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Bioshock: The Collection – Recensione

1 “Sono Andrew Ryan e sono qui per porvi una domanda”.

“Un uomo non ha diritti sul sudore della sua fronte? No, dice l’uomo di Washington. Appartiene ai poveri. No, dice l’uomo in Vaticano. Appartiene a Dio. No, dice l’uomo di Mosca. Appartiene a tutti. Io rifiuto queste risposte. Piuttosto, scelgo qualcosa di diverso. Scelgo l’impossibile. Scelgo Rapture!”

Incredibile pensare come, a distanza di tutti questi anni, il monologo iniziale di Andrew Ryan risulti essere ancora così sublime e di impatto. Il primo arrivo a Rapture è, senza ombra di dubbio, una delle introduzioni più forti dell’intera storia dei videogiochi. Rapture così come Columbia, sia chiaro.

Due città stilisticamente e geograficamente così distanti, ma concettualmente così vicine. Acqua, nuvole, due uomini. Ritrovarsi ancora una volta intrappolati tra i comizi politici di Ryan e le infinite prediche religiose di Comstock non è solo fantastico, ma è anche una vera e propria occasione imperdibile per chiunque se li fosse lasciati scappare.

Un miracolo più unico che raro che permette ora di recuperare due capolavori (e un buon gioco) con una sola fava, proprio quando trovarli in negozio iniziava a essere più difficile. Bioshock e Bioshock Infinite sono due perle, dei prodotti imprescindibili che non dovrebbero mancare alla collezione di nessuno, a patto che si abbia la mente abbastanza aperta e la dedizione necessaria per sopportare delle vicende effettivamente pesanti e non alla portata di tutti.

Il primo arrivo a Rapture è, senza ombra di dubbio, una delle introduzioni più forti dell’intera storia dei videogiochi.

2 Scelgo Rapture

“Quando mamma e papà mi misero su un aereo, per andare a trovare mio cugino in Inghilterra, mi dissero: figliolo, tu sei speciale, sei nato per fare grandi cose“.

La caduta di un aeroplano, la nuotata verso il faro più vicino, la discesa nella città sommersa di Rapture. Sarà anche passato un decennio, ma quel capolavoro di Art Deco che è la metropoli di Andrew Ryan colpisce nel profondo quanto e più della prima volta. Ogni stanza, ogni corridoio, ogni panorama parla praticamente da sé.

È come se il vero protagonista, più che il nostro alter-ego, sia lo stesso mondo che ci circonda. Gli sviluppatori avrebbero potuto benissimo eliminare ogni linea di dialogo dal prodotto finale e avremmo comunque goduto di un gran racconto silente, capace di interagire con noi tramite colori, prospettive e un’atmosfera più unica che rara.

Il gioco in sé si presenta come uno sparatutto con forti elementi esplorativi e ruolistici. Le munizioni a disposizione sono sempre poche e, per forza di cose, farsi strada tra gli androni malati della città decaduta richiede una dose d’attenzione e di gestione delle risorse assolutamente non da sottovalutare.

La profondità generale è aiutata non solo dalla vasta gamma di armi equipaggiabili, ma anche e soprattutto dall’utilizzo dei Plasmidi, delle vere e proprie tecniche speciali che ci regaleranno i poteri più disparati. Tocco elettrico, telecinesi, raggio glaciale e una dozzina di altri power-up ci permettono di giostrare le varie sparatorie in maniera del tutto libera. È anche possibile sfruttare corridoi allagati per migliorare esponenzialmente l’effetto dell’elettricità, o pozze di petrolio per appiccare più facilmente incendi.

Bioshock è, ancora oggi, il perfetto connubio tra divertimento e intelligenza, un titolo profondo ma che può comunque essere goduto a più livelli, un vero e proprio saggio politico crudo e metaforico al punto giusto che può benissimo trasformarsi in un affascinante sparacchino, se non si ha la voglia di comprenderne ogni sfaccettatura.

Ogni stanza, ogni corridoio, ogni panorama parla praticamente da sé.

3 Scelgo Rapture, ancora una volta

Bioshock 2 è, con tutta probabilità, l’anello debole della Collection. Non parliamo affatto di un brutto gioco, tutt’altro, ma il cambio di mano si fa sentire un po’ troppo. Mentre Ken Levine lavorava a Infinite, infatti, 2K affidò un progetto parallelo a una divisione differente. Suddetto progetto, ben presto, sarebbe diventato Bioshock 2. Parliamo comunque di un seguito ufficiale, nonostante il sapore eccessivamente derivativo lo faccia sembrare quasi uno spin-off.

Bioshock 2 ci catapulta nuovamente nel freddo oceano di Rapture, anni dopo gli avvenimenti del capostipite, ma stavolta nei panni di un temibile Big Daddy. Inutile precisarlo, vestire la famosa tuta da palombaro non può che essere un vantaggio. Resistenza ai danni oltre ogni limite, capacità di respirare sott’acqua, una trivella al posto del braccio: dobbiamo davvero aggiungere altro? Il gameplay dell’originale è stato allargato al punto giusto, tant’è vero che Bioshock 2 (a dispetto di Infinite, che è quasi una tabula rasa totale), risulta forse il capitolo più vasto a godibile. Va a cadere, però,  nella sua eccessiva somiglianza, soprattutto stilistica, con l’episodio che l’ha preceduto.

Vuoi per le ambientazioni (ovviamente) simili, vuoi per un riciclo totale di buona parte delle meccaniche, Bioshock 2 perde tempo a emulare di continuo le vette del predecessore, fallendo però a più riprese. I personaggi risultano artificiosamente sopra le righe e la pungente morale è palesemente trascinata per i capelli. Un buon gioco insomma, ma che manca del famoso tocco magico.

Bioshock 2 perde tempo a emulare di continuo le vette del predecessore, fallendo però a più riprese.

4 Benvenuto a Columbia

Bioshock: Infinite è la terza e ultima perla della collana targata 2K. Ultima anche in senso letterale, considerato come dopo l’uscita del gioco il team sia stato disciolto e che se mai 2K avesse intenzione di far proseguire la serie dovrà per forza di cose affidarla a dei designer totalmente differenti, con pro e contro del caso.

Come avevamo già anticipato, Infinite è il vero secondo capitolo della saga, colui che conquista l’eredità del capostipite e se ne fa carico. In tal merito, infatti, è quasi strano notare come buona parte delle meccaniche di gameplay, o dei suoi bilanciamenti, siano stati riprogettati praticamente da zero. La base è la medesima, ma la messa in pratica e il feeling totalmente differente, tanto sull’aspetto visivo quanto su quello del gameplay più puro.

Il più grande pregio di Infinite, inutile dirlo, è ancora una volta la sceneggiatura. Nonostante il passaggio dai bui recessi dell’oceano a una coloratissima città sulle nuvole, si riescono comunque a notare innumerevoli punti in comune: una metropoli che sfida le leggi di natura e gravità, così come un folle leader che si illude di fare il bene del mondo. L’intreccio di Infinite, tra l’altro, è molto più difficile da seguire di quello di qualunque altro Bioshock.

Dopotutto, esordisce come un lunghissimo sermone religioso e va a impelagarsi ben presto in fisica, metafisica, teoria quantistica, universi paralleli e tanto altro ancora. Per sperare di arrivare ai titoli di coda con almeno un 50% della comprensione del totale, è richiesta comunque un’attenzione ben superiore alla media, oltre che una minuzia nell’esplorazione davvero certosina. Collezionare i vari audio-diari sparsi in giro, così come soffermarsi a interpretare vetrate, iscrizioni e quadri, non va assolutamente sottovalutato.

Il risvolto della medaglia è che, l’avventura in sé, risulta molto più lineare e debole che in passato. Infinite è anche un po’ frutto dei suoi tempi, uno sparatutto maggiormente classico che richiede davvero poca materia grigia, anche alle difficoltà più alte. Munizioni in quantità industriali, Plasmidi (qui Vigor) molto meno fantasiosi e un grandissimo (quasi indigesto) numero di sparatorie lo rendono più scontato dell’originale, anche se indubbiamente più ritmato. L’assenza (quasi) totale delle tinte horror che da sempre permeano la saga, poi, potrebbe far storcere il naso a più di un purista.

esordisce come un lunghissimo sermone religioso e va a impelagarsi ben presto in fisica, metafisica, teoria quantistica, universi paralleli e tanto altro ancora.

5 Vecchio e nuovo

La domanda più importante, adesso, è: quanto può risultare appetibile questa Collection a chi possiede già i tre giochi? Non eccessivamente, a essere sinceri. Nonostante tutti e tre i giochi siano completi di ogni DLC esistente, il fatto che solo il primo episodio contenga dei veri e propri contenuti esclusivi (dei video-diari di sviluppo) fa comunque storcere un po’ il naso. Il ritocco grafico, invece, è piuttosto palese; è davvero difficile tuffarsi nuovamente in Bioshock 1 e capacitarsi che risalga a ben 10 anni fa.

La fluidità maggiorata, così come la pulizia generale, rendono Rapture e Columbia un vero piacere da giocare, degli scintillanti tripudi di colori da vivere senza fretta. Purtroppo, sia la versione console che quella PC portano con sé vecchi problemi mai risolti, oltre che alcuni del tutto nuovi. Il frame-rate, ad esempio, soprattutto in prossimità dei salvataggi automatici o dei cambi d’area, perde qualche colpo di troppo.

6 Conclusioni

Seppur con qualche inatteso problemino tecnico, la Collection di Bioshock è attualmente una delle migliori Remastered presenti sul mercato. Non poteva essere altrimenti, dopotutto, se pensiamo al materiale di partenza. Anche considerati i loro difetti, parliamo comunque di due perle e di un ottimo gioco, il tutto incluso in un unico pacchetto.

I maniaci del completismo, tra l’altro, avranno di che tenersi occupati. Considerati tutti i segreti da trovare e la grande rigiocabilità di ognuno degli episodi, potrete tranquillamente perdere il resto dell’anno e non arrivare ad annoiarvi neanche un po’.

https://www.youtube.com/watch?v=iRWexlrZJc4

RASSEGNA PANORAMICA
Voto
9
bioshock-collection-recensione<b>PRO</b> <br> Miglioramenti grafici e del frame-rate piuttosto evidenti <br> Sceneggiature di primissima qualità <br> Tre titoli rigiocabili e pieni di segreti <br> <b>CONTRO</b> Bioshock 2 manca di genio <br> Qualche problema tecnico di troppo non eleva questa Collection allo stato dell'arte

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