
Meghan Morgan Juinio, un ex-director di Santa Monica Studio (lo studio dietro la serie God of War), ha recentemente affrontato il tema dell’intelligenza artificiale, sottolineando che l’industria videoludica ha davanti a sé un bivio: usare l’IA come strumento oppure rimanere indietro. Tra le sue dichiarazioni emergono frasi molto chiare e decise: “Se non la accettiamo, ci stiamo sottovalutando“.
“Dobbiamo ripensare il modo in cui sviluppiamo i giochi, perché l’intelligenza artificiale non è più solo un aiuto, ma un vero e proprio partner“, ha spiegato. Per poi aggiungere anche: “I budget elevati e il modello incentrato sullo spettacolo non sono sostenibili se non integriamo nuovi strumenti come l’intelligenza artificiale per favorire l’efficienza e la creatività“.
Queste affermazioni mostrano chiaramente una linea di pensiero che invita all’accoglienza dell’IA come parte integrante del processo creativo, non solo come semplice supporto tecnico. Il messaggio è: ignorare questa evoluzione significa limitare se stessi.
Le parole di Meghan Morgan Juinio si allineano con quelle pronunciate da Hideo Kojima e Glen Schofield nei giorni scorsi: “Personalmente, sono molto ottimista“, ha affermato Juinio. “Questo è il prossimo grande progresso tecnologico che sta per arrivare. In realtà è già qui, e penso che come leader nel settore dei videogiochi spetti a noi capire non solo se possiamo farlo con l’IA, ma anche se dovremmo farlo. Si tratta di un processo decisionale da valutare caso per caso, e ciò che è vero per il gioco X potrebbe non esserlo l’anno prossimo per il gioco Y“.
Parlando di ciò che è in grado e non è in grado di fare una Intelligenza Artificiale, Meghan Morgan Juinio ha approfondito i vari aspetti che compongono la creazione di un videogioco: “Non la metterei necessariamente in termini di scelta tra l’uno o l’altro, perché per me le dimensioni, la portata e la bellezza del gioco non sono la cosa più importante“, ha affermato Juinio. “Fondamentalmente, il gioco deve essere divertente. Idealmente la trama deve essere fantastica, umana, i giocatori devono potersi identificare con essa e deve essere divertente da giocare”.
“E sì, è bello da vedere, e sì, la musica è coinvolgente. Ma la musica potrebbe essere davvero coinvolgente e il gameplay potrebbe non essere buono, o la storia potrebbe non essere avvincente, e non credo che riscuoterebbe lo stesso successo tra i giocatori. Quindi, almeno per ora, non vedo l’IA sostituire il gameplay divertente che è al centro di un gioco come God of War“.
Le posizioni di Hideo Kojima, Glen Schofield e Nobuo Uematsu
Hideo Kojima ha spiegato che molte persone già usano l’IA per “Proporre idee“, ma che lui stesso considera l’IA “Più che un amico“. Che egli desideri affidare all’IA compiti meno stimolanti è chiaro: “Vorrei che l’IA si occupasse dei compiti noiosi che consentirebbero di ridurre i costi e risparmiare tempo. È più una co-creazione con l’IA che un semplice utilizzo della stessa“. Kojima ha inoltre sottolineato che continuerà a “Guidare la parte creativa” dello sviluppo, mantenendo la parte visionaria del suo ruolo saldamente nelle proprie mani.
Glen Schofield, noto per il suo contributo a Dead Space e Call of Duty, ha dichiarato durante la Gamescom Asia di aver esplorato l’IA generativa per due anni, affermando che può aiutare a riparare problemi all’interno dell’industria videoludica. La sua visione pragmatica emerge soprattutto quando afferma che: “L’intelligenza artificiale non è qui per sostituirci: è qui per renderci migliori, più veloci e più efficienti. È uno strumento“.
Di tutt’altro avviso invece sono le parole del leggendario compositore di Final Fantasy, Nobuo Uematsu, che ha espresso una posizione netta contro l’uso dell’intelligenza artificiale generativa nella creazione musicale. In un’intervista riportata da Eurogamer, l’artista ha dichiarato: “Non ho mai usato l’IA e probabilmente non lo farò mai“, sottolineando quanto per lui sia essenziale il contributo umano nel processo creativo.
Un quadro d’insieme sull’Intelligenza Artificiale
Mettere insieme queste quattro voci permette di tracciare un panorama articolato sull’IA nel mondo dei videogiochi. Da chi la vede come risorsa imprescindibile, a chi mantiene una visione più tradizionalista.
L’ex-director di Santa Monica pone l’accento sull’urgenza di integrare l’IA nel processo produttivo per non restare indietro. Kojima approfondisce l’impatto culturale e sociale dell’IA, Schofield insiste sulla formazione tecnica e sulla necessità di usare l’IA con intelligenza, mentre Uematsu ricorda che in alcuni ambiti l’impronta umana resta insostituibile.
Il dibattito sull’intelligenza artificiale nei videogiochi continua a evolversi. Queste dichiarazioni mostrano che l’industria si trova in un momento di transizione. L’IA non è più solo un’aggiunta, ma sta diventando parte del tessuto produttivo, creativo e culturale. Tuttavia, la diversità di approcci — dall’abbraccio entusiastico alla cautela riflessiva — indica che non esiste una risposta univoca. Sta agli sviluppatori, agli artisti e alle aziende decidere come integrare l’IA nel loro modello, mantenendo al centro l’esperienza, la creatività e il rispetto del mestiere.
Fonte: IGN
















