A due passi dalla Silicon Valley e dalla città di San Francisco si trova uno dei carceri più popolari del Nord America, il San Quentin, ricordato da molti per essere diventato la dimora del famoso killer Charles Manson. Questo carcere si trova nello stato della California, secondo stato dopo il Texas per numero di detenuti.
La percentuale di recidive in California è decisamente alta: ben il 65% dei prigionieri rilasciati commette altri crimini e torna in carcere entro tre anni. Mettendo da parte i pregiudizi è facile rendersi conto di quanto non sia facile uscire da un sistema complesso come quello della criminalità, soprattutto per soggetti che hanno passato tutta la loro vita in condizioni difficili. Molti detenuti non hanno avuto una famiglia stabile e nemmeno la possibilità di studiare o imparare un mestiere, ed è proprio questa una delle maggiori cause che portano a recidive. Per questo al San Quentin, qualche anno fa, è stato avviato un progetto sperimentale di rieducazione dei detenuti, in modo da fornire loro una solida base di lavoro che possano svolgere sia dall’interno sia dall’esterno del carcere.
Molti dei detenuti del San Quentin non hanno familiarità con internet, un gran numero di loro non ha mai usato uno smartphone e non ha mai frequentato un social network… ma il programma di riabilitazione/educazione, chiamato The Last Mile e ideato dall’imprenditore Chris Redlitz, ha avuto un successo inaspettato.
Kenyatta Leal, ad esempio, è stato condannato all’ergastolo negli anni ’90 per essere stato fermato diverse volte in possesso di armi da fuoco. Leal è stato il primo laureato del programma The Last Mile, è carcerato dal 1994 e nel 2011 si è avvicinato al mondo dell’informatica, dopo essersi incuriosito parlando con alcuni familiari in visita. Kenyatta ha dichiarato: “Ero completamente perduto quando sono stato incarcerato. Non sapevo cosa stavo facendo, poi ho iniziato a sentir parlare di questa cosa chiamata Internet. I miei familiari in visita mi mostravano degli oggetti chiamati smartphone e parlavamo di Internet, io chiedevo ‘Cos’è un blog? Cos’è Google? Cosa vuol dire twittare?’ perché volevo sapere di più”.
Il programma al quale ha partecipato Leal è stato organizzato in via sperimentale selezionando 15 fra 200 detenuti per un periodo di 6 mesi di studio intensivo di business e informatica, con alcuni imprenditori della Silicon Valley, all’interno del carcere.
Kenyatta non è l’unico della sua classe ad essersi fatto notare: Chris Schuhmacher è stato condannato all’ergastolo per omicidio (ha ucciso un amico che aveva rubato una cassa di marijuana dal suo appartamento circa 12 anni fa) e sta ora sviluppando una applicazione dedicata al fitness. Anche Schuhmacher ha completato il programma e si è laureato, così come Horatio Herts, che ha creato un business plan chiamato “The Healthy Hearts Foundation” e si concentra sull’aiutare gli americani con problemi di peso a tornare in forma.
Kenyatta Leal ha invece sviluppato una versione live di Fantasy Football, che ha chiamato Coach Potato, che però non ha ancora pubblicato. L’uomo è stato rilasciato sulla parola nel 2013 e sta attualmente studiando per prendere la sua seconda laurea, questa volta in business management, il tutto mentre si prepara alla pubblicazione di Coach Potato e si impegna per espandere il programma The Last Mile.
Le critiche al programma sono state numerose, ma i prigionieri non si sono scoraggiati: essere in carcere non vuol dire necessariamente essere del tutto isolati dal mondo e nemmeno non poter sperare di cambiare la propria vita. I carcerati come Kenyatta Leal rappresentano le innumerevoli possibilità che un uomo può cogliere nel corso della sua vita, ricordando a tutti i prigionieri (soprattutto a quelli giovani che hanno commesso reati minori) che con l’impegno si può davvero cambiare qualcosa e che bisogna avere fiducia nelle proprie capacità.
Sul programma è stato anche realizzato un documentario, diretto da Ondi Timoner e creato in collaborazione con la rivista Wired. Rachel Samuels, Executive Producer, ha dichiarato: “Penso che questo sia un passo importante. Kenyatta, per esempio, è una delle persone più entusiasmanti che abbia mai incontrato. Ti fa pensare: se lui è stato in grado di cambiare completamente la sua vita, quale scusa abbiamo tutti noi per non farlo?”
Fonte: dailymail