Niente spaventa l’uomo più dell’ignoto. Quando nel 1979 Ridley Scott e H.R. Giger crearono Alien, non solo contribuirono a dare vita a un genere completamente nuovo, ma gettarono le solide basi per la nascita di un’icona che oggi, a distanza di ben 35 anni, è capace di turbare le menti di molti. Sono ormai mesi che i ragazzi di The Creative Assembly professano la loro fedeltà a quell’idea di paura che aveva animato originariamente Scott, ma ora finalmente ho avuto la conferma concreta che a sostenere Alien: Isolation c’è anche molto altro.
Il level design, la I.A. dello xenomorfo, la presenza di altri esseri (umani o androidi) giocano tutti a favore di una grande varietà di situazioni in cui saremo noi a decidere quale tattica adottare.
Le prove fatte fino a ora hanno sempre messo in luce la grande cura che il team ha avuto nel ricreare alcuni ambienti, nel costruire le atmosfere, nello spingere l’acceleratore al massimo sul quel misto di disgusto e terrore generato dallo xenomorfo, ma l’ultima demo ci ha permesso di intuire in Isolation il sottile equilibrio tra la componente ludica e la componente emotiva, vero cuore pulsante di tutti i videogiochi. È facile dimenticare quanto sia importante costruire un buon gameplay, profondo ma non frustrante, quando il materiale di partenza è così ricco come quello fornito dall’immaginario di Alien, ma i ragazzi inglesi non sono caduti nella trappola. Dobbiamo ammettere che le due ore abbondanti della nuova demo di Isolation sono state un’esperienza coinvolgente e stimolante, come non ne vivevamo da tempo.
Alcuni storceranno il naso di fronte all’assenza di checkpoint, ma io dico che con una sapiente gestione dei punti di salvataggio non ne sentiremo la mancanza.
Sono molti gli elementi positivi che abbiamo potuto testare. Innanzitutto lo xenomorfo è dotato di una I.A. veramente interessante: al di là dei pochi (ma emozionanti) momenti scriptati, gli incontri con la creatura di Giger sono stati assolutamente imprevedibili. L’alieno non segue mai un pattern di azioni ripetute ed esplora gli ambienti utilizzando sempre modalità diverse: la sensazione di essere braccati da un feroce predatore è assoluta. Contemporaneamente, però, il giocatore, nei panni di Amanda Ripley, ha un suo obiettivo da portare a termine e si trova nella condizione di dover fronteggiare (o meglio eludere) la minaccia tutta sangue acido e artigli senza potersi lasciar offuscare la mente della paura. Ed è proprio questo l’aspetto che più abbimo apprezzato durante tutto l’arco della lunga prova.
Emerge prepotentemente come The Creative Assembly abbia lavorato per creare una condizione in cui il giocatore è continuamente stimolato a usare la mente per venire fuori dalle situazioni di pericolo, mettendo a disposizione di quest’ultimo non soltanto armi classiche (ma per lo più inutili) come la pistola, ma soprattutto pratici diversivi come granate stordenti, fumogeni e granate a impulsi.
Il level design, la I.A. dello xenomorfo, la presenza di altri esseri (umani o androidi) giocano tutti a favore di una grande varietà di situazioni in cui saremo noi a decidere quale tattica adottare. Bisogna ammettere che la tentazione di scappare a nascondersi è forte, soprattutto a causa dell’elevato livello di difficoltà che forse troppo spesso porta il giocatore ad adottare la strategia del trial&error, ma abbiamo preferito altre vie, adottando ogni volta un comportamento diverso. In questo modo abbiamo potuto notare come lo xenomorfo reagisse ai nostri comportamenti… ogni volta in modo diverso e in modo imprevedibile.
I rumori, in particolare, rivestono un ruolo fondamentale per aiutarci a capire cosa sta accadendo intorno a noi.
È importante sottolineare, inoltre, che l’esplorazione della base spaziale Sevastopol gioca un ruolo fondamentale. Visitare aree che non sono necessariamente previste sul cammino tracciato per noi dalla componente narrativa, premia il giocatore mettendo a disposizione del suo arsenale tutta una serie di gingilli molto utili per gestire i momenti di scontro e permettendo di approfondire vari aspetti della trama tramite terminali e log. Ma, ancora una volta, è tutta una questione di strategia: in alcuni casi abbiamo dovuto rinunciare a raggiungere determinate stanze poiché era evidente che l’impegno richiesto (in termini di numero di morti e di armi da utilizzare) era tale che il gioco non valeva la candela! È impressionante come durante le fasi di gioco non ci sia un solo attimo di respiro. Sbloccare una porta (tramite un divertente minigioco), attraversare un corridoio, esplorare un’area, sono tutte azioni che mettono in serio pericolo. Perfino salvare i progressi, solitamente unico momento di relax anche nei giochi più concitati, è una questione di vita e di morte. Certo, alcuni storceranno il naso di fronte all’assenza di checkpoint, ma io dico che con una sapiente gestione dei punti di salvataggio (che sinceramente mi auguro) non ne sentiremo la mancanza, ma questo purtroppo lo potremo verificare solo in sede di recensione.
Dal punto di vista estetico, sono stati confermati tutti gli elementi chi si sono visti nei mesi passati. È quasi maniacale la cura con cui sono stati riprodotti gli ambienti e le atmosfere, arrivando a influenzare quasi l’aspetto grafico del gioco stesso. Sarà il mio amore per questo tipo di sci-fi retro, ma ho avuto la netta impressione che le immagini di gioco avessero subito lo stesso trattamento low-fi del titolo. Confermato anche il grande valore del reparto sonoro: i rumori, in particolare, rivestono un ruolo fondamentale per aiutarci a capire cosa sta accadendo intorno a noi. E così spesso ci siamo ritrovati nella stessa posizione di Amanda, con la testa sempre più vicina al monitor per cercare di decodificare ogni minimo suono, alla ricerca di quel campanello d’allarme così familiare, rappresentato dal ticchettio delle silenziose falcate dello xenomorfo sul pavimento metallico.
Sbloccare una porta, attraversare un corridoio, esplorare un’area, sono tutte azioni che mettono in serio pericolo.
Questa demo di Alien: Isolation non ha fatto che aumentare il desiderio di poter vivere in toto l’esperienza di Amanda sulla Sevastopol e non vi nascondo che ho già preordinato la Ripley Edition! In due ore ho avuto tante certezze sulle potenzialità di questo nuovo prodotto dei The Crative Assembly, ma non possiamo nascondere alcuni dubbi relativi all’elevata difficoltà media del titolo. La cosa non spaventerà per niente i giocatori più hardcore ma è anche vero che, oggi più di prima, il piacevole equilibrio tra sfida e frustrazione si sta notevolmente assottigliando. Per questo tipo di verifiche però, non possiamo far altro che attendere (trepidanti) il 7 ottobre.