Abbiamo avuto modo di giocare e spolpare in ogni suo dettaglio, con ampio anticipo, Final Fantasy 16. Ultima opera di Square Enix e capitanato da Naoki Yoshida. Prima di iniziare vi anticipiamo che la seguente recensione sarà quasi del tutto priva di spoiler e contenuti di trama, quindi potete leggerla tranquillamente senza che ciò possa impattare sull’esperienza di gioco.
Final Fantasy 16 è uno straordinario paradosso: questa è la descrizione più esemplificativa del titolo in questione che possiamo farvi in questa recensione. Meglio, potremmo riferirvi quello che abbiamo detto a Roberto Buffa qualche settimana fa: “il Final Fantasy meno Final Fantasy di tutti, ma è anche il più Final Fantasy tra tutti i Final Fantasy“ (Vi giuriamo che suona molto meglio a voce). Consapevoli che questa affermazione appare a tutti gli effetti una ‘supercazzola‘ da recensore navigato ma tant’è. Il sedicesimo capitolo va in totale controtendenza con quanto già fatto nei precedenti episodi, ponendosi come entità divergente non solo come come episodio della saga in sé ma anche come prodotto per sé.
Una sensazione che abbiamo avvertito epidermicamente fin da quando lo abbiamo potuto provare in anteprima e ci ha indotto ad una serie di riflessioni, non tanto sui singoli elementi di gioco quanto sull’intero compendio tecnico-artistico che avevamo saggiato in quel di Milano (qui l’anteprima completa). Vi abbiamo raccontato di come il Producer Naoki Yoshida e la sua Creative Business Unit III abbia impostato le coordinate di questo episodio perseguendo la strada della discontinuità, proponendo una trama matura e adulta e un gameplay rivoluzionato nel suo combat system. Ma quello che è mancato alla nostra anteprima, è stata la cronaca dello sforzo collettivo di tutta l’azienda che ha visto le più importanti Business Unit aiutare il team di Yoshi P nel “creare il miglior gioco di Square Enix“, come lo stesso Sakaguchi aveva definito Final Fantasy. Negli ultimi otto anni, Yoshida e il Director Takai hanno approntato un plotone di programmatori, artisti e designer che si è arricchito nel tempo, impreziosendosi anche del contributo esterno di colleghi/amici come il team di Takahisa Taura di Platinum Games. Un vero e proprio Dream Team che ha lavorato insieme per poter costruire la più grandiosa e straordinaria “Finale Fantasia” possibile.
Il mondo di Final Fantasy 16
Già dalla stesura della sceneggiatura, il team si è fatto carico di rischi non indifferenti con il Creative Director Maehiro che ha voluto fortemente riprendere gli orizzonti narrativi della Fabula Nova Crystallis, declinandoli in modo che potessero diventare uno spunto sul quale impostare una trama complessa e stratificata a lui più congeniale. Il mondo di Final Fantasy 16 prende corpo nel mondo di una Valisthea flagellata dalla “Piaga“, un male misterioso che mette in pericolo la sopravvivenza degli abitanti che si ritrovano a dover fuggire altrove. Quella che viene raccontata è un’emigrazione di massa che pesa sugli equilibri di tutti i Regni che si ritrovano a dover fronteggiare problemi economici e sociali, dovuti al sovraffollamento e alla mancanza di risorse naturali. In particolar modo, è la scarsità dei cristalli che più tormenta i regnanti di Valisthea perché l’intera società si sostiene esclusivamente sul loro uso e sfruttamento. Questo in quanto consentono la manipolazione della magia anche chi non ha il potere innato di incanalarla.
La necessità di averne un quantitativo sempre maggiore, porterà alla guerra campale per approvvigionarsene. In questo contesto di conflitto imminente, il giovane principe Clive Rosfield si esercita per diventare “Scudo della Fiamma” e guardia del corpo d’elite del fratello Joshua, erede al trono e “Dominante della Fenice“. Ma a causa di un sanguinario colpo di stato perderà tutto, ritrovandosi marchiato come “Portatore“: una condizione esistenziale che consente di manifestare la magia senza l’ausilio dei cristalli, ma a costo della propria vita. Infatti il convogliare su di sé l’etere, significa far pietrificare sempre di più il proprio corpo fino a morire. Una condanna vera e propria a cui si deve aggiungere il disprezzo degli abitanti delle terre di Valisthea che li considera esseri inferiori e meritevoli di sottomissione in schiavitù e come tali, possono essere marchiati e venduti come animali. Per fortuna o sfortuna, Clive viene, obtorto collo, arruolato in piccola squadra di soldati d’assalto con il compito di uccidere la “Dominante di Shiva” e sta voi a scoprire il prosieguo della trama.
Da un punto di vista della narrazione, la sceneggiatura agisce su due fronti per fornire il setup iniziale di caratterizzazione del personaggio e del mondo di Valisthea. Il tempo presente viene affidato alla tecnica del montaggio alternato dove abbiamo un Clive impegnato in una missione segreta nel mentre i regnanti si districano in questioni politiche. Mentre il tempo passato viene rimesso all’uso del flashback che rievoca il trascorso del protagonista e dei drammi che ne hanno determinato il destino. A quest’ultima fase, viene affidata anche la parte di tutorial che si rivela essere un ottimo escamotage di connessione empatica tra il giovane Clive e il giocatore ignaro del gameplay offerto da Final Fantasy 16.
In generale, l’andamento della campagna principale segue una ciclicità ricorrente che inscena frazioni narrativamente tranquille che tendono ad aumentare di intensità, non solo da un punto di vista della trama ma anche negli scontri. Lasciando spazio a boss fight curatissime e all’assoluto impatto scenico e tecnico che vi lasceranno sbalorditi. Ne abbiamo dedotto che ogni singola missione principale abbia subìto una ripartizione in tre atti, tanto da ravvisarne le tipiche caratteristiche: un avvio, due turning point che coincidono con battaglie impegnative, il climax con la bossfight finale e la risoluzione. Una gestione della sceneggiatura piuttosto impegnativa e potenzialmente foriera di problemi di ritmo se non ben calibrata, ciononostante il team diretto da Maehiro rivela una padronanza e un controllo dei tempi di narrazione paragonabili a un orologio svizzero.
A questo si deve aggiungere un corpus contenutistico che spazia dalla rappresentazione del tema della discriminazione a quello della vendetta, venendo trattati con una maturità e compostezza di stile che non tracima mai in quelle esagerazioni drammatiche tipiche del Sol Levante e con nostra enorme sorpresa, presenta un’esposizione di peculiarità psicologiche ed esistenziali che mai ci saremmo immaginati di poter vedere in questa saga. Ogni personaggio, da Clive all’ultimo dei comprimari, riceve una caratterizzazione adeguata all’importanza del ruolo che svolgono con una dovizia di particolari pregevole e la scrittura dei dialoghi resta sempre di qualità, non scadendo mai in superficialità o ingenuità che mal si conciliano al tono degli eventi che fanno da teatro alle vicende.
Questa sbalorditiva profondità di contenuto è sicuramente figlia del percorso professionale dello stesso Meahito che per anni si è forgiato sotto la direzione di uno dei migliori autori di videogiochi in seno a Square Enix: Yasumi Matsuno. Quest’ultimo, già autore di Vagrant Story e Final Fantasy Tactics, è noto per il suo spiccato gusto per le trame complesse e profonde, spesso intessute di intrighi politici e sociali che si intersecano a una costruzione dei rapporti tra personaggi stratificata e matura. Riteniamo che sia questa la fonte originale di ispirazione della trama di questo Final Fantasy, piuttosto che il Games of Thrones suggerito al pubblico occidentale dallo stesso Yoshida. Ciononostante è indubbio che le naturali inclinazioni nipponiche abbiano trovato un punto d’incontro con quelle occidentali e complessivamente possiamo dire di esserci sentiti a casa nostra. Questo non significa un tradimento identitario da parte del team ma una volontà di rielaborare sé stessi in un linguaggio più internazionale.
Da un punto di vista estetico, il gioco offre uno straordinario caleidoscopio di immaginifici di assoluta qualità, tanto da distogliere l’attenzione da ciò che si sta facendo. Questo accade puntualmente nelle battaglie tra Eikon che vengono esaltate da una colonna sonora di qualità assoluta, offrendo uno spettacolo quasi senza eguali per il giocatore. Siamo talmente sicuri di questa nostra asserzione che vi consigliamo vivamente di giocare l’intero titolo con le cuffie e chi può, con casse di estrema potenza.
L’unica vera pecca di tutto il comparto narrativo e artistico sono le missioni secondarie che abbiamo scoperto essere circa un centinaio e divise in due categorie di importanza. Alcune sono connesse a upgrade come l’espansione dell’inventario o l’acquisizione di pozioni vitali aggiuntive, altre permettono di approfondire alcuni temi particolari come la discriminazione dei Portatori, altre sono mere quest di servizio il cui scopo è quello di costringere il giocatore all’esplorazione di alcuni ambienti di gioco.
Final Fantasy 16: gameplay pad alla mano
Così come detto in precedenza, il team di Yoshida e Takai ha voluto perseguire la via della discontinuità e l’elemento che più testimonia questo intento è sicuramente il combat system. Ora non staremo a disquisire se sia giusto o sbagliato, ma sicuramente quella di rivoluzionare il combattimento abbracciando l’action, è una scommessa parecchio rischiosa che coinvolge i sentimenti dei fan della saga. Non possiamo far finta che possa essere una scelta solo ed esclusivamente autoriale, ma l’impegno di voler presentare il miglior combat system possibile è palese. La prova più cristallina di ciò è il coinvolgimento non solo di un mostro sacro come Ryota Suzuki come battle director, ma anche del team di Takahisa Taura di Platinum Games.
Nomi che ci hanno fatto emozionare non poco, consapevoli che da quelle mani non poteva che uscire un prodotto al di sopra di ogni aspettativa, ma che ci ha lasciato particolarmente sorpresi. Uno squadrone di professionisti dell’action tecnico al servizio di un Final Fantasy? Evidentemente, Square Enix era ben conscia di doverne rispondere e non si è risparmiata nel diffondere contenuti incentrati sul combat system che ci hanno parzialmente tranquillizzato. Il problema per noi non era tanto il livello di competenza richiesta nel padroneggiarlo, piuttosto ci chiedevamo come potesse essere declinato per un pubblico non particolarmente avvezzo al genere. In realtà, con le ultime iterazioni della saga, il combattimento stava mutando e Yoshida&Co hanno semplicemente dato il colpo di grazia a una transizione che era già in atto in Square. Diventa quindi essenziale per noi, lo spiegarvi quanto più dettagliatamente il sistema di combattimento e come esso progredisca da renderlo fruibile e soddisfacente.
Innanzitutto, sentiamo la necessità di dover ri-sottolineare la questione di aver affidato la fase di tutorial al segmento giovanile di Clive Rosfield, in modo da allineare la crescita del giocatore a quello del protagonista nel tentativo di creare una preliminare ma sostanziale connessione emotiva. L’apprendimento delle basi come attacco, schivata e contrattacco viene demandata ad un onboarding old school che prevede una serie di ripetizioni delle azioni da compiere in un unico blocco. Le motivazioni dietro questa antiquata struttura è da ricercarsi nell’esigenza da parte del team di dover far coincidere narrazione e gameplay, tant’è che viene giustificato narrativamente come una sorta di training a cui si sottopone il giovane Clive.
Questi primi fendenti che menerete compongono la rosa dei fondamentali del combat system a cui dovrete aggiungere i talenti dell’Eikon della Fenice che avrete equipaggiato di default per ragioni di trama. Già dalle prime battute ci si rende conto quanto sia sbagliato definire questo sistema di combattimento un mero smashing button. In realtà, si cela una stratificazione e una profondità di tutto rispetto costruita anche su quello che è un perno fondamentale della struttura, ovvero la rottura dell’equilibrio dei nemici che oltre a possedere la classica barra dei punti vita, dispongono di un indicatore di equilibrio molto simile allo “Stremo” proposto dal remake di Final Fantasy 7. Il giocatore dovrà quindi preoccuparsi di abbassare quanto prima questo parametro per poter infliggere i veri danni all’avversario di turno.
Affinché questo accada, gli sviluppatori hanno messo a disposizione il classico compendio di attacchi arma bianca-magia e un ampio ventaglio di mosse come affondi, colpi magici caricati e soprattutto l’attacco aereo. Quest’ultimo è l’azione primigena delle notissime combo aeree degli action tecnici e vi consente di fare l’altrettanto noto jump cancel. La componente GDR è in buona sostanza demandata alla natura elementale degli Eikon, che una volta assimilati vanno a rinforzare il comparto offensivo con decine e decine di opzioni sbloccabili e migliorabili.
Il nostro Clive ha a disposizione tre slot Eikon e per ognuno di essi è possibile equipaggiare fino a due abilità più una fissa propria dell’evocazione prescelta. Questo vi consentirà di costruire build miste in base alle vostre preferenze. Ad esempio potete optare per la “Traslazione della Fenice“, che è un talento fisso per muovervi velocemente nella battle area ma prediligere una specifica abilità di Shiva o Garuda. Questo tipo di personalizzazione è consentita per tutti e tre gli slot Eikon in vostro possesso e potrete fare il respec senza perdita di punti esperienza. È possibile testare le modifiche o quant’altro presso la “Sala delle Virtù“, accessibile attraverso la “Pietra Arete” del vostro hub di gioco. Insomma, il quantitativo di possibilità di attacchi e combo a vostra disposizione sono incredibilmente numerose e varie tanto che se dovessimo elencare le alternative, molto probabilmente questa recensione uscirebbe nell’anno del mai.
Questa struttura si equilibra principalmente attraverso il cooldown delle abilità che non vi permette di spammarle e vi costringe a doverle alternare tra loro, quindi diventa essenziale applicare un buon grado di raziocinio quando selezionerete i poteri da sfruttare nella vostra build. Considerando il sistema fin qui descritto, diventa palese per chiunque che il tempo che gli sviluppatori hanno voluto dedicare all’onboarding sia giustificabile con la premura di mettere quanto più a loro agio i giocatori non avvezzi al genere action.
Ovviamente esiste anche una parte dedicata all’equipaggiamento come spade, cinture e bracciali oltre ad anelli ed emblemi che garantiscono bonus di vario genere come aumento del danno-difesa o tempi di ricarica più brevi delle abilità. Su questo aspetto abbiamo notato una minore varietà di opzioni ma è comprensibile data l’estrema flessibilità dell’uso degli Eikon che in presenza di abbondanti item potrebbero molto facilmente ‘rompere‘ il sistema.
A questo punto, ci sentiamo in dovere di fare un’ammissione in riferimento all’hands-on in anteprima a cui abbiamo potuto partecipare qualche mese fa. Sebbene fossimo estremamente soddisfatti di quello che avevamo testato, c’era un elemento che non avevamo potuto esplorare per la natura limitata della build che ci è stata offerta, ovvero la progressione del gioco in termini di gameplay. In pratica volevamo capire come il gioco avrebbe gestito le tempistiche di assimilazione degli Eikon e dell’evoluzione dello stesso combat system e da questo punto di vista, abbiamo potuto fugare ogni tipo di dubbio. Il ritmo di gioco viene scandito ottimamente e non vi ritroverete mai in difficoltà nel dover gestire decine e decine di abilità, grazie anche a una direzione della trama che coadiuva la parte giocata in un unicum che vi farà sentire concretamente un eroe in itinere. È noto che non ci sia un party di aiutanti da gestire, ad esclusione del fido Torgal a cui si può impartire ordini piuttosto limitati come attaccare o lanciare in aria nemici da attaccare successivamente con combo aeree. Anche lui ha un anello di automatizzazione del comportamento. Cionostante, non ne sentirete la mancanza data la profondità e l’estrema stratificazione del sistema che vi è stato messo a disposizione.
Final Fantasy 16 presenta un quantitativo di boss fight incredibile, e possono essere distinte in quelle in forma umana e quelle in cui combatteremo con gli Eikon. In particolare, le seconde si caratterizzano da ambientazioni e dinamiche sempre diverse, risultando essere quelle scenicamente più spettacolari. I tanto temuti Quick Time Event sono piuttosto limitati e non pervasivi, ma vengono utilizzati allo scopo di non lasciarvi totalmente passivi durante lo scorrere delle cinematiche. Non possiamo dimenticare di parlare della difficoltà che si adegua alla serie quindi non aspettatevi livelli paragonabili a un DMC o un Bayonetta, ma neanche una passeggiata di salute. Va da sé che chi ha esperienza di action, potrebbe non incontrare particolari problemi, ma bisogna fare i conti con l’estrema popolarità del brand e si sta parlando di un action-adventure a tutti gli effetti e che avere battaglie hardcore potrebbe creare problemi di pacing narrativo nel suo complesso. Cionostante, data l’estrema cura registica nel presentare al meglio ogni tipo di scontro non possiamo che dirvi che l’appagamento e il divertimento è garantito. Per qualcuno potrebbe sembrare che i nemici siano ciò che tecnicamente viene definito ‘spugna‘ ma in realtà si rivela essere una necessità di design che risponde all’esigenza del giocatore di dover far fronte a due diverse istanze di danno, ovvero quello riferito alla barra dei punti vita e quello che volgarmente chiamiamo ‘equilibrio‘. Quando quest’ultimo viene abbattuto, il moltiplicatore del danno aumenta e quindi diventa dirimente capire come abbattere quel parametro il più velocemente possibile e terminare il combattimento nel più breve degli scambi. Qualora non lo fossero, il sistema collasserebbe su se stesso e lo renderebbe totalmente inutile.
Il mondo di Valisthea si esplica in una open map molto classica, non molto dissimile da quanto fatto nel God of War del 2018. Quindi aspettatevi un’avventura estremamente guidata che si concede spazi più estesi da esplorare sebbene, in realtà, non offrano molti spunti di scoperta se non affrontando le missioni secondarie, le cacce e gli scontri disseminati per le mappe. Nell’approfondire questo aspetto, l’opinione che ne abbiamo ricavato è stata che gli sforzi maggiori del team di sviluppo fossero particolarmente indirizzati nel costruire una campagna principale quanto più grandiosa e soddisfacente tanto da assorbire completamente l’attenzione del giocatore distogliendolo da attività secondarie che rischiavano di diluire un’esperienza densa di eventi, colpi di scena e combattimenti spettacolari.
Di fatto, le varie attività secondarie o il mero vagare per le mappe più aperte sembrano più essere un riempitivo delle fasi più tranquille di gioco che un reale approfondimento del mondo di gioco, tanto da risultare molto più sciatte di quanto siano in realtà. Ciononostante, alcune di esse offrono l’opportunità di scoprire qualcosa di più dei vari personaggi e delle loro storie personali, altre consentono l’upgrade dell’inventario e similari.
Troppo difficile o ci possono giocare tutti?
Un elemento che abbiamo promosso fin dall’anteprima è il complesso di accessibilità offerto a fronte di una difficoltà non selezionabile. In realtà Final Fantasy 16 offre due modalità di gioco, “Storia” e “Azione“, dove uno presenta già selezionati quei perk che automatizzano alcune delle meccaniche più difficili come la schivata perfetta per chi è a digiuno del genere action. Così come è possibile attivare l’equipaggiamento automatico delle abilità Eikon e della gear. Una scelta da parte degli sviluppatori che abbiamo particolarmente apprezzato perché consente al giocatore di personalizzare la propria esperienza come meglio crede. Final Fantasy 16 offre anche dei contenuti dedicati per coloro che invece hanno dimestichezza con il genere action a cui viene dedicato il NG+ chiamato “Modalità Final Fantasy“. Esso alza il level cap a 100 e sblocca un livello di difficoltà aggiuntivo “Ultimaniac” nella sezione Arcade della pietra Arete. Ampio spazio è stato dato all’approfondimento del mondo di Valisthea, assegnando ben due npc, Vivian Novecode e Harpocrates, la raccolta e la consultazione della lore di gioco. La prima racconta la situazione militare e politica dei vari regni, il secondo raccoglie tutte le informazioni più generiche. Potrete dedicarvi anche alla lettura delle missive indirizzate a Clive e rimirare il muro dei ricordi delle avventure affrontate. Sorprendente è la pulizia tecnica del titolo che non ha mai presentato bug o rallentamenti di alcun tipo. Il gioco è completamente doppiato in italiano e la qualità del lavoro svolto è eccellente.
Conclusioni
Final Fantasy 16 ha dimostrato come Square Enix abbia ancora molto da dire al mondo videoludico nonostante i vari inciampi in cui è occorsa negli ultimi anni. Questo sedicesimo capitolo è un’opera che incarna il puro spirito di epicità e grandiosità che ci si aspetta da un Final Fantasy, sorprendendoci anche con un livello di profondità e maturità della trama che propone moltissimi spunti per vecchi e nuovi giocatori. Una vera e propria evoluzione di un brand che ha deciso di rinnovarsi nelle sue fondamenta anche nel versante gameplay, prendendosi dei rischi non indifferenti e che molti non avrebbero avuto il coraggio di prendere in carico ma che loro hanno gestito con una competenza e una maestria impareggiabili. Final Fantasy 16 non innova il genere a cui fa riferimento ma ne esalta le caratteristiche ai massimi livelli, ponendosi tra i migliori giochi nella storia di Square Enix e non solo. E non possiamo che premiarlo con l’eccellenza e consigliarlo a qualunque giocatore che voglia godere di una esperienza di altissima qualità, appagante e galvanizzante.