Quando da una semplice Tech demo creata per testare le potenzialità della console e del motore grafico nasce un’idea che si sviluppa fino a diventare un vero e proprio gioco vuol dire che si ha a che fare con chi non prende nulla alla leggera ed è in grado di raccontare in pochi minuti una storia più coinvolgente di quelle di molti altri titoli.
Da questo punto di vista Quantic Dream non ci coglie di sorpresa con il suo Detroit: Become Human, nuovo titolo neo noir nato dalla commovente Kara, appunto una Tech demo che il team aveva creato qualche anno fa per testare PlayStation 4, dove durante l’assemblaggio un androide acquisiva coscienza e iniziava a sentire “emozioni”.
La domanda su cosa sarebbe potuto accadere dopo che Kara avesse lasciato la fabbrica ha portato molti utenti e lo stesso David Cage, director di Quantic Dream, a voler trovare una risposta.
Ambientato in futuro prossimo dove gli androidi hanno rimpiazzato gli umani in molte mansioni manuali, Detroit si propone di rispondere a questa domanda offrendo al giocatore un’esperienza narrativa concentrata sulle emozioni, analizzando le implicazioni che questa nuova società può avere nel momento in cui l’equilibrio si spezza.
Così come Kara, infatti, altri androidi hanno iniziato a sviluppare pensieri e comportamenti fuori dai loro schemi di programmazione, mentre una parte di umani inizia a provare astio verso quelle macchine che hanno portato loro via il lavoro, lasciandoli disoccupati.
La storia prende vita quando alcuni androidi iniziano a sparire, ad uccidersi o a diventare aggressivi contro gli umani. Al comando di Kara, il cui ruolo non è ancora chiaro, di Connor, androide-detective, e di altri personaggi che Cage ci assicura saranno tutti sacrificabili in base alle nostre azioni, vivremo una storia che ci mostrerà la forza delle emozioni e delle paure che il nostro futuro, o almeno quello immaginato in Detroit, ci potrà riservare.
Storia che verrà raccontata tramite il gameplay e le scelte fatte dal giocatore, non da cutscenes. Si ritorna quindi al modello Heavy Rain dove non esiste il Game Over e ogni scelta assume un peso importante con delle “conseguenze narrative”, che si tratti di successi o di fallimenti. Rispetto a Heavy Rain però qui in Detroit tutti i personaggi potrebbero morire, mentre a detta degli sviluppatori il ventaglio delle diverse strade da seguire sarà più ampio e inizierà da subito. L’altra differenza è che successi e fallimenti sono tutti dovuti al giocatore e alle azioni che decide di intraprendere e non alla pressione di alcuni tasti sperando di aver azzeccato le parole giuste.
La demo mostrataci ad E3 si concentra su Connor, l’androide detective al servizio delle forze speciali, in questo caso come mediatore per tentare di salvare una bambina presa in ostaggio dal suo androide domestico.
L’ambiente di gioco è un attico dove sono già intervenute le forze SWAT, mentre il padre della bambina e altri agenti sono stati eliminati. Grazie alle abilità di Connor possiamo ricostruire l’accaduto, ottenere informazioni preziose e sbloccare indizi che vanno ad aumentare la nostra probabilità di successo, rappresentata da una barra che può riempirsi o svuotarsi a seconda dei casi.
Per questa missione abbiamo potuto vedere due gameplay: uno più diretto, nel quale fronteggiamo l’androide senza nessuna particolare indagine, e l’altro più investigativo, dove invece recuperiamo importanti informazioni dalla scena del delitto.
Inutile specificare che il primo approccio ci ha portato ad un fallimento annunciato: non avendo idea di come convincere l’androide a desistere, la scelta di come procedere nella conversazione tramite le opzioni a scelta multipla diventa fortunosa e non ponderata. Dire la verità o mentire? Simpatizzare o mantenersi rigidi e imperativi? Impossibile dirlo senza avere le informazioni adatte.
Il secondo, tuttavia, si è rivelato un successo ambiguo: la missione è andata a compimento, ma salvare l’ostaggio non implica necessariamente che il nostro personaggio non possa perdere la “vita” nel farlo, come infatti è accaduto.
In questo modo Cage vuole farci aprire gli occhi su cosa possa significare per i personaggi di Detroit essere un androide o in che modo vengano riviste le priorità quando viene a mancare il basilare istinto di sopravvivenza che caratterizza l’essere umano. È un tema profondo e Cage ci assicura che il modo in cui sarà trattato farà vedere quanto può diventare controverso, con i ruoli di buoni e cattivi che non si rivelano scontati né ben distinti.
La nostra impressione è stata positiva: chi ha apprezzato la profondità narrativa e l’ambiguità morale di Heavy Rain troverà la stessa qualità e forse di più, su un tema che può rivelarsi altrettanto potente quanto quello del già citato capolavoro di Cage.
Come ogni titolo focalizzato sulla trama e sulle enormi possibilità che una storia in costante evoluzione può offrire bisognerà aspettare per avere un giudizio più preciso, ma gli ingredienti per un altro capolavoro ci sono tutti e la potenza di PS4 potrebbe solo aiutare in questo senso.
Non vediamo l’ora che arrivi la versione finale del gioco.