La filosofia dietro un comune Action GdR in terza persona è riassumibile con un banale “Vai e mena”. Dietro a un capitolo della serie Souls, come il terzo che abbiamo appena provato in versione demo, c’è invece un “Vai e ti menano”. Ed è questo spirito cattivo che non perdona il minimo errore a caratterizzare da sempre la serie From Software, dagli albori di Demon’s Souls fino a quest’ultimo Dark Souls III. Se in un normale Action Game si procede tranquilli falciando nemici come se non ci fosse un domani, qui anche il nemico più comune rischia di farci fuori senza tanti complimenti. E la cosa non esalta tutti i giocatori, tanto che in molti si lasciano scoraggiare e manco si avvicinano alla serie ideata da quel geniaccio un po’ sadico di Hidetaka Miyazaki, il papà della serie. Pazzi! Fatevi un favore e recuperate i capitoli precedenti mentre aspettate Dark Souls III.
Mai perdere la concentazione, mai sottovalutare un avversario, mai rispondere al telefono mentre si gioca. Questo dovrebbe essere il mantra da recitare ogni volta che ci si avventura nelle lande spietate di Dark Souls.
Comunque noi ce li siamo giocati tutti e i tranelli di un Dark Souls a caso li sgamiamo dalla lunga distanza. C’è uno zombie solo soletto in una piazza d’armi? Chiaro segnale che un gruppo di memici è in agguato nelle vicinanze. La strada appare sgombra? State certi che c’è qualcuno pronto a tirarci bombe incendiarie non appena mettiamo fuori la capoccetta. Un enorme drago immobile sembra pietrificato e inoffensivo? Ovvio che se mi avvicino… macché non succede nulla. Però se provo a saltargli vicino alle zanne… no, nessuna reazione. E vabbè gli tiro un’asciata, voglio proprio vedere. E niente, il drago è proprio pietrificato. Non si deve dimenticare che i Dark Souls hanno la pessima abitudine di sorprendere. Non si può dare nulla per scontato e non appena lo fai – perché prima o poi lo fai – è la fine. Sembra che lo faccia apposta: ti induce a pensare che sei figo, che nulla ti ferma, che le imboscate le senti da lontano e poi “zac!”, ti uccide in un secondo. Lo fa di proposito, a pensarci bene.
Quindi non dovremmo stupirci se, dopo un pezzo tutto sommato facilotto, siamo caduti come allocchi davanti alla prima cattiveria. Il demo si apre con l’eroe sulle mura di una città medievale mezza diroccata, dove zombie mugolanti si aggirano senza requie, oppure giacciono inerti e inginocchiati quasi stessero pregando un dio invisibile o, perché no, i corpi dei dragoni che punteggiano le cime dei torrioni.
L’agilità con cui muoviamo l’eroe, la velocità dei colpi e i tempi di reazione dei nemici sono più a livello di Bloodborne che non di un Souls a caso.
Da un punto elevato delle mura si scorge un castello maestoso, una cattedrale, palazzi, torri e camminamenti. Il paesaggio toglie quasi il fiato. E lo sappiamo: l’area da esplorare sarà tanto vasta quanto zeppa di vie nascoste. Del resto gli ambienti dei Souls sono sempre un perverso incrocio tra un parco giochi, un labirinto e una camera delle torture. Insomma, eravamo in giro a massacrare zombie ormai da un un’ora avendo accumulato una certa sicurezza nel misurarci con cagnacci putrefatti e guerrieri non-morti armati di alabarde e mannaie. Così quando vediamo arrivare l’ennesimo zombetto non ci scomponiamo, preparandoci ad affettarlo con tutta calma. Ma ecco che al primo fendente, lo zombie muta ed estrae un braccio deforme e smisurato che ci schiaccia in una sola passata.
E sì che lo sapevamo! Anni di Dark Souls non ci hanno insegnato nulla!?!
Mai perdere la concentazione, mai sottovalutare un avversario, mai rispondere al telefono mentre si gioca. Questo dovrebbe essere il mantra da recitare ogni volta che ci si avventura nelle lande spietate di Dark Souls. E invece ci facciamo uccidere da un tiro mancino. Dark Souls III sembra andare nella stessa direzione degli altri capitoli: ti mette a tuo agio con un sistema di controllo invariato da anni, ti offre un eroe corazzato e ben equipaggiato, ti infonde un certo senso di sicurezza grazie alla fluidità delle mosse d’attacco, delle capriole e delle schivate; quest’ultima cosa rappresenta una novità per la serie, a dirla tutta. L’agilità con cui muoviamo l’eroe, la velocità dei colpi e i tempi di reazione dei nemici sono più a livello di Bloodborne che non di un Souls a caso. La novità ci piace, anche se l’abilità col pad diventa quanto mai essenziale. Meno tempi morti e più… morti. Ehm. Battutacce a parte, è ancora fortissima la volontà dell’Action From Software di mandare all’aria tutte le sicurezze con un abile colpo di genio (malato), solo per il piacere di ricordarci che a Dark Souls si muore. Parecchio. Almeno finché non s’impara dai propri errori. E sembra che si debba ripartire dall’asilo ogni maledetta volta.
Il demo di Dark Souls III è stato messo a disposizione dalla casa giapponese per tre brevi sessioni, a mesi dall’uscita ufficiale prevista per aprile, allo scopo di mettere alla prova i server e valutarne la tenuta; stress test, lo chiamano. Ricordiamo ai più disattenti che da sempre i Souls vantano uno strano multiplayer online che contribuisce a renderne unica l’esperienza. Ancora una volta i giocatori si cimentano in un multiplayer “asincrono”, dove cioè condividono lo stesso ambiente ma giocano da soli, almeno finché non si spezzano le barriere tra i mondi e possono capitare (o provocare) cose belle o poco piacevoli.
Non si deve dimenticare che i Dark Souls hanno la pessima abitudine di sorprendere. Non si può dare nulla per scontato e non appena lo fai – perché prima o poi lo fai – è la fine.
Cose belle: affrontare assieme a uno o più giocatori situazioni difficili, come i terribili boss. Cose brutte: essere invasi da un giocatore a caso che ha la bella pensata di venirci a trovare con chiaro intento omicida, mentre siamo impegnati a vedercela con le insidie di un mondo già pericoloso di suo. La novità a questo giro è rappresentata dalle braci, oggetti rari consumabili che permettono di innalzare la barra della vita e di localizzare i segni arcani che ci permettono di evocare aiutanti servizievoli. E l’aiuto non basta mai quando si tratta di boss come quello del demo, un guerriero smisurato che danza senza posa, sventrando con una grazia pari solo alla sua ferocia.
Ancora una volta i giocatori si cimentano in un multiplayer “asincrono”, dove cioè condividono lo stesso ambiente ma giocano da soli.
Nel demo di Dark Souls III c’è un po’ tutto quello che siamo stati abituati ad aspettarci negli anni, attraverso capitoli sempre spietati, vasti, maestosi, oscuri e maligni. Le imboscate non si contano, così come i passaggi nascosti da casse e detriti. I nemici paiono quelli di una volta e tra le loro fila militano zombie, cani non-morti, cavalieri massicci armati di spade, lance, alabarde. Tutto già visto? Sembra. Ma la differenza si nota in fretta, duellando con un nemico a caso e assaggiando ancora il sapore della sconfitta, a una velocità raddoppiata. Torna il mana, l’energia magica per lanciare magie, solo che nel terzo capitolo un po’ tutti i personaggi hanno strane abilità che consumano punti mana e compare una speciale fiaschetta per riprisinare la barra mistica, esattamente come fa la cara Estus con quella della vita. È sempre Dark Souls con qualche trovata in più, un’aggiustatina qui e una cattiveria inedita lì, tutto valido per soprendere anche il giocatore navigato e ammaliare gli sprovveduti principianti.
Dark Souls III promette un gran bene, è evidente, ma resta difficile valutare tutto a quasi sei mesi dall’uscita ufficiale e in occasione di un demo che potrebbe tranquillamente essere una copia poco rappresentativa dell’esperienza finale. Le esigenze di uno Stress Test, del resto, sono diverse da quelle di un giocatore che vorrebbe solo provare in anteprima l’ultimo dei Dark Souls. Cautela a parte, completare il demo in due ore e mezza di trappole, mostri e crudeltà assortite ci ha solo messo addosso una gran voglia di tornare a vagare negli incubi di Dark Souls.