con le battaglie che invece sono spesso solo funzionali a questi primi aspetti. Combattere è quindi uno strumento per sbloccare aree e accedere a nuova oggettistica, e non viceversa, come accade praticamente in ogni altro gioco del genere.
Ryza è comunque una mosca bianca, molto differente dai capitoli che l’hanno preceduta, come Sophie o Iris. Già solo perché siamo al terzo capitolo di fila dove cast e mondo rimane lo stesso, in un unico filone narrativo che prosegue ciò che è stato raccontato in passato, piuttosto che lanciarlo nell’ennesima tabula rasa.
In un certo senso, il gioco è cresciuto con i suoi fan, e la fine delle spensierate vacanze estive dei protagonisti – che ora sono sostituite dai doveri dell’età adulta – può finire per toccare più di qualche corda personale. I toni, di fondo, restano piuttosto tranquilli. Eccezion fatta per le fasi più avanzate, lo stile di dialoghi e avventura è quello che vi aspettereste: un viaggio chill all’insegna della pace dei sensi, della raccolta forsennata di ingredienti per il nostro atelier e delle storie personali da dipanare.
Il punto forte di Atelier Ryza 3 è sicuramente il suo finto open world. Nonostante le zone abbiano dei limiti geografici ben evidenziati, la sensazione di trovarsi in una mappa aperta e senza alcun limite è sempre presente, complice anche una densità di contenuti fuori di testa e il classico loop di raccolta di ingredienti che ha reso famoso il franchise.
Nonostante si abbia un obiettivo predefinito, divergere dal percorso principale (a proprio rischio e pericolo) non solo è possibile, ma anche consigliabile. È così infatti che si entra magari in possesso prima del tempo di quel misterioso ingrediente che ci mancava per potenziare un pezzo di equipaggiamento, o per concludere quella quest che ci portiamo dietro da ore. È raro infatti trovarsi di fronte a dei blocchi che non ci permettano di andare dove ci pare, o persino di sconfinare in aree dove magari ci aspetterebbero solo sonore mazzate. E anche quando degli effettivi blocchi ci sono, spesso non sono narrativi, ma ostacoli superabili con uno strumento creabile in ogni momento.
Nero su bianco, parliamo di un capitolo enorme, molto superiore alla media a cui ci ha abituato e che di fatto alza gli standard in una maniera quasi inaspettata. Esplorare, entrare in possesso di ingredienti e studiarli al meglio per utilizzarli nella sintetizzazione non è mai stato così divertente.
È proprio per questo che, al netto dei contenuti riutilizzati dai prequel, possiamo dire di trovarci di fronte a un capitolo grande e stracolmo di contenuti in cui perdersi. Ancora una volta, senza il tempo limite con cui la saga era conosciuta in passato, ma che è stato più volte abbandonato nelle entry più recenti.
I combattimenti, strettamente a turni, hanno comunque vari twist che elevano il dinamismo di incontri statici alla base, ma pieni di prompt che col giusto tempismo danno una mercia in più ai nostri personaggi. Nonoostante ogni personaggio abbia abilità e magia di ogni tipo, non ci sono dei veri Punti Magia. Al contrario, i Punti Abilità crescono in automatico con gli attacchi base, e invogliano quindi il giocatore a gettare di tutto contro il nemico senza troppe preoccupazioni.
Incanalare combo e completare richieste in-battle degli alleati per effetti migliori è divertente, e accompagna egregiamente l’avventura senza mai annoiare. Se dovessimo muovere una critica al gioco, sarebbe sicuramente su tutorial che poco aiutano a comprendere le tantissime regole avanzate o – addirittura – basiche.
I combattimenti son profondi, così come i processi d’alchimia, e i wall text senza dimostrazioni confondono più di quanto chiariscono. In un gioco, poi, che è persino l’ultimo di una trilogia, e che ripesca tantissimo da due predecessori, è facile sentirsi inondati di informazioni che magari si dovrebbero già conoscere ma che i neofiti finiranno per dimenticare presto.
Lo strambo sistema di chiavi, che è un po’ la vera novità di Atelier Ryza 3, ne è un esempio. La protagonista potrà ora trasformare la forza dei nemici in una chiave: queste chiavi con poteri ed elementi differenti possono essere utilizzate sia per aprire aree normalmente chiuse, sia come strumenti di battaglia per potenziare questa o l’altra statistica.
Tecnicamente, siamo di fronte al titolo più solido del franchise, e di gran lunga. Non solo la grafica ha ricevuto una buona mano di vernice, ora più scintillante e pulita che mai, ma la grandezza delle aree e la mancanza quasi totale di caricamenti negli esterni lascia effettivamente a bocca aperta.
Soprattutto se pensiamo che stiamo parlando di una saga che, alla base, non utilizza chissà che budget per ungere i suoi ingranaggi. Alcune animazioni sono più indigeste di altre – per assurdo, le più deboli son proprio quelle della protagonista – e una direzione artistica così satura può far esplodere le orbite di chi usa un pannello HDR, ma son piccolezze di fronte agli ovvi passi in avanti.
Di base, Atelier Ryza 3: Alchemist of the End & The Secret Key è il capitolo più accessibile per i neofiti e il più completo in assoluto per i vecchi fan. Dei tutorial che valorizzano poco la profondità di battaglie ed esplorazione, e un po’ di peso derivante dall’ennesima iterazione di un gruppo e di un mondo che ormai conosciamo, non trattengono quello che è forse uno dei migliori Atelier di sempre: non solo un’ottima chiusura di trilogia, ma anche un nuovo standard qualitativo per i capitoli che verranno, che sicuramente saranno costruiti su questa infrastruttura.
Con un anime sulla storia di Ryza in arrivo, è ormai ovvio che Gust voglia espandere i limiti del franchise verso orizzonti e persone mai avvicinati prima. Curiosi del futuro, non possiamo far altro che lodare uno dei più solidi ‘more of the same’ che Atelier abbia mai visto, rilassante nella progressione, liberissimo nell’esplorazione ed eccitante nel rinnovato dinamismo di queste rivisitate battaglie a turni.