Uno dei più grandi peccati degli ultimi anni è stato, forse, quello di essersi dimenticati di Horizon Forbidden West troppo in fretta. In un’epoca dove quasi ogni mese arriva un tripla A che riscrive le regole della nuova generazione, ci si ritrova troppo spesso a gustare con voracità – e indicibile velocità – prodotti di cui si dovrebbe discutere di più. Horizon 2 Forbidden West fu la summa massima del more of the same, parola che mai come adesso vogliamo utilizzare con accezione positiva.
Prendeva tutto ciò che aveva fatto il capitolo originale e lo elevava verso vette incredibile, curando un capitolo che riusciva a sorprendere sia per solidità che per quantità e varietà. Il seguito dell’avventura di Aloy ricamava sulle enormi mancanze del capostipite e ne usciva come un open world denso, sfaccettato e pieno di cose da fare. Ancor più importante: stracolmo di attività e storie tutte differenti, capaci di delineare un mondo ricchissimo di folklore, avvenimenti e storie anche più intime.
L’espansione Burning Shores, ora finalmente acquistabile, dà al gioco un ennesima chance per imporsi come baluardo del genere. A differenza del DLC del primo capitolo, Burning Shores è canonicamente ambientato dopo la fine dell’avventura (tant’è vero che chiede di completarla prima di potervi accedere) e, un po’ a sorpresa, fa da ponte per l’inevitabile terzo capitolo.
Per rispetto di chiunque non abbia ancora finito Forbidden West, quindi, non anticiperemo nulla sulla vicenda che andrà a proseguire. Vi basti però sapere che, per inseguire uno degli antagonisti sopravvissuti, Aloy si ritroverà a viaggiare verso la Costa Ardente da cui prende il nome l’espansione. Qui, una strana torre abbatte ogni veicolo che prova a scappare dall’arcipelago, costringendo le tribù della zona a sopravvivere e ad accamparsi dove possibile. Aloy fa la conoscenza di Seika, una Quen alla ricerca della propria sorella e vogliosa di riscattare il proprio onore agli occhi della sua gente. La stessa Seika è una sorta di seconda protagonista: un personaggio umano, forte ma emotivamente fragile, che accompagnerà Aloy per la manciata di ore necessarie a completare la quest principale.
Aloy, nel corso della seconda storia, ha dovuto imparare a collaborare con gli altri e a condividere le sue conoscenze con i suoi amici più fidati. La sua evoluzione l’ha quindi portata da eroina solitaria a capo di una vera e propria squadra composta da vecchie e nuove conoscenze.
La storia di Burning Shores riprende da lì e, in un modo o nell’altro, mette nuovamente in discussione il credo di un Aloy leader-ma-non-troppo, ancora inesperta ai rapporti interpersonali e costretta a crescere a una velocità incredibile pur di sopravvivere. Non tutti i punti principali del copione di Burning Shores fanno gridare al miracolo, ma un paio di momenti non mancheranno di toccare l’animo e – ne siam certi – persino di far discutere.
Di base, Burning Shores sembra un’enorme missione secondarie del gioco originale, ambientato in una zona completamente inedita che – seppur ricordi vagamente quelle già viste più a Ovest – riesce comunque a imprimersi nella mente grazie a molte unicità. Prime su tutte, le varie zone laviche che punteggiano la normalmente incontaminata vegetazione.
Le Coste Ardenti sono un atollo di isole mozzafiato, esplorabili tanto a piedi quanto via mare, che sia a bordo di macchine o addirittura di veicoli, novità assoluta per la saga. Ancora una volta, il solidissimo Decima Engine e l’eccezionale direzione artistica riconferma Horizon 2 come uno dei giochi più belli da vedere attualmente esistenti. L’abbandono di PS4 in favore di un’espansione di Horizon Forbidden West esclusivamente su PlayStation 5, tra l’altro, ha permesso agli sviluppatori di spingere l’acceleratore grazie alla forza computazionale della nuova macchina, andando a creare ambienti con una linea d’orizzonte più vasta che in passato e, ovviamente, combattimenti con bestie giganti che prima non sarebbero stati possibili.
Burning Shores può quindi sembrare il more of the same di un more of the same ma, come dicevamo prima, non è qualcosa che va preso negativamente. Forte di uno dei migliori combat system sulla piazza e di alcuni trame secondarie molto articolate, basta già solo l’introduzione di qualche arma, abilità o macchina in più a cambiare completamente gli equilibri. E questa espansione fa proprio questo; ci piacerebbe andare più nello specifico ma, ancora una volta, non vogliamo rovinarvi alcuna sorpresa.
Vi basti sapere che Burning Shores aggiunge una nuova tipologia di arma che – con tutta probabilità – diventerà tra le vostre preferite. Anche i nuovi nemici fanno un figurone, piccoli o grandi che siano, mentre un albero delle abilità espanso va addirittura a colmare alcune lacune del gioco originale. Ogni ramo di specializzazione ha delle grosse novità, ma la nostra preferita è la possibilità di potersi avvicinare col rampino a un nemico abbattuto, così da potergli sferrare il colpo di grazia anche da grandissime distanze. Darsi spinte planando sui geyser aggiunge verticalità anche in aree dove normalmente non sarebbe possibile arrampicarsi, e l’introduzione di cristalli viola esplosivi permettono di abbattere detriti e far cadere interi pezzi di edifici sulle teste dei malcapitati più in basso.
Ovviamente, la storia primaria è accompagnata da un ulteriore set di missioni opzionali, anche queste di alta qualità. Quello che sicuramente andrà un po’ rivisto in ottica del terzo capitolo è il ritmo della narrazione, uno dei talloni d’Achille dell’intero Horizon Forbidden West, che claudica anche in questa espansione. I combattimenti più spettacolari, tra l’altro, non son neanche progettati così bene, ed è un peccato che i punti che dovrebbero essere più d’impatto sono anche tra i più scomodi da giocare. Il team ha ancora della strada da fare sotto questo aspetto, ma è anche giusto che abbiano provato prima a spratichirsi con questa mini-espansione, così magari da arrivare a Horizon 3 più pronti.
Per il resto, Burning Shores è “più Horizon 2”, un dessert (o dovremmo dire ‘antipasto’?) perfetto per chi ha amato il gioco di base e sentiva già la mancanza di questo affascinante mondo. Bene o male condivide tutti i pregi del gioco di base, così come la struttura e la tipologia di gameplay, espandendo ulteriormente battaglie, bestiario e personalizzazione, andando a creare così l’Horizon definitivo e un ottimo sguardo sul suo inevitabile futuro.
Qualche ingranaggio andava magari oliato di più, alcune idee esplorative sfruttate meglio e il prezzo di 20 euro meritava forse una mappa che offrisse più densità che vastità, ma per il resto c’è davvero poco di cui lamentarsi. Horizon 2 chiude il suo corso vitale in bellezza, riconfermandosi ancora una volta come un open world pieno di possibilità, bello da vedere tanto quanto da esplorare, costellato di personaggi fantastici, folklore pieno di inventiva e di alcune tra le battaglie più tecniche e cattive che il genere abbia mai conosciuto. Ora che la saga, per migliorarsi, sta semplicemente espandendo i suoi contenuti senza mai stravolgerli, viene anche lecito chiedersi come gli sviluppatori intenderanno proseguire senza rischiare di renderla stantìa. Ma questa è una domanda per un altro giorno.