Se oggi chiedessimo a chiunque “qual è la mascotte di Sega?” tutti risponderebbero immediatamente Sonic. Ma se avessimo posto la stessa domanda prima del 1991, cioè prima che Yuji Naka e Naoto Ohshima dessero vita al porcospino più famoso del mondo, la risposta sarebbe stata diversa, e sarebbe stata sicuramente Alex Kidd.
Per molti, specialmente i più giovani, questo nome non significherà niente, alla pari di un Flicky (sempre di Sega), di un Bonk o di Captain Commando, tutti personaggi finiti nel cimitero delle mascotte che non hanno mai ingranato o che per mille motivi sono state dimenticate dopo un periodo di iniziale splendore. Ecco, Alex Kidd fa sicuramente parte di questa seconda categoria: la creazione di Kotaro Hayashida riuscì infatti a ritagliarsi eccome un suo momento di gloria all’interno della storia dei videogiochi, generando ben cinque seguiti tra il 1986 e il 1990 e, soprattutto, riuscendo a diventare il gioco inserito in bundle con la console di Sega (ovviamente il Master System). Certo, Alex non è mai stato Mario, ma nemmeno l’ultimo degli scemi insomma.
Da allora, se si escludono le apparizioni nelle varie collection o nei giochi di guida all-stars, il nulla. Ben trent’anni abbiamo dovuto attendere prima di rivedere in un “nuovo” gioco il bimbo con la tutina e le mani più giganti di Macignu. Ma perché abbiamo virgolettato la parola “nuovo”? Beh, perché Alex Kidd in Miracle World DX non è realmente un nuovo capitolo della serie, ma un remake quasi esclusivamente audiovisivo del primo storico episodio, sulla falsariga di quanto già avvenuto per lo splendido Wonder Boy: The Dragon’s Trap nel 2017.
Visivamente il lavoro svolto ci è piaciuto un sacco: Alex Kidd in Miracle World DX è coloratissimo, luminoso, cartoonesco ma non in modo banale. I personaggi e i nemici sono adorabili, e le animazioni soddisfacenti. Certo, rispetto al look 8 bit originale e all’iconico azzurro Sega questo è proprio tutto un altro mondo, ma d’altronde ci viviamo in un altro mondo rispetto all’86, e quindi va bene così.
L’unico appunto è che forse si sarebbe potuto fare qualcosa di più in alcuni stage per far risaltare meglio le parti concrete da quelle che costituiscono invece solo i ricchi fondali: a volte ci è capitato di sbattere contro soffitti o ostacoli che non sembravano affatto parte dello scenario, cosa che nel forzato rigore minimalista e geometrico dell’originale non sarebbe mai potuta accadere. Rigore che comunque potremo riesumare in qualsiasi momento con la semplice pressione di un tasto, riportando la grafica a quella dell’epoca.
Lo stesso dicasi per gli effetti sonori e le musiche, rimasterizzati col gusto e il rispetto che si deve a un Classico come questo, ma presenti anche nella vecchia versione.
Dove il gioco non è stato toccato è invece nelle sue meccaniche, con tutti i pro e i contro del caso.
È risaputo che queste operazioni di revival siano indirizzate in larga parte ai vecchi nostalgici, che vogliono rivivere intatte le stesse sensazioni dell’infanzia (rimanendoci a volte malissimo), ma non tutti i giochi sono Super Mario Bros, e riscoprire titoli di questo remoto passato è spesso una finestra su un game design diventato oggi quasi intollerabile. Alex Kidd in Miracle World DX non è affatto immune a questa sgradita sensazione, ma riesce a essere ancora piacevole da giocare grazie soprattutto alla varietà del suo gameplay, lontano dal platform puro e più vicino a quello che all’epoca classificavamo semplicemente come gioco d’azione.
Alex può infatti prendere a pugni i nemici, ma anche lanciare delle onde di energia dopo aver raccolto l’adeguato power up; può comprare nei negozi alcuni bonus consumabili coi sacchi di denaro raccolti in giro, o addirittura mezzi di trasporto come elicotteri e moto, per sfrecciare velocemente tra i livelli. In altri di questi dovremo invece risolvere dei rudimentali enigmi basati su dei blocchi magici da colpire in ordine, esplorando in lungo e in largo pericolosi castelli pieni di trappole.
Iconiche sono poi le boss fight, dove prima di sconfiggere il cattivo di turno con l’antico metodo dei ceffoni dovremo batterlo al meglio delle tre partite a Janken, cioè la morra cinese (sasso, carta e forbice insomma).
Un elemento del gameplay che già allora era di un’ingiustizia quasi infernale, e si ripresenta oggi in maniera intatta: pensate alla frustrazione di superare un livello difficilissimo per poi fallire proprio alla fine a causa di un fattore così aleatorio. Fortunatamente i boss hanno un pattern predefinito, che potremo memorizzare fallimento dopo fallimento o (solo oggigiorno, non certo all’epoca) aggirare con una guida su internet. Quello che Alex non può fare è invece toccare in qualsiasi modo i nemici, neppure saltandogli in testa, perché basterà il minimo contatto per perdere una delle vite.
Alex Kidd in Miracle World DX non è straordinariamente difficile come altri illustri esponenti dell’epoca, ma è tutt’altro che semplice o permissivo, e arrivare alla fine dei venti livelli che lo compongono, nonostante siano brevi, richiederà realisticamente quattro o cinque ore. Per venirci incontro gli sviluppatori di Jankenteam hanno deciso di inserire l’opzione per le vite infinite, anche se questo impedirà lo sblocco dei trofei (lo abbiamo giocato su PlayStation 5).
In ogni caso, che attiviate o meno questa facilitazione, in questo remake il game over fa ripartire dall’ultimo livello raggiunto, al contrario della versione originale dove invece eravamo costretti a ricominciare tutto da capo (escludendo un certo trucchetto noto a pochissimi).
Un aspetto che purtroppo non ci ha soddisfatti fino in fondo di Alex Kidd in Miracle World DX è il sistema di controllo. È difficile spiegare a parole ciò che si percepisce comandando Alex nella versione con la grafica rinnovata, ma la sensazione è quella di una certa imprecisione e ritardo nella risposta dei comandi, che fa il paio con una gestione delle collisioni non sempre cristallina.
Pure in questo caso, specie nelle fasi più difficili, ci è mancato il già citato rigore teutonico dell’8 bit, e non nascondiamo che in alcune sporadiche sezioni abbiamo switchato la modalità grafica semplicemente per aiutarci a superarle. In ogni caso niente di così grave o a cui non ci si abitui: arrivati alla soglia del trofeo di platino la padronanza dello “scivoloso” sistema di controllo era già quasi totale.
Rimangono da segnalare, rispetto alla versione Master System, giusto alcune piccole aggiunte ai livelli (per esempio nel finale) per aumentare la longevità del titolo, e due modalità sbloccabili raggiungendo i titoli di coda. La prima è la Modalità Classica, cioè una versione emulata 1:1 del gioco originale anche nei menu (e senza alcuna sezione aggiuntiva), mentre la seconda una ben poco significativa Boss Rush, utile giusto per sbloccare un trofeo.
Non un granché, visto che manca del tutto anche qualsiasi materiale storico o celebrativo.
Per concludere, guardiamo un attimo in faccia la realtà: Alex Kidd in Miracle World, al di là del giustissimo affetto che si può provare nei suoi confronti, non è mai stato un capolavoro nemmeno all’epoca, a causa di un level design così così e di un game design che è un vero minestrone di idee non tutte particolarmente brillanti o ben implementate.
È un titolo insomma figlio di un’epoca lontanissima e lì prigioniero, ma che sarebbe sbagliatissimo dimenticare, ed è per questo che non vogliamo calcare troppo la mano sulle sue criticità, ma al contrario invitare pure i neofiti a provarlo (magari dopo gli sconti) per capire da dove veniamo. Anche perché intendiamoci: non è affatto impossibile divertirsi con Alex Kidd dopo aver compiuto l’ovvia operazione di contestualizzazione del prodotto.
Ciò per cui invece dobbiamo penalizzarlo, impedendogli di tornare a casa con un voto migliore, sono purtroppo i difetti e le mancanze dell’operazione di remake, perché nonostante Alex Kidd in Miracle World DX sia un rifacimento davvero delizioso dal punto di vista audiovisivo, i suoi controlli imperfetti e una certa povertà di contenuti (che siano essi modalità aggiuntive o semplici extra celebrativi) non possono portarlo più in alto di così.