Negli ultimi anni molte sono state le strade percorse dai vari attori del panorama videoludico nel tentativo di ampliare la platea di potenziali giocatori. Tra queste, ultima, ma non certo per importanza, una maggiore attenzione all’accessibilità per i giocatori che abbiano difficoltà ad approcciarsi con il medium, sia perché novizi, sia perché affetti da patologie che richiedono la presenza di soluzioni software o hardware non standardizzate. Ed è qui che si inserisce l’Access Controller di Sony, anche se purtroppo temiamo non riesca pienamente a soddisfare le necessità del pubblico affetto da disabilità.
Ma procediamo con ordine, sotto il profilo delle opzioni software ricordiamo l’ottimo lavoro svolto da Naughty Dog con The Last of Us: Parte 2. Per l’hardware invece i giocatori che ne avessero avuto bisogno, fino a qualche anno fa, hanno dovuto ingegnarsi in autonomia con soluzioni custom interamente o parzialmente artigianali. Questo fino all’arrivo sul mercato di Xbox Adaptive Controller dispositivo della casa di Redmond che si pone come piattaforma abilitante per consentire all’utente di far dialogare le proprie soluzioni personali con l’ecosistema Xbox. L’approccio di Microsoft in termini di design è stato quello di lasciare al giocatore la possibilità di decidere praticamente qualsiasi aspetto del dispositivo che avrebbe usato per interagire con la propria console, offrendo all’utente un dispositivo su cui costruire la propria esperienza. Questo risulta essere sicuramente un approccio valido, che però comporta l’abbandono della filosofia plug and play che ha fatto la fortuna delle console.
In questo panorama relativamente nuovo sono pochi ma molto graditi i produttori che danno la possibilità di proporre le proprie soluzioni, e tra loro non poteva certo mancare PlayStation, che arriva oggi sul mercato con la sua proposta: l’access controller.
La soluzione della casa giapponese è, come ci aspettavamo, quasi agli antipodi di quella Microsoft. Infatti se da Xbox troviamo un controller che una volta tirato fuori dalla scatola consta di soli 2 tasti azione, un D-Pad e i tasti convenzionalmente associati al menu a cui l’utente può aggiungerne ulteriori grazie ai jack 3.5 posti sui lati; la soluzione PlayStation, invece, offre già quasi tutto ciò che serve nella confezione, tra cui una più definita di quello che è il layout dei comandi.
Il dispositivo di Sony si propone di offrire un prodotto utilizzabile da subito con diversi giochi (grazie alla presenza degli otto tasti programmabili e allo stick analogico). Inoltre è possibile usarlo in coppia ad un altro Access Controller (cosicché si abbiano i pulsanti necessari per tutti i giochi) o con un DualSense, qualora le necessità fossero più circoscritte. È anche possibile aggiungere quattro tasti tramite jack 3.5 a un singolo Access Controller. Per quanto riguarda l’aspetto dei pulsanti, essi hanno una forma che può essere alterata grazie a delle maschere di tre tipologie differenti presenti in confezione. Anche il pomello dello stick analogico presenta tre varianti, ma più interessante è la possibilità di regolarne e bloccarne la distanza dal corpo principale tramite un tasto lock.
Purtroppo Access Controller non è compatibile con PS4, secondo noi un’occasione persa, visti i risultati di Sony nella scorsa generazione. Porre dei limiti al progetto non è un male di per sé, perché consentono a chi questo progetto lo ha creato di indirizzare e/o consigliare l’utente verso un approccio potenzialmente valido che sia stato testato in fase di sviluppo. Tuttavia, particolarmente per questo tipo di prodotto, questo approccio è il più gravoso in termini di tempo e di risorse umane, tempo e risorse poiché anche quando ben spese possono culminare, come purtroppo in questo caso, in un’implementazione lacunosa non tanto per malafede o mancanza di attenzione, quanto per la mole gargantuesca di potenziali problematiche che l’utilizzatore potrebbe avere.
I principali difetti emersi durante i nostri test, condotti da una persona affetta da diplegia spastica (e quindi teoricamente target potenziale di questo prodotto) sono svariati, come ad esempio le dimensioni che alla fine non risultano essere troppo diverse da quelle di un controller tradizionale, non rispondendo quindi alle esigenze di chi abbia bisogno di dimensioni più generose a causa di spasmi o simili. O anche il materiale dei tasti, che hanno tutti la stessa rigidità, cosa che non è un problema nei controller tradizionali, ma può risultare un impedimento se la parte usata per la pressione fosse più delicata come la testa o la bocca.
Altra nota dolente sono i segnalini con i simboli dei pulsanti, applicabili sui tasti, grandi come una moneta da 10 centesimi e con un perno da infilare nell’apposito buco sul controller ancora più piccolo. Questi sono quasi impossibili da applicare per chi abbia problemi di manualità fine, estremamente comune nelle patologie affini a quella da cui è affetto il nostro tester. Persino la posizione dei fori risulta problematica poiché, visto il design circolare del prodotto, i segnalini applicati nella sezione del cerchio più lontana dal giocatore non risultano essere visibili, rendendo ancora più ripida la curva di apprendimento, poiché a prescindere dalla sua esperienza, è probabile che il giocatore si ritrovi a ricontrollare continuamente la posizione del pulsante che vuole premere, ad ogni cambio di layout.
Purtroppo però le sfide di un layout vincolato non finiscono qui, infatti se in uno libero ha senso che il supporto software si riduca a un tool per assegnazione dei tasti sul dispositivo, lo stesso discorso non vale in questo caso dove, proprio in virtù delle limitazioni imposte, sarebbe stato auspicabile accompagnare il lancio del PlayStation Access con delle proposte degli sviluppatori da cui partire, almeno per quanto concerne i titoli first party. Questo per aiutare il giocatore che (a maggior ragione se novizio) avrà serie difficoltà a decidere come assegnare dei tasti completamente da zero su un layout nuovo e per un gioco di cui non conosce esigenze e situazioni. Poiché se è vero che lasciare libertà di assegnazione è importante, farlo a metà mette il giocatore in una situazione di limbo senza gli strumenti per andare né in una direzione, né nell’altra.
Ed è proprio questo limbo che ha caratterizzato la nostra esperienza con il PlayStation Access controller. Un prodotto sicuramente interessante sul piano sperimentale, ma che non sembra avere un target audience chiaro, visto che da una parte chi ha difficoltà e già gioca (grazie all’allenamento o a una sua soluzione custom) difficilmente sceglierà di adattarsi ad un nuovo controller, dall’altra chi invece è nuovo al mondo dei videogiochi si sentirà abbandonato a sé stesso, senza gli strumenti per sviluppare davvero le proprie soluzioni in autonomia. Pur apprezzando il tentativo, non possiamo consigliare il prodotto a chi lo inquadri come una necessità.