Remastered sì, remastered no. La discussione intorno a Horizon Zero Dawn e, più generalmente, all’industria che sta lanciandosi sempre più in rifacimenti di vecchi progetti, non è mai stata così accesa come negli ultimi anni. La sensazione del grande pubblico è quella che le software house abbiano finito la fantasia – o, più realisticamente, che cerchino di fare soldi facili con vecchie glorie per poter stanziare progetti futuri – e Horizon è stata solo l’ultima vittima a essere lapidata in piazza. La verità è che, al prezzo giusto e con le giuste migliorie, anche giochi relativamente recenti possono beneficiare delle migliorie d’ultima generazione. La confusione e l’ignoranza sull’argomento, però, viaggiano di pari passo con il numero sempre più elevato di lifting simili: le differenze tra Remastered, Remake o Remastered Plus sono ormai labili e occasioni del genere sono, in verità, oro puro.
Oro puro perché Horizon Zero Dawn Remastered è uno di quei casi – neanche così rari – di progetto che ha assolutamente senso di esistere. Se l’annuncio è stato accolto con freddezza, c’è voluto davvero poco per trovargli un motivo di vita. Bastano in realtà pochissimi minuti in compagnia della prima, storica avventura di Aloy per rendersi conto di che enorme balzo in avanti sia questa Remastered, a patto di aver due occhi un minimo funzionanti. L’obiettivo era ovviamente quello di trasportare le due storie di Aloy sullo stesso piano tecnologico, anche già solo per dar loro una continuità artistica più omogenea. Una cosa simile, seppur con un lavoro più profondo, è stato fatto con The Last of Us: Parte 1, per fare un esempio. Quest’ultimo però fu venduto separatamente a prezzo pieno, mentre Horizon Zero Dawn Remastered offre un comodissimo upgrade di soli 10€ per chiunque possieda già il gioco base.
Nel caso non bastassero le decine di interviste al team di sviluppo su quali siano gli enormi upgrade, come dicevamo prima, basta anche già solo vedere un video di sfuggita per rendersi conto di come l’operazione di restyling sia infinitamente più profonda di quanto visto, a nostra memoria, in ogni altra remastered. Sebbene il gioco di base e i suoi contenuti siano pressoché identici (e anche qui ci sarebbe da dire, ma ci torneremo), illuminazione, geometrie, texture e recitazione hanno subìto un ‘overhaul‘ sensibilissimo. Definirla semplice ‘Remastered‘, infatti, è quasi un insulto a ciò che ci troviamo davanti. Alcuni cambiamenti sono così intrusivi che, su metà degli aspetti, potremmo quasi dire di trovarci di fronte a un vero e proprio Remake. Le immagini a corredo in questa recensione parlano da sé, ma vederlo in movimento fa tutto un altro effetto.
L’idea era quella di avvicinare il gioco alla visione originale di Guerrilla, come raccontato dagli stessi sviluppatori, e far sì che i nuovi giocatori possano vivere Horizon 1 e 2 senza sentire chissà quale distacco tecnologico. Gli ambienti sono più caldi, la vegetazione molto più complessa e presente, gli shader dell’acqua (vero punto debole di Horizon) finalmente convincenti e tante altre piccole chicche che aiutano a immergere ancor di più nel fantastico mondo del gioco PlayStation. Ora è presente non solo la deformazione della neve, ma anche quella degli arbusti e dell’erba quando calpestata. Lo skybox, soprattutto quello notturno, lascia a bocca aperta e persino i modelli di oggetti e città sono stati potenziati. Se negli accampamenti più piccoli è magari difficile da notare, la metropoli di Meridiana è un ottimo esempio delle differenze tecniche. Gli edifici hanno architetture più complesse, bancarelle e negozi hanno molti più oggetti esposti e le strade riescono a contenere il doppio delle persone rispetto a prima. Sempre ricordando che ogni piccolo angolo e anfratto è ora infinitamente più dettagliato, con texture rinnovate per l’occasione e fogliame vario ad arricchirne la vitalità.
Le numerose opzioni di accessibilità di Horizon Forbidden West sono state inserite anche qui, e non è una novità da poco. Non solo i giocatori meno abili potranno sbizzarrirsi con vari modificatori per personalizzare l’esperienza, ma la presenza dell’opzione “co-pilot” e la possibilità di eliminare le continue animazioni di raccolta sono un graditissimo surplus. Un surplus che, indirettamente, va a migliorare anche il gameplay di fondo. Quello, come dicevamo, non è stato ritoccato in alcun modo, con tutti i pro e contro del caso. Horizon Zero Dawn ha sicuramente il merito di aver tracciato il cammino al suo seguito, a oggi uno dei migliori action open world sulla piazza, ma alcuni ingranaggi poco oliati si sentono oggi più che in passato. Nemmeno nell’anno in cui uscì, a dirla tutta, Horizon era un gioco perfetto. La sua concezione dell’open world un po’ imbottigliata era un effettivo limite, e la vuotezza del mondo di gioco non spingeva in alcun modo ad esplorare lontani dalle missioni primarie. Ciò che di secondario si trovava al suo interno derivava da altri grandi del genere, come The Witcher 3 e le decine di giochi Ubisoft che l’hanno preceduto. Sotto questo aspetto, Forbidden West si rivelò un passo in avanti epocale. Ciò in cui brillava era sicuramente il combat system, quel connubio di strategia predatoria, scelta dell’elemento perfetto e studio del nemico che si ha di fronte. Il loop di Horizon ci piazzava prima nei panni della preda e, una volta presa la mano, in quelli del predatore. Nel divertimento puro e nella profondità combattiva non deludeva allora e, un po’ a sorpresa, non delude oggi.
Quello che ci ha più sorpresi, comunque, è il lavoro svolto sulla recitazione. Il motion capture, soprattutto dei dialoghi opzionali, era un enorme tallone d’Achille del prodotto base. Abituati ai risultati di Forbidden West è forse difficile ricordare come appariva Zero Dawn nella sua forma originale, e infatti vi rinfreschiamo noi la memoria. I personaggi, anche principali, interagivano tra loro come ceppi di legno; muovevano al massimo un po’ il collo, ma spalle e tronco perennemente immobili restituivano una roboticità davvero indigesta. La Remastered, dal canto suo, ne ha approfittato per girare nuovamente ognuno di questi dialoghi – o, in casi minori, di affidare l’upgrade a un programma apposito – per dare una nuova vita a ogni personaggio della storia. Se paragonati fianco a fianco, le due versioni del gioco presentano differenze chiare come il giorno e la notte. E questo, a dirla tutta, è un’aggiunta che non solo non ci saremmo mai aspettati, ma che non era effettivamente neanche obbligatoria a questo prezzo. È difficile ricordare altre Remastered che abbiano offerto una tale mole di migliorie a un prezzo d’ingresso così irrisorio, perché forse non ne esistono.
E se è vero che Horizon Zero Dawn Remastered può risultare inutile agli occhi (spesso veloci a ricredersi) del grande pubblico, è altrettanto vero che un rapporto qualità-prezzo simile andrebbe lodato a prescindere. Nella speranza, forse irrealistica, che operazioni simili diventino la norma, non possiamo far altro che consigliare caldamente Horizon Zero Dawn Remastered a chiunque voglia la prima, storica avventura di Aloy nella sua forma più splendida, al prezzo di una pizza con bibita. Questo perché, dobbiamo dirlo, se non siamo di fronte alla miglior rimasterizzazione mai fatta, siamo comunque tranquillamente sul podio. Il gioco in sé non tiene il passo col magnifico seguito, che ne ha potenziato praticamente ogni aspetto, ma mai come adesso i due prodotti sono sembrati quasi sullo stesso piano.
Credits: El Analista de Bits