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Blackwood Crossing – Recensione

1 Classico ma non troppo

Preparatevi psicologicamente, perché abbiamo una buona e una cattiva notizia. La cattiva è che Blackwood Crossing fa parte di quel sottogenere – quello dei walking simulator – ormai sdoganato da esponenti più o meno apprezzati del calibro di Gone Home, Everybody’s Gone to the Rapture o The Vanishing of Ethan Carter. Proprio per questo motivo, non aspettatevi niente di sorprendentemente diverso dalla media, almeno come concetto generale, e mettetevi l’anima in pace sul fatto che lo scopo generale sia quello di camminare, camminare e ancora camminare, con pochissime eccezioni alla regola.

Gli enigmi sono ridotti all’osso, l’interazione con l’ambiente anche e, bene o male, si è perennemente costretti a proseguire su un unico binario, trasportati dalla mano sempre presente degli sviluppatori che – piuttosto che farci giocare – preferiscono farci vivere un’esperienza sfaccettata ma univoca, quasi fossimo spettatori di un unico, grande film. La buona notizia, però, è che Blackwood Crossing è anche tra i migliori nel suo genere.

Capace di unire sotto un’unica bandiera realtà e surrealismo come quasi nessuno prima d’ora, Blackwood Crossing sembra quasi il parto di una mente malata.

Il titolo si presenta quindi come l’ennesimo esponente di un genere che, a parte rari casi, ha finito per ristagnare in un pantano di idee riciclate e stra-abusate. Eppure, arrivati ai titoli di coda, non abbiamo potuto far altro che applaudire; applaudire di fronte a una delle storie più realistiche e umane che mai ci siano capitate tra le mani, angosciante, struggente e in svariati casi persino intelligente, oltre che visionaria.

Capace di unire sotto un’unica bandiera realtà e surrealismo come quasi nessuno prima d’ora, Blackwood Crossing sembra quasi il parto di una mente malata, un lungo incubo che reitera perennemente le stesse situazioni e che, in molti casi, risulta persino quasi indecifrabile.

2 Rimorso

La vicenda inizia in un treno: due fratelli sono diretti verso una meta non ben specificata ma, durante il viaggio, iniziano ad accadere strani avvenimenti. Qualcosa, palesemente, non va e sta a noi capire cos’è. Strane presenze prendono possesso del mezzo, ma ci vorrà davvero poco prima di potersi accorgere che ognuno di quegli inquietanti uomini mascherati ha un buon motivo per ronzare intorno ai due protagonisti.

Persone conosciute e da tempo dimenticate, altre che hanno cercato di elargire buoni consigli che non abbiamo mai ascoltato: lontani ricordi o, magari, simboli di un passato che stiamo cercando di dimenticare?

Blackwood Crossing, come abbiamo già detto, salta in continuazione dal tangibile al surreale, dalla realtà alla finzione, e non sempre questa distinzione è chiarissima. Si può annaspare in un oscuro incubo e accorgersi che è tutto vero o viceversa, senza mai ricevere alcun particolare preavviso. Il titolo confonde l’utente di continuo, lancia frecciatine su innumerevoli avvenimenti passati appena dissotterrati e, fino alla fine, ci lascia in preda ad atroci dubbi.

Differentemente dai suoi più illustri concorrenti, però, non conserva la “grande rivelazione” per il finale, tutt’altro. La sceneggiatura si evolve di continuo e, soprattutto per l’occhio più attento, non sarà difficile capire con largo anticipo dove voglia andare a parare. Ed è anche questo il suo obiettivo.

Il significato di Blackwood Crossing va ricercato durante tutto il corso dell’opera, così come il senso dietro alcune delle immagini più impattanti e inquietanti.

Un certo grado di attenzione, dopotutto, è proprio quello che Blackwood Crossing richiede ai giocatori per essere compreso – e apprezzato – a fondo. Non aspettatevi una grossa spiegazione finale, né dialoghi che a un certo punto vi spieghino passo passo ciò che è accaduto o il significato degli innumerevoli simbolismi. Al contrario, è facilissimo ritrovarsi ai titoli di coda e, a conti fatti, non averci capito proprio nulla.

Il significato di Blackwood Crossing va ricercato durante tutto il corso dell’opera, così come il senso dietro alcune delle immagini più impattanti e inquietanti. Nulla – o quasi – è lasciato al caso, e rivivendolo una seconda volta si ha la certezza che, dietro alla scrittura apparentemente slegata e caotica, si nasconde un’incredibile e inattesa coerenza.

3 Accettazione

Siamo di fronte a un’opera d’arte capace di trattare tematiche piuttosto rare per un videogioco, nonostante la vicenda di fondo – soprattutto nel campo del racconto drammatico – sia tra le più classiche. Blackwood Crossing è un titolo quasi rilassante, spesso coloratissimo, ma capace di nascondere tremende verità dietro facciate apparentemente dolci e accoglienti: una storia di un periodo finito troppo in fretta nel momento in cui sono entrati in gioco fattori inaspettati, come l’età adulta, l’allontanamento dalla famiglia e così via.

Purtroppo, il gameplay fa di tutto per risultare allo stesso modo interessante, fallendo quasi sempre su tutta la linea. Siamo già abituati al fatto che i cosiddetti walking simulator, a parte rarissimi casi, tendano a mettere quasi sempre le meccaniche di gioco in secondo piano in favore del puro e semplice racconto. A noi, in realtà, sta anche bene così: il problema di questo titolo, invece, è che fin troppo spesso cerca di “sporcare” la purezza dello sceneggiato con sequenze di gioco poco accattivanti e che, ironicamente, finiscono solo per peggiorare il tutto, piuttosto che fungere da valore aggiunto.

Purtroppo, il gameplay fa di tutto per risultare allo stesso modo interessante, fallendo quasi sempre su tutta la linea.

Blackwood Crossing, palesemente, avrebbe fatto meglio a non provare affatto a “fare il videogioco”, così da non ritrovarsi con ritmi barbaramente rallentati e situazioni che avrebbero funzionato meglio con un “flow” non inquinato da enigmi vari che, nell’economia del prodotto, funzionano davvero poco.

Bene o male, parliamo di semplici cacce al tesoro o di abbinamenti tra varie figure che tenderanno a ripetersi all’infinito, e che mai riescono a diventare così impegnativi da risultare interessanti. Al contrario, il dover seguire sempre il medesimo schema per avere la meglio sui numerosi rompicapi ci ha piuttosto delusi, soprattutto considerando come – in fin dei conti – il tutto si risolva sempre con il gironzolare avanti e indietro per i medesimi luoghi a cercare questo o quell’altro oggetto.

è quasi palese la volontà degli sviluppatori di inserire varie distrazioni per coprire una longevità generale piuttosto scarsa.

Niente di troppo grave o che affossi eccessivamente il pacchetto, soprattutto considerando come parliamo di un titolo che dura al massimo due o tre ore, ma è davvero un peccato che una così forte e impattante struttura narrativa si sia ritrovata in balia di un gameplay non altrettanto ispirato e in alcuni casi a dir poco randomico.

In molte situazione, è quasi palese la volontà degli sviluppatori di inserire varie distrazioni – sensate fino a un certo – per coprire una longevità generale piuttosto scarsa e un’offerta che, senza se e senza ma, finisce gli assi nella manica nel giro di una singola sessione di gioco.

4 In conclusione

In linea di massima, comunque, siamo di fronte a un ottimo prodotto, coraggioso, sorprendente e, nel migliore dei casi, persino commovente. Blackwood Crossing non rivoluziona certamente il genere e, di realmente nuovo, fa davvero ben poco. Parliamo della classica avventura in prima persona che mette subito da parte il gameplay dando priorità assoluta a un racconto maturo, intelligente e pieno di sfaccettature psicologiche.

Un racconto che, purtroppo, potrebbe permettere a molti acquirenti di rispecchiarcisi, ed è proprio così che dà il meglio di sé. Ci ricorda che le persone cambiano, che non dovremmo mai dare per scontato nessuno e che, forse, è proprio quando siamo sicuri che qualcuno non andrà mai via, che siamo più vicini al perderlo.

Blackwood Crossing difficilmente rivolterà il suo genere d’appartenenza, o resterà impresso nelle menti dei giocatori negli anni a venire, ma riesce ad appassionare e a emozionare quanto basta per essersi meritato un posto nel nostro cuore.

Il classico esempio, insomma, che non servono chissà quali dimostrazioni di muscoli e forza bruta per sfondare il portone dei sentimenti. Blackwood Crossing, oggi, si unisce alla già folta schiera di titoli che, con soli due spiccioli, hanno creato una storia incredibilmente più tragica e realistica di quella raccontata da tanti concorrenti dal nome – e dal budget – più altisonante.

È tutto fuorché perfetto, ma perfetto lo sarà sicuramente per chi ha il cuore (e la pazienza) di comprenderne le sue sfaccettature più crudeli.

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