In principio era Netflix. Ora tocca a Disney+ modificare le proprie politiche utilizzo. Stando a quanto riportato da Deadline, la house of mouse sarebbe pronta a mettere un freno alla pratica di condivisione degli account, una abitudine che – almeno in un primo momento – aveva tanto contribuito a diffondere tra il pubblico la nuova abitudine di fruizione tramite streaming facendo, al contempo, la fortuna iniziale proprio di Netflix.
Prima le notizie più “leggere”. Il piano di abbonamento di Disney+ con pubblicità (che ha preceduto Netflix di qualche mese) è stato adottato per un primo momento negli Stati Uniti. La possibilità di sottoscrivere un abbonamento a prezzo ridotto ma con advertising verrà estesa a Canada, Regno Unito ed Europa a partire da novembre, afferma Deadline. Bob Iger, di Disney, afferma che la soluzione con Ads ha attratto circa 3,3 milioni di abbonati fin dal lancio, il 40% del totale dei nuovi iscritti.
A partire da settembre, inoltre, almeno negli USA, previsto il lancio di un servizio di abbonamento “bundle” che comprenderà sia Disney+ che Hulu. Ciò che però ci interessa sono le novità che verranno introdotte poco più avanti. Sempre a partire da novembre, infatti, con l’entrata a regime dell’abbonamento con ads, è prevista una modifica al listino prezzi che riguarda anche l’Italia. Se il piano con ads costerà 5,99€ al mese (esclusa la possibilità di una sottoscrizione su base annuale), i tier successivi sono l’attuale Standard (che passa a 89,99€ al mese o 89,90€ anno) e il tier Premium che va dai 10,99€ attuali agli 11,99€.
Il piano con ads prevede l’accesso su due dispositivi contemporaneamente, lo streaming in qualità FullHD e audio stereo e 5.1. Il piano Standard aggiunge la possibilità di scaricare i contenuti per poterli guardare in un secondo momento. Il piano Premium porta il limite dei dispositivi connessi contemporaneamente a 4 in totale e alza la risoluzione a 4K con HDR.
Riguardo la condivisione di password, non sono stati rivelati piani precisi da parte dell’azienda americana. Bob Iger afferma che sono al vaglio le possibili soluzioni per contrastare il fenomeno. Non si esclude si possa procedere all’adottare una soluzione simile a quella messa in campo proprio dai rivali (rilevamento IP e addebito di costi ulteriori sul conto). Una mossa che in un primo momento aveva destato scalpore, quella di Netflix, ma che ha finito col dare ragione alla compagnia.