Scelgo Rapture, ancora una volta
Bioshock 2 è, con tutta probabilità, l’anello debole della Collection. Non parliamo affatto di un brutto gioco, tutt’altro, ma il cambio di mano si fa sentire un po’ troppo. Mentre Ken Levine lavorava a Infinite, infatti, 2K affidò un progetto parallelo a una divisione differente. Suddetto progetto, ben presto, sarebbe diventato Bioshock 2. Parliamo comunque di un seguito ufficiale, nonostante il sapore eccessivamente derivativo lo faccia sembrare quasi uno spin-off.
Bioshock 2 ci catapulta nuovamente nel freddo oceano di Rapture, anni dopo gli avvenimenti del capostipite, ma stavolta nei panni di un temibile Big Daddy. Inutile precisarlo, vestire la famosa tuta da palombaro non può che essere un vantaggio. Resistenza ai danni oltre ogni limite, capacità di respirare sott’acqua, una trivella al posto del braccio: dobbiamo davvero aggiungere altro? Il gameplay dell’originale è stato allargato al punto giusto, tant’è vero che Bioshock 2 (a dispetto di Infinite, che è quasi una tabula rasa totale), risulta forse il capitolo più vasto a godibile. Va a cadere, però, nella sua eccessiva somiglianza, soprattutto stilistica, con l’episodio che l’ha preceduto.
Vuoi per le ambientazioni (ovviamente) simili, vuoi per un riciclo totale di buona parte delle meccaniche, Bioshock 2 perde tempo a emulare di continuo le vette del predecessore, fallendo però a più riprese. I personaggi risultano artificiosamente sopra le righe e la pungente morale è palesemente trascinata per i capelli. Un buon gioco insomma, ma che manca del famoso tocco magico.
Bioshock 2 perde tempo a emulare di continuo le vette del predecessore, fallendo però a più riprese.