Call of Duty: Advanced Warfare – la recensione

Con l’annuncio di Call of Duty: Advanced Warfare, il team di Sledgehammer Games ha fatto al pubblico una promessa non di poco conto, dichiarando esplicitamente di voler innovare profondamente quella che a oggi rappresenta una saga pressoché invariata nel corso degli ultimi anni. Bisogna ammetterlo, il materiale divulgato di volta in volta dallo sviluppatore è immediatamente riuscito a convincere un po’ tutti, accendendo la speranza che la serie di punta di Activision potesse riprendersi alla grande dopo la batosta subita a causa di un dimenticabilissimo COD: Ghosts. Ebbene, fan di Call of Duty, preparatevi a gioire, perché l’obiettivo è stato centrato in pieno.

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Che uno dei punti deboli della saga sia sempre stato un comparto single-player un po’ sottotono non è una novità. Con Advanced Warfare, i ragazzi di Sledgehammer hanno cercato di colmare questa grossa lacuna proponendo un intreccio narrativo che annovera le performance di diverse figure di un certo spessore, come quella del versatile Troy Baker e dell’eccezionale Kevin Spacey. La trama, ambientata nel 2054, immerge immediatamente il giocatore nel contesto che vede il KVA, un’organizzazione terroristica che ha dato il via a un rivoluzionario attentato su scala globale, rappresentare un serio pericolo per l’intera popolazione mondiale, al punto tale che nemmeno le agenzie governative sono in grado di debellare la minaccia. Solo le PMC, ossia le forze armate private, possono garantire una chance di salvezza, con l’Atlas Corporation che rappresenta quella più potente e dotata di equipaggiamenti tecnologicamente avanzati. Jonathan Irons, fondatore della compagnia, mette quindi a disposizione le proprie tecnologie ai migliori offerenti per dimostrarsi promotore della democrazia in tutto il mondo, con l’obiettivo di dimostrare la scarsa utilità degli enti governativi statunitensi e di riequilibrare il potere mondiale.

Per quanto non particolarmente longeva, la modalità campagna gode finalmente di una certa solidità, situata più che nella qualità della trama in sé, nella buona narrazione e nella riuscita caratterizzazione dei vari personaggi.

Come molti di voi avranno già intuito, per quanto non particolarmente longeva (abbiamo impiegato poco più di 5 ore per finirla), la modalità campagna gode finalmente di una certa solidità, situata più che nella qualità della trama in sé, nel complesso comunque interessante, nella buona narrazione e nella riuscita caratterizzazione dei vari personaggi (la presenza di Kevin Spacey aiuta non poco). In aggiunta, le missioni proposte, sempre esaltanti, movimentate e capaci di proporre una buona varietà di situazioni, hanno offerto l’opportunità di mettere in scena sequenze scriptate altamente spettacolari e decisamente ben confezionate. Novità gradita è poi la presenza di una sorta di albero delle abilità che ci consentirà di potenziare il nostro personaggio nella modalità Campagna attraverso gli appositi punti spendibili. Niente di rivoluzionario, sia chiaro, ma fa comunque piacere trovare qualche elemento che varia un po’ la struttura di gioco.

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Ciò che salta subito all’occhio è un vistoso aggiornamento della componente tecnica, che si distacca nettamente dai precedenti capitoli della serie, pur non rappresentando di fatto nulla che sia in grado di lasciare totalmente a bocca aperta lo spettatore. La serie, comunque, può finalmente vantare un capitolo che esibisce una grafica al passo coi tempi su PC e console next-gen, anche se tra i dettagliatissimi filmati di apertura di ogni missione e le sequenze giocate c’è uno stacco qualitativo non indifferente. L’utilizzo di un engine costruito da zero ha tuttavia portato a un risultato visivamente paragonabile, nel complesso, a quello di un Battlefield 4, anche se non vanta dello stesso livello di interazione ambientale presente in quest’ultimo. In ogni caso, anche in questo senso la direzione verso cui la serie si sta muovendo è sicuramente quella giusta.

Ciò che salta subito all’occhio è un vistoso aggiornamento della componente tecnica, che si distacca nettamente dai precedenti capitoli della serie, pur non rappresentando di fatto nulla che sia in grado di lasciare totalmente a bocca aperta lo spettatore.

Al di là del positivo impatto grafico, Advanced Warfare mette in campo una formula di gioco che rinnova seriamente il modo di affrontare i match all’interno del brand. Il setting futuristico di quest’episodio ha fatto sì che i giocatori potessero contare su tutta una serie di equipaggiamenti inediti, tra cui spicca l’incisiva presenza delle EXO suit, esoscheletri all’avanguardia che consentono tanto di eseguire rapidi scatti a terra, quanto di potersi librare in aria, donando ai match una verticalità fino ad ora sconosciuta. La mobilità ricopre adesso un ruolo a dir poco fondamentale ed i match risultano molto più frenetici e movimentati rispetto al ritmo a cui di solito Call of Duty ha abituato i propri fan. Di conseguenza, a un primo approccio sarà più che naturale ritrovarsi un po’ spaesati, anche perché ciò comporta la revisione delle proprie strategie offensive e difensive in vista delle possibilità offerte dagli esoscheletri. Giusto per fare un esempio, se durante un deathmatch ci accorgiamo che un giocatore sta tentando di eliminarci colpendoci alle spalle, potremo riuscire a vanificare il suo tentativo sollevandoci in aria ed eseguendo un rapido scatto all’indietro per poi ripagarlo con la stessa moneta.

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Le EXO suit aggiungono inoltre la possibilità di poter effettuare scivolate velocissime, di estrarre dalle braccia scudi antisommossa con cui ripararci dagli attacchi nemici, e di sfruttare vari tipi di boost per cui ci vorrebbe davvero troppo tempo per elencarli tutti. La giocabilità comunque ne ha guadagnato sicuramente in termini di varietà e freschezza, regalando finalmente alla serie un tipo di approccio che porta i giocatori a dover pensare le mappe in modo diverso dal solito. A conti fatti, però, non mi sentirei di parlare di una vera e propria rivoluzione, quanto più di un interessante aggiornamento a delle meccaniche di gioco recentemente sempre uguali a sé stesse.

A un primo approccio sarà più che naturale ritrovarsi un po’ spaesati, anche perché ciò comporta la revisione delle proprie strategie offensive e difensive in vista delle possibilità offerte dagli esoscheletri.

Anche la fase di costruzione della propria classe ha subito diverse modifiche, basandosi sulla struttura del “pick thirteen”, evoluzione dell’apprezzato pick ten di Black Ops II, che introduce tredici slot con cui personalizzare il proprio alter-ego, spaziando dalle classiche arma primaria e secondaria, per poi passare ai perk, gli attachment (ossia mirini, silenziatori e altri accessori del genere), i vari tipi di granata, le abilità della EXO suit e gli scorestreak, che fanno ufficialmente il loro ritorno scalzando i poco pratici killstreak di Ghosts. In aggiunta a tutto ciò, fa il suo ingresso anche un sistema di loot che consentirà ai giocatori di ottenere particolari armi o potenziamenti a seconda delle loro performance durante la partita e relegando il fattore casualità ad un ruolo piuttosto marginale. Ciò, infatti, significa che la qualità delle ricompense ottenute sarà direttamente proporzionale alla bravura del giocatore, lasciando ai più meritevoli ampi margini di miglioramento, ma al tempo stesso non offrendo un particolare aiuto verso i meno talentuosi. Continuando a parlare della personalizzazione, i giocatori potranno, infine, modificare anche l’aspetto del proprio soldato dalla testa ai piedi, potendo scegliere elmetto, guanti, stivali, la EXO suit da indossare e altro ancora.

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Sul fronte delle modalità di gioco ritroviamo vecchie conoscenze quali Kill Confirmed, Hardpoint e tutte le altre classiche della serie. Vere e proprie new-entry sono l’inedita Momentum, una sorta di rifacimento della Domination vista in Modern Warfare 3, e Uplink, dove i giocatori devono impossessarsi di una palla e lanciarla in una specie di portale situato in aria, il tutto destreggiandosi tra le fila nemiche e collaborando il più possibile con i propri compagni di squadra. Caratteristica parecchio interessante è quella di poter passare la palla ai propri avversari per renderli momentaneamente inermi (chi possiede la palla è infatti inabilitato ad utilizzare le armi). Non manca nemmeno una modalità cooperativa per quattro giocatori online (o due in locale a schermo condiviso), la EXO-survival, che come lascia intuire il nome, altri non è che una sopravvivenza a round dove gli esoscheletri la fanno da padrona. Come molti di voi ormai sapranno a causa dei vari leak che ci sono stati in rete, uno dei round della modalità EXO-survival rappresenta un piccolo omaggio a Treyarch, mettendovi alle prese contro un’intera orda bonus di zombie. Da questo punto di vista, insomma, la varietà non manca di certo.

La resa grafica della componente multigiocatore è nettamente inferiore rispetto a quella single-player, presentando un downgrade a dir poco lampante.

Per quel che riguarda le mappe, 13 in totale al momento del lancio, troviamo invece un po’ di alti e bassi. Anzitutto, c’è da dire che la resa grafica della componente multigiocatore è nettamente inferiore rispetto a quella single-player, presentando un downgrade a dir poco lampante. Niente di scandaloso, comunque, in quanto l’aspetto visivo è sicuramente superiore a quello dei precedenti capitoli della serie (sfido a trovare un Call of Duty con texture così definite). Ad ogni modo, in termini di level design le mappe presentano generalmente buone possibilità per essere sfruttate nell’inedita dimensione verticale di quest’episodio, alternandosi tra aree più chiuse ad altre di più ampio respiro, limitandosi però a mantenere sempre un’ampiezza piuttosto ristretta. Inoltre alcune di esse (poche, a dire il vero) non ci sono parse particolarmente ispirate né stilisticamente, né tantomeno dal punto di vista del design. Nel complesso, comunque, il lavoro svolto non è per niente male, toccherà vedere se i futuri DLC introdurranno soluzioni maggiormente intriganti. Per quanto riguarda il net-code, durante i nostri test è parso generalmente stabile manifestando fenomeni di lag piuttosto sporadici. Molto apprezzabile anche il bilanciamento delle armi, sempre le solite a parte qualche piccola novità, tra cui figura un depotenziamento della classe cecchino che, con l’eliminazione del quickscope, richiede ora molta più pratica per essere padroneggiata al meglio. Anche la gestione delle fasi di spawn è in parte migliorata, anche se permane qualche problema tipico della serie (la possibilità di resuscitare di fronte ai nemici non è ancora del tutto esclusa).

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Che dire, alla fine Sledgehammer ci è riuscita. Ha risvegliato Call of Duty da quell’eterno stato di criostasi in cui era ormai caduto da qualche anno. Giunti a questo punto possiamo dire che le promesse fatte dal team di sviluppo sono state rispettate, introducendo una modalità campagna adrenalinica e avvincente e un multiplayer decisamente solido, supportate da un gameplay che ha apportato delle innovazioni interessanti, per quanto non rivoluzionarie, e da un comparto tecnico che segna finalmente un deciso passo in avanti per la serie sparatutto di Activision. Dispiace notare una certa discrepanza tra la componente single-player e quella multiplayer e la presenza di qualche mappa dal design un po’ sottotono rispetto alla qualità complessiva del pacchetto. A parte ciò, se adorate il franchise rimarrete stupiti dai cambiamenti positivi introdotti da quest’episodio, se invece attendevate il momento buono per dargli una seconda possibilità, direi che probabilmente questa potrebbe essere l’occasione giusta per farlo.

Ultimo aggiornamento 2023-04-26 / Link di affiliazione / Immagini da Amazon Product Advertising API