Prosegue il dibattito avviato da Naoki Yoshida pochi mesi fa riguardo l’utilizzo del termine JRPG. Mentre il producer di Final Fantasy 16 ha chiesto di non utilizzare la definizione per il gioco Square Enix uscito a metà giugno e, più in generale, di abbandonare il termine che sia lui, sia altri dice, percepisce come discriminatorio. Sulla questione è da poco intervenuto invece Hideki Kamiya, volto di PlatinumGames.
Il creator ha da poco parlato con VGC e ha affermato che i developer giapponesi, a suo avviso, dovrebbero sentirsi fieri e orgogliosi del termine JRPG. Non solo, secondo lui bisognerebbe addirittura cominciare a utilizzare il termine J-Action per definire alcuni giochi d’azione di stampo tipicamente giapponese. A tal proposito, Hideki Kamiya afferma che quella che il collega Yoshida percepisce come una discriminazione derivi in realtà da una serie di differenze culturali che i giapponesi dovrebbero rivendicare.
Dopo aver riportato diversi esempi (la differenza tra gli originali e gli adattamenti USA di Ken il Guerriero e Ultraman, tra gli altri) Kamiya assurge ad esempio l’originale God of War. Kratos è “massiccio, muscoloso, pelato”. Esprimeva l’idea di potenza e forza come la intendono gli occidentali in un genere che diventava sempre più popolare. “Possiamo fare qualcosa di simile da una prospettiva giapponese?” dice di essersi chiesto Kamiya salvo poi rispondersi che no, un Kratos sarebbe troppo lontano dalla cultura giapponese.
“Ne abbiamo parlato internamente a PlatinumGames e siamo giunti alla conclusione che servisse qualcosa che riflettesse la nostra cultura. È così che è nato Bayonetta. All’apparenza non sembra forte. Non direste mai che possa affrontare dei demoni enormi”. Secondo Hideki Kamiya, insomma, Bayonetta è una esemplare rappresentazione del modo di intendere i personaggi d’azione unico dei giapponesi.
Ed è così che sintetizza poi il vicepresidente di PlatinumGames: “ecco, il concetto è quello. Si tratta assolutamente di RPG ma di RPG che, teoricamente, solo i giapponesi potrebbero fare e dovremmo esserne orgogliosi“.