La storia riportata dal portale italiano DDay ha dell’incredibile. È successo tutto nel giro di pochi giorni. Il codice sorgente di Piracy Shield, l’applicativo messo a punto da SP Tech su richiesta di AGCOM e previa autorizzazione statale per combattere la pirateria online è finito online. Il perché è sorprendente: non per protesta contro la sua applicazione, ma per protesta per gli errori compiuti. Bloccati non solo siti che trasmettono film o partite di Serie A, ma anche portali estranei alla pirateria.
Piracy Shield non blocca solo i siti che trasmettono la Serie A. Bloccati anche IP innocui
Poco dopo essere entrato in azione – circa un mese fa – per contrastare la trasmissione illegale di partite di Serie A, lo ‘scudo’ ha cominciato a intervenire anche su IP e indirizzi web del tutto estranei alla diffusione di materiale coperto da copyright. Le numerose segnalazioni, raccontate da siti come Wired e Fanpage, hanno convinto un hacker anonimo a postare su GitHub una parte consistente del codice sorgente del dispositivo antipirateria.
La situazione non sembra preoccupare la Lega Serie A e AGCOM che, anzi, sostengono che la piattaforma funzioni perfettamente. Come fa notare R. Pezzali da DDay però, la situazione apre diversi interrogativi circa le effettive competenze di SP Tech, la branca tecnologica di Studio Previti, che si è occupata della messa a punto. Innanzitutto: come può il codice sorgente essere finito nelle mani di malintenzionati? Le ipotesi sono due: un dipendente o freelance ‘scontento’, oppure – e questa l’ipotesi più inquietante – un reale hacker è riuscito a bucare i sistemi di sicurezza dell’azienda Tech. Quest’ultima ipotesi, se verificata, metterebbe in dubbio le capacità tecniche di chi sta gestendo l’operazione.
Intanto, sempre da DDay, vengono segnalati ulteriori problemi circa la trasparenza dell’operazione. AGCOM, nei giorni scorsi, ha proposto un inasprimento delle pene pecuniarie per chi trasmette e anche per chi accede a servizi pirata.