Dragon Ball, il celebre Capolavoro di Akira Toriyama, compie oggi 40 anni. Era infatti il 20 novembre del 1984 quando, sulla rivista giapponese di Weekly Shonen Jump, ci veniva presentato (o meglio, veniva presentato ai giapponesi) un simpatico ragazzino di appena 12 anni di nome Son Goku, dall’aspetto tanto dolce quanto possente (nonostante la sua statura), che da lì avrebbe non solo conquistato il cuore di milioni di fan e caratterizzato l’infanzia di intere generazioni, ma avrebbe rivoluzionato anche il genere dei Battle Shonen ispirando artisti del calibro di Eiichiro Oda, Masashi Kishimoto, Tite Kubo, Yusuke Murata e Yoshihiro Togashi.
Dragon Ball: il manga che rivoluzionò un genere e diede vita all’epoca d’oro di Jump
Pubblicato nel 1984, Dragon Ball è un manga che prende a piene mani da Il viaggio in Occidente, romanzo classico della letteratura cinese da cui hanno attinto diversi autori e da cui è stato tratto anche Black Myth: Wukong, candidato al GOTY 2024 dei The Game Awards. Akira Toriyama decise di lavorare al progetto dopo essersi consultato con il suo editore, Kazuhiko Torishima, su cosa pubblicare dopo la conclusione di Dr. Slump, manga che di fatto già lanciò Akira Toriyama tra i grandi dell’epoca. Alla fine, complice la passione di Toriyama per Jackie Chan, si optò per un battle shonen sul Kung Fu. Nacque così Dragon Boy, un breve manga di due capitoli pubblicato su Fresh Jump nel 1983.
Protagonista di Dragon Boy era un ragazzino di nome Tangtong, isolato dal mondo e abile nelle arti marziali e che solo all’apparenza sembra un comune essere umano. Egli è infatti dotato di un paio di ali simili a quelle di un drago. Le somiglianze con Goku non sono casuali e, sebbene il suo aspetto ricordi più quello di un giovane Yamcha, Tangtong è di fatto il prototipo del giovane Saiyan. C’è anche una principessa che nelle dinamiche ricorda non poco Bulma, mentre l’aspetto ricorda quello di Chichi. Non manca infine un mutaforma e un effettivo drago generato da una sfera, sebbene in questo caso si riveli inutile.
L’accoglienza per Dragon Boy fu positiva e nel 1984, nella pagina finale dell’ultimo capitolo di Dr. Slump, apparve finalmente Goku. Il resto è storia. Con Dragon Ball, Akira Toriyama riconcepì il concetto di Battle Shonen, offrendoci un manga ricco di comicità (come dimenticare il primo desiderio espresso nel manga?), ma anche di scontri tecnicamente e registicamente eccellenti – tanto da risultare ancora sopra la media – e con un protagonista non solo si troverà più volte ad essere sconfitto dai suoi avversari, ma si allenerà per per diventare più forte e riporendersi la rivincita. Non è un caso che Dragon Ball riesca ad essere un manga perfettamente fruibile anche nel 2024. Tutti gli stilemi del battle shonen moderno derivano principalmente dall’opera di Toriyama.
Nel corso dei suoi 42 Tankobon, Toriyama virò verso toni sempre più seriosi, senza però mai rinunciare alla vena comica che caratterizzava il manga e che, purtroppo, si perse un po’ con l’adattamento animato in Z. Il capitolo 318 segna un altro giro di boa per il genere dei Battle Shonen. In quel capitolo, dopo un’introduzione durata quasi un’intera saga, Goku si trasforma finalmente nel leggendario Super Saiyan, quella che è a mani basse la trasformazione più iconica vista in un manga. L’opera si concluse il 23 maggio del 1995 con il capitolo 519.
Dragon Ball: l’anime ha inizio. Il capolavoro di Toriyama diventa mainstream e conquista l’occidente
Il 26 febbraio 1986, nel pieno dell’enorme successo dell’opera cartacea, su Fuji Television venne trasmessa la prima puntata dell’anime di Dragon Ball, dove il mondo intero fece anche la conoscenza di Masako Nozawa, Seiyuu che da lì sarebbe diventata la voce di Goku per eccellenza. L’adattamento anime di Dragon Ball fu diviso in due opere distinte, con la prima che copriva i primi 194 capitoli del manga, fermandosi poco prima del debutto di Raditz e dell’avvio della saga dei Saiyan.
Quest’ultima fu invece riservata a Dragon Ball Z, l’anime che di fatto fece esplodere la fama del prodotto anche in Occidente, tanto da imporsi nell’immaginario collettivo con così tanta prepotenza da sovrastare anche la fase di Goku bambino, nonostante questa fosse comunque qualitativamente migliore. Insieme all’anime vennero prodotti diversi OAV, alcuni dei quali capaci di introdurre personaggi che sarebbero rimasti nell’immaginario collettivo come Turles, Cooler, Broly, Gogeta e Janemba, capaci di sfoggiare un carisma tale da rivaleggiare con personaggi canonici quali Freezer, Cell, Majin Bu e Vegeth.
Nel 1996 venne poi lanciato Dragon Ball GT, opera su cui Toriyama ebbe in realtà meno a che fare di quel che si pensa, limitandosi a qualche personaggio e al logo della serie. GT è anche il luogo di nascita del Super Saiyan 4, ideato da Katsuyoshi Nakatsuru, ora al lavoro su Dragon Ball Daima. Dopo Dragon Ball GT, si ebbe un lungo periodo di pausa che venne interrotto relativamente solo con l’uscita di qualche sporadico OAV o cortometraggio minore, come Dragon Ball GT: L’ultima battaglia, Dragon Ball Z: Il ritorno di Goku e i suoi amici e Dragon Ball: Episode of Bardock, incentrato sul papà di Goku e ambientato dopo le vicende de Le Origini del Mito.
Dragon Ball: le leggende, il Super Saiyan 5 e i fan manga. Nascono AF e Dragon Ball Multiverse
Nel mentre, l’hype per Dragon Ball non è mai realmente scemato e anzi, è cresciuto sempre di più, dando origine anche a leggende come l’esistenza di un seguito mai uscito intitolato Dragon Ball AF e del Super Saiyan 5. Questa leggenda divenne poi realtà grazie a Toyble, il quale diede vita a un fan manga intitolato Dragon Ball AF, posto dopo gli eventi di GT e che teneva conto anche degli OAV, tanto da introdurre Broly. Il villain principale era Zaiko, un saiyan nato da un rapporto tra Goku e un Kaioshin avvenuto poco dopo le vicende di Namecc e che, di fatto, gettò le basi per il personaggio di Black Goku. Purtroppo questo manga non fu mai concluso e si interruppe proprio poco prima di vedere Goku scendere in azione. Presto scopriremo perché.
Anni dopo anche un secondo Dragon Ball AF, disegnato questa volta da Young Jijii e che introduceva il personaggio di Ize, appartenente alla stessa specie di Freezer. Nel mentre, un altro fan manga, questa volta francese, prendeva sempre più piede: Dragon Ball Multiverse. Ideato da Salagir e disegnato da Gogeta Jr prima, e Asura poi (più diversi disegnatori che si sono occupati delle saghe riservate a universi specifici), Multiverse era ambientato dopo gli eventi della saga di Majin Bu e introduceva il concetto di Multiverso. La storia si basa su un gigantesco torneo dove i migliori combattenti di ogni universo, qui gestito tramite linee temporali differenti, si sfidano per ottenere le sfere del drago, permettendoci di assistere a What If interessanti, dove in altre linee temporali a vincere sono stati dei villain. Il fan manga è tuttora in corso sul sito ufficiale.
Dragon Ball Super: Goku e torna in un sequel ufficiale. Nasce l’Ultra Istinto, Gogeta e Broly diventano canonici
Un vero sequel di Dragon Ball, che di fatto scardinò GT dalla timeline principale, arrivò nel 2013 con l’uscita di Dragon Ball Z: La Battaglia degli Dei, il quale espanse il concetto di divinità introducendo gli dei della distruzione e il Ki divino, nonché la forma del Super Saiyan God. Nel 2015 uscì La Resurrezione di F, secondo film che riportò in auge Lord Freezer con la sua nuova forma, Golden Freezer, e “la forma del Super Saiyan per un saiyan che ha il potere di un Super Saiyan God”. Il Super Saiyan Blu, in sostanza.
Seguendo il successo dei due film, Akira Toriyama e TOEI diedero inizio ai lavori per un sequel anime ufficiale intitolato Dragon Ball: Super, uscito nel 2015 e che adattò inizialmente i due film, prima di spostarsi su saghe inedite. Quasi in concomitanza con l’uscita dell’anime arrivò anche un manga scritto niente di meno che da quel Toyble di Dragon Ball AF, ribattezzato ora come Toyotaro.
Dopo la conclusione dell’anime vennero annunciati e pubblicati due film: Dragon Ball Super: Broly, che rendeva canonico il Saiyan leggendario trasformandolo però in un personaggio buono e con una caratterizzazione, e Dragon Ball Super: Super Hero. Il manga ha superato l’anime una volta che quest’ultimo si concluse con il Torneo del Potere, avanzando di due saghe e interrompendosi dopo il decesso di Akira Toriyama.
Dragon Ball Daima: il lascito di Akira Toriyama è un anime che ci fa tornare bambini
In occasione dei 40 anni del franchise fu annunciato un nuovo anime, ma contro ogni aspettativa si trattava di un mid-quel tra la saga di Majin Bu e gli eventi di Super intitolato Dragon Ball Daima. Su questo prodotto Akira Toriyama ha lavorato con cura ed è, di fatto, il suo lascito. DB Daima viene trasmesso ogni venerdì su Crunchyroll e Amazon Prime Video e vede Goku e i suoi amici essere vittima di un desiderio che li trasforma in bambini.
I toni di Daima differiscono nettamente da quelli visti sia in Super che in Z, avvicinandosi molto di più al concept originale dell’opera e seguendo un’impronta chiaramente più influenzata da Toriyama. Ne risulta quindi un manga che ritorna a livelli di potenza un po’ più ‘terrestri’, ponendo molta più attenzione sulle arti marziali, e con un umorismo molto più spiccato. Il tutto è condito da un senso di avventura che, obiettivamente, ha smesso di esistere dal dopo Namecc – tolta la breve saga di GT.
Dragon Ball: Sparking! ZERO è solo l’ultimo di una lista sconfinata di videogiochi su licenza
La storia di Dragon Ball è costellata anche da decine di videogiochi più o meno importanti, spaziando dall’Apple Pippin all’attuale genrazone di console. A spiccare, in particolare, sono i titoli della serie Budokai, della serie Sparking (qui intitolata Budokai Tenkaichi 3), della serie Xenoverse e i due titoli singoli: FighterZ, che portò il gameplay di Dragon Ball a un livello più tecnico e degno di un picchiaduro di rilievo, e Kakarot, ossia quello che meglio di tutti racconta le vicende di Goku. Altrettanto importanti sono Dragon Ball: Heroes, da cui nacque un anime, e Dokkan Battle. L’ultimo videogioco tratto dal franchise è Dragon Ball: Sparking! ZERO, considerabile a tutti gli effetti un Budokai Tenkaichi 4.
L’eredita lasciata da Akira Toriyama è immensa e l’Italia, in particolare, è tra i paesi che più si lega a questo franchise, complici le memorabili interpretazioni di Paolo Torrisi, Gianluca Iacono, Claudio Moneta, Patrizia Scianca, Enrico Bortorelli, Gianfranco Gamba e Alberto Olivero, per citarne alcuni, capaci di farci innamorare anche di fronte a un adattamento che, ammettiamolo, era tutto tranne che perfetto.
L’amore dell’Italia verso questo franchise è condiviso con gli Stati Uniti e l’America Latina. Memorabile, in tal senso, il video che vedeva un’intera piazza guardare le ultime due puntate di Dragon Ball Super. Un’iniziativa organizzata e sponsorizzata dal governo stesso, portando quasi a un incidente diplomatico tra il Messico e il Giappone, con i primi che se ne sono, però, fregati altamente. Questo la dice lunga su quanto Akira Toriyama sia riuscito a fare breccia nel cuore degli appassionati.