
Dal 10 dicembre 2025 l’Commonwealth of Australia entra nella storia come primo paese al mondo a imporre un divieto su larga scala: gli utenti con meno di 16 anni non possono più accedere — né creare nuovi account — su alcune delle piattaforme social più popolari al mondo. La normativa, frutto dell’emendamento al Online Safety Act 2021, obbliga le piattaforme comprese nella lista a impedire ogni accesso da parte di minori e a disattivare gli account esistenti sotto quella soglia d’età.
Le piattaforme coinvolte sono sezionate come “age-restricted social media platform” e fra queste figurano: TikTok, Instagram, Facebook/Threads, Snapchat, YouTube, Twitch, X (ex Twitter), Reddit, Kick.
Le aziende che non rispetteranno le regole rischiano sanzioni fino a 49,5–50 milioni di dollari australiani.
Come funziona (e cosa cambia davvero)
La legge non impedisce ai minori di vedere contenuti pubblici sui social, ma blocca l’accesso con un account: per continuare a usare Instagram o TikTok, per esempio, bisogna avere almeno 16 anni. Le piattaforme ora devono adottare procedure di “age verification” o “age assurance”, che possono andare dall’autocertificazione all’analisi biometrica o all’uso di dati come indirizzo IP, lingua del dispositivo, numero di telefono australiano.
Tuttavia, come riconosciuto dalle autorità e dagli esperti, il sistema non è perfetto. Alcuni utenti che avevano meno di 16 anni sono riusciti a superare l’accertamento — per esempio usando selfie o metodi di verifica imperfetti — e la commissione per la sicurezza online (eSafety Commissioner) ha ammesso che “ci saranno figli di bambini che sfuggiranno al filtro” nelle prime fasi.
Secondo quanto riferito, però, gli account sospetti verranno rimossi nel tempo: la priorità delle autorità è rendere effettivo il controllo, anche se in modo graduale.
Le ragioni dietro il provvedimento
Il governo guida l’iniziativa come una misura per proteggere minorenni da rischi che derivano dall’uso dei social: dipendenza da schermo, esposizione a contenuti potenzialmente dannosi, cyberbullismo, grooming, effetti sull’autostima e salute mentale.
Il primo ministro Anthony Albanese ha definito il provvedimento “uno dei più grandi cambiamenti sociali e culturali che il nostro paese abbia mai intrapreso”, sottolineando che molte famiglie e ragazzi hanno accolto con favore l’idea di alzare la soglia d’età per l’uso dei social.
Reazioni: dal sollievo all’incertezza
La mossa ha suscitato reazioni fortemente contrastanti. Per molti genitori e associazioni per la tutela dell’infanzia, la decisione rappresenta un passo concreto verso una maggiore protezione dei minori online.
Dall’altro lato, molti adolescenti hanno reagito con disappunto: in queste ore decine di migliaia di ragazzi australiani stanno “salutando” i propri account, condividendo post d’addio, meme nostalgici e raccomandando altre app non ancora nella lista delle piattaforme vietate.
Alcuni esperti e attivisti però avvertono che la misura, pur benintenzionata, potrebbe avere dei limiti: la migrazione verso app meno monitorate (più difficili da regolare), la difficoltà effettiva nella verifica dell’età, e il rischio di escludere interi gruppi di giovani da spazi social potenzialmente utili.
Un esperimento globale con effetti potenzialmente di vasta portata
Con questa manovra, l’Australia lancia un esperimento che probabilmente farà da riferimento anche per altri paesi. Se il modello dovesse dimostrarsi efficace, altri governi potrebbero essere spinti a considerare restrizioni analoghe per proteggere i minori dai rischi del mondo digitale.
Al tempo stesso, la sfida tecnica e sociale rimane alta: rendere efficace una legge del genere implica investimenti in sistemi di verifica, trasparenza da parte delle piattaforme, e un cambiamento culturale nell’approccio all’uso dei social da parte delle nuove generazioni.
Fonte: PC Gamer










