Chi non muore, si rivede. E con Ubisoft questo motto vale almeno il doppio, soprattutto nelle ultime generazioni. Piaccia o meno, i giochi della casa francese hanno iniziato a seguire un unico e condiviso filo conduttore. Far Cry, così come The Division, Assassin’s Creed o Ghost Recon hanno iniziato tutti a prendere ispirazione l’uno dall’altro.
Qualcuno ha così finito per perdere la sua strada, mentre qualcun altro ne ha guadagnato enormemente. Far Cry sta forse un po’ nel mezzo: dopo un terzo capitolo che ha letteralmente riscritto il modo di concepire l’open world – tanto da essere diventato lo standard da scimmiottare negli anni a seguire – la fase di stanca dei tempi più recenti era palpabile.
Far Cry 5 era un po’ l’ombra di se stesso: trascinato, con pochi guizzi, incapace di offrire qualcosa di realmente nuovo. Far Cry 6, in questo senso, è un interessante banco di prova per una Ubisoft che aveva bisogno di dimostrare di saperci ancora fare. Possiamo già anticiparvi che il tentativo è finalmente riuscito e che, seppur con i suoi numerosi difetti, la nuova avventura caraibica di Danni Rojas si piazza come un’ottima ripartenza che fa ben sperare per il futuro.
Ciò che subito salta all’occhio è che, finalmente, questo sesto capitolo riesce a mettere nuovamente in campo protagonisti e antagonisti di altissima caratura. Tra l’altro, anche con qualche piacevole twist.
Anton Castillo è il malvagio dittatore dell’isola di Yara, un paradiso tropicale congelato nel tempo dove una strenua battaglia per la supremazia ha finito per spaccare il paese. Noi siamo la resistenza, i cattivi dei semplici tiranni. Il colpo di coda, in realtà, è che fin da subito viene chiarito come (per quanto i mezzi siano opinabilissimi) entrambe le fazioni abbiano diverse sfumature.
Violenza e amore per il proprio popolo si mescolano in tutte e due le fazioni, e spessissimo non è facile fare un tifo unico. Anche perché è proprio il dittatore che sta salvando il mondo con una propria cura per il cancro, mentre gli eroi son coloro che provano a fermare la schiavitù con cui quel mercato prospera. Una situazione spinosa quindi, che si dipana attraverso un cast incredibilmente ampio e riuscito, degno delle migliori storie pulp e che non faticherà a entrare nell’immaginario dei fan nel giro di pochissime ore.
E nel caso ve lo siate chiesti: sì, Anton Castillo è un cattivo eccezionale. Così come è eccezionale l’interpretazione di Giancarlo Esposito, il volto perfetto per il cattivo perfetto. Oltretutto è anche finita la pantomima del voler copiare Vaas Montenegro a tutti i costi, re violento ma schizzato.
Anton è controllato, intelligente e, se visto da una folle angolazione, persino condivisibile. Come moda di Far Cry non ha moltissime sequenze, e le interazioni dirette con noi son pochissime, ma ogni volta che è a schermo ruba completamente la scena. Un fascino magnetico per una denuncia magnetica, che passa dalla sperimentazione umana alla schiavitù, dal razzismo all’accettazione del sessualmente diverso, dall’ipocrisia politica alla presa di coscienza che, per cambiare il mondo, bisogna per forza rompere qualche uovo.
Per poter sovvertire il regime di Castillo, il compito di Dani (che può essere uomo o donna in relazione alla nostra scelta iniziale) è quello di stringere alleanze con i vari eroi di Yara. Parliamo di tre macro-zone che potremo risolvere nell’ordine che più ci pare, un po’ come Far Cry 5, ma con missioni primarie infinitamente più studiate ed interessanti.
Sparito quindi definitivamente il sistema di “caos” à la Just Cause che tanto aveva appiattito il prequel. Il ritorno a una struttura più classica non è di certo l’apice del coraggio, ma dimostra anche che fare dei passi indietro non significa per forza di cose andare incontro a una involuzione.
Far Cry 6 è un’ottima via di mezzo tra libertà e struttura lineare delle missioni, ed è anche per questo che la sua narrazione ha un ritmo così accattivante. Che sia per aiutare delle vecchie glorie a imbastire la loro seconda rivoluzione, convincere un padre di famiglia che accettare lo straniero non equivalga sempre alla morte, oppure dare coraggio a delle star così da sfruttare la loro influenza per ribaltare gli eventi, Far Cry 6 sa come tenere sempre alta l’attenzione.
Oltre le missioni primarie (non tutte ispiratissime, mettiamo subito le mani avanti), aspettatevi un mondo zeppo di accampamenti da liberare, posti di blocco da conquistare e collezionabili da raccogliere. La classica formula del completismo Ubisoft, insomma, che nel 2021 è anche un po’ un prendere o lasciare. La mappa di gioco è indubbiamente la più grande, bella e varia che un Far Cry abbia mai avuto, ma non aspettatevi un gioco lungo fino alla nausea o colmo fino all’orlo di attività ripetute.
Liberare gli accampamenti può aiutare a indebolire la presenza dell’esercito in una determinata zona, o a rendere i cieli finalmente viabili per i velivoli, mentre molte missioni secondarie sono effettivamente sorprendenti per inventiva e “stupidaggine”. Il modo in cui Far Cry 6 mescola toni seriosi a quelli sopra le righe è perfetto, e fa annusare davvero un’aria nostalgica di ritorno a casa.
Di attività ne siamo pieni, e tutte abbastanza divertenti: tra queste spiccano (e non provatele a casa) una lotta tra galli con gameplay da vero picchiaduro e delle corse sui quad da rompersi il collo. L’abbandono totale dei punti esperienza, dei livelli e delle abilità sbloccabili è sicuramente un’arma a doppio taglio, soprattutto per un open world così grande, ma la totale personalizzazione dell’equipaggiamento ruba completamente la scena. Raccogliere materiali e conquistare zone ci donerà armi e difese di ogni tipo: a queste potremo attaccare le mod che vorremo, così come vari perk e vantaggi.
Fin dall’inizio, quindi, il gioco vi chiederà di creare il personaggio che volete e di progredire nella direzione che più vi aggrada: silenzioso e inesorabile, armato di lanciafiamme o di sparachiodi, corazzato e distruttivo. La fantasia è l’unico limite e, in questo senso, Far Cry 6 riesce alla grande a regalare un open world calpestabile dall’alter ego digitale creato completamente da noi.
Gli zainetti esplosivi sulle nostre spalle, invece, sono delle vere e proprie “ultimate” modificabili. Anche qui, la libertà di scelta è totale e interamente nelle vostre mani. Il risvolto della medaglia è che, una volta trovato l’approccio più adatto ai nostri gusti, sarà raro abbandonarlo. Nonostante Far Cry 6 tenga traccia della nostra potenza e di quella della zona in cui ci troviamo, raramente queste statistiche sembrano avere un vero impatto. I nemici hanno anche tutti delle debolezze uniche (che sia alle munizioni antiuomo, perforanti o incendiarie) ma potrete uscire da ogni scontro senza mai darne troppo peso.
La sensazione è che il gioco, a un certo punto dello sviluppo, avesse davvero delle meccaniche GDR più impattanti ma che, per un motivo o per un altro, siano state abbandonate durante i lavori. Che non sarebbe neanche così assurdo, se pensiamo che lo stesso è successo con Assassin’s Creed Valhalla dopo la spaccatura ottenuta con Odyssey.
A Valhalla in realtà Far Cry 6 deve tantissime idee, come l’intera gestione dell’accampamento. Anche qui sarà possibile espandere la propria area sicura per ottenere vantaggi, edifici in cui rilassarsi o punti caldi per le informazioni. La possibilità di intraprendere l’intera avventura in compagnia di un amico è sicuramente un surplus gradito, e il poter portare con sé dei simpatici animaletti da battaglia (gli ormai famosi Amigos) aggiunge ulteriore varietà.
Il risultato è quindi un gioco che non dà effettivi limiti di movimento o di ingaggio, ma che manca di un reale senso di progressione. Insomma, il retrogusto di un’esperienza sempre divertente e fuori di testa ma che, una volta trovata la sua quadra, perde ogni volontà di evolversi. Qualcuno ne sarà contento, qualcun altro meno.
Un altro aspetto che sicuramente diventerà un forte punto di discussione è il lato tecnico: la natura cross gen di Far Cry 6 è forte, e si vede. Si vede anche più che in molti altri titoli Ubisoft contemporanei, per qualche motivo. Ed è davvero un peccato, perché l’ispiratissima direzione artistica viene spesso rallentata da un frame-rate scostante, da una regia non sempre all’altezza e da un’illuminazione che non sfrutta per nulla la potenza delle nuove console.
Il quadro generale è comunque piacevole, soprattutto quando si incappa nei numerosi panorami da mascella a terra, ma la voglia di vedere una capitolo esclusivo per piattaforme di nuova generazione è stata fortissima durante tutto il nostro gameplay. Anche l’intelligenza artificiale lascia a desiderare, e la soluzione di Ubisoft di controbilanciare con respawn spesso infiniti ha un po’ di scorrettezza nel suo retrogusto.
Inattaccabili invece le colonne sonore, su licenza o meno. Piccola ma dolorosa nota a margine: dimenticate il doppiaggio italiano, possiamo confermarvi che a questo giro non è previsto.
Far Cry 6 non reinventa la ruota e fa molti passi indietro per quanto riguarda la sua formula di base ma, per assurdo, è tutto per il suo bene. Riabbracciare delle meccaniche più antiche ci ha ricordato cosa rendesse effettivamente grandiosa questa serie, e la totale libertà di personalizzazione è una catena spezzata su cui anche molti altri open world dovrebbero ragionare.
Per il resto, sapete già cosa aspettarvi. È un gioco Ubisoft, quindi tutti i pregi e difetti delle sue recenti produzioni possono essere ritrovati anche qui, seppur in forma meno grave. La scrittura tiene incollati, l’Anton Castillo di Giancarlo Esposito è eccezionale e la varietà delle varie missioni, seppur non ineccepibile, non è affatto da sottovalutare. Il titolo sa quando prendersi sul serio e quando lasciarsi andare, creandosi così un’identità unica e distinta che verrà ricordata negli anni. Di contro, parliamo comunque di un open world che non fa granché per rinnovare delle meccaniche classiche (o dovremmo dire stanche?) che ormai ci accompagnano da tantissimi anni.
Nella speranza che col prossimo capitolo si punti a un’effettiva innovazione, Far Cry 6 è comunque un’ottima ripartenza su cui costruire delle basi future. Un ritorno alla forma, con qualche tocco unico qua e là, che non mancherà di intrattenere chiunque cerchi un’avventura sopra le righe, cattiva il giusto e aperta a tutti per meccaniche e attività da intraprendere.