Videogame a 100 Euro: le ragioni di un rincaro “inevitabile”

videogiochi a 100 euro editoriale

Ne avevamo già parlato qualche mese fa, quando la questione vantava ancora i connotati di un’eventualità più o meno futuribile. Adesso tocca tornare sul pezzo con diversa consapevolezza, giacché la prospettiva che i Tripla A slittino a 100 Euro non sembra essere più una semplice ipotesi. Quella che fino a pochi mesi fa era considerata più o meno da tutti una linea di demarcazione invalicabile, appare difatti come una limitazione irrealistica da un numero sempre maggiore di addetti ai lavori, secondo i quali un radicale rincaro dei costi al dettaglio sia pressoché inevitabile. Ma quali sarebbero, all’atto pratico, i motivi che spingeranno le aziende più rappresentative del circuito a sfondare la soglia psicologica del centone?

Costi di sviluppo, riassetto dell’economia e tanta politica

Se l’opinione pubblica resta convinta che l’esigenza di arrotondare per eccesso i prezzi dei videogame sarebbe figlia a criteri di sviluppo sempre più esosi in termini di forza lavoro e tecnologia impiegata, gli analisti propongono un quadro di contingenze molto più complesso. Al costante aumento dei costi di produzione andrebbero infatti sommate pressioni economiche di respiro globale e dinamiche di mercato alimentate più da ingerenze politiche che da parametri tecnici. Fattori macroeconomici come la crescita dell’inflazione globale, le tensioni commerciali tra i paesi più industrializzati del globo e l’impatto che la guerra dei dazi alimentata negli ultimi mesi dalla Casa Bianca hanno del resto maturato già ricadute ingenti sui costi delle materie prime destinate alla sfera elettronica… Il che non determinerà conseguenze ineluttabili sul solo operato delle corporazioni più potenti, ma anche sulle strategie dei pesci più piccoli. L’aumento dei costi inizialmente attribuito al solo, peculiare caso di GTA VI, potrebbe di fatto interessare una quantità molto più sostanziosa di titoli, finendo per trasformare un evento straordinario nel battesimo di un benchmark di riferimento destinato via via a coinvolgere un numero sempre maggiore di sviluppatori. Se aziende come Microsoft e Sony sono state recentemente costrette a introdurre aumenti dei prezzi legati sia alla sfera hardware che a quella dei giochi first-party per ammortizzare i costi di produzione, è verosimile che i margini di sopravvivenza dei publisher di minor rilievo si restringeranno sensibilmente nei mesi a venire: onde evitare la rovina, molti saranno dunque costretti a sposare approcci più decisi che, quasi certamente, ricollocheranno i titoli attualmente venduti a 49.90 nella fascia di prezzo oggi occupata dagli AAA.

Analizzando i flussi di mercato in cerca di ulteriori indizi legati alla grande rivoluzione dei prezzi, risulta inoltre evidente che operazioni finanziarie come la recente acquisizione di Electronic Arts stiano ridefinendo radicalmente gli equilibri economici dell’intero settore. In tal senso, gli analisti di Wall Street e dintorni non sembrano avere dubbi: questo genere di manovre, unite all’influenza di investitori provenienti da industrie predatrici come quelle petrolifera, immobiliare e automobilistica, corrisponderanno sicuramente a strategie di monetizzazione molto più aggressive, altro non fosse che per compensare le spese d’acquisizione.

Il videogiocatore come unica pedina sacrificabile

In questo enorme scacchiere che si va delineando, sia i publisher che gli sviluppatori spalancano le braccia di fronte ai dictat di mercato. L’antifona è “o bere o affogare” e i freddi numeri paiono corroborarla. Ma se è vero com’è vero che i rincari sono obbligatori, è altrettanto innegabile che qui si sia tenuto conto delle esigenze di tutti all’infuori dei videogiocatori. Ed è francamente paradossale che l’unico anello sacrificabile della catena economica del settore sia costituita proprio da questi ultimi, senza i quali l’industria neanche esisterebbe. Di fronte alle preoccupazioni e alle proteste di un pubblico per il quale questo genere di rincaro costituirebbe un sacrificio insostenibile, chi di dovere fa comunque orecchie da mercante. Sono appassionati, diranno i colletti bianchi, e di certo troveranno il modo di pagare, gli faranno senz’altro eco gli esperti di marketing. Sebbene molti consumatori capiscano la logica dei costi, l’accettazione di prezzi superiori agli 80 Euro potrebbe però non essere così scontata…

Alla luce di questa incognita, l’industria si trova a un bivio: da un lato la necessità economica di adeguare i prezzi per sostenere produzioni sempre più costose, dall’altro l’obbligo di tenere in debito conto l’opinione dei consumatori. Vista l’aria che tira ai piani alti del business è francamente improbabile ipotizzare che il dissenso di questi ultimi vanti chissà quale peso specifico. Resta in ogni caso da vedere se tra i vari strateghi del mercato cui sono soliti affidarsi i magnati del settore, vi sarà qualcuno disposto ad ammettere che coprire i costi di sviluppo aumentando i prezzi al dettaglio non è una soluzione costruttiva, né lungimirante. Che ne sarebbe, ad esempio, degli imperi economici di cui sopra nel momento in cui boicottaggi di massa e fuga degli acquirenti determinasse un drastico calo della domanda?

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here