Il Giorno della Marmotta

The Last of Us

Il Dr. Strange e film come “Ricomincio da Capo” ci hanno insegnato che il tempo non è lineare come lo percepiamo, ma tende a seguire fasi ascendenti e discendenti che, accavallandosi tra loro, genererebbero un flusso ciclico di eventi cui corrispondono innumerevoli ramificazioni. Nell’attività di un sistema così complesso, non è purtroppo raro che si verifichino delle alterazioni impreviste e talvolta esse si manifestano nel fenomeno che abbiamo imparato a chiamare loop: una sorta di anello temporale in cui si è costretti a rivivere vicende già avvenute all’infinito, fino a privare di qualsiasi rilevanza il concetto stesso del domani. Ebbene, se negli ultimi anni avete iniziato a nutrire il sospetto che al nostro mondo sia accaduto qualcosa di simile, sappiate di non essere soli: malgrado le lancette dei nostri orologi continuino a scandire lo scorrere dei minuti, la realtà che circonda noi videogiocatori si è difatti cristallizzata da un pezzo in un eterno “Giorno della Marmotta in cui Naughy Dog annuncia la nuova edizione di The Last of Us, Rockstar Games presenta l’ultimo pacchetto di auto per GTA V e ogni sito specializzato annuncia con giubilo l’arrivo di altri dieci, cento, mille remastered vecchie di zecca.

A forza di svegliarsi da anni al suono dei medesimi annunci, l’industria videoludica e il suo pubblico hanno così finito per dimenticarsi di evolvere, convincendosi che vivere di ricordi tirati a lucido e venduti per novità non sia solo bello, ma giusto. Roba da Black Mirror, verrebbe da dire… Se solo non stessimo parlando della nostra banale quotidianità.

Ma come siamo arrivati a questo punto? Quando e dove avremmo mai firmato per aderire a quest’assurda politica del riciclo perpetuo? L’amletico dubbio è emerso giusto pochi giorni fa mentre Nintendo presentava con orgoglio ai suoi fan l’edizione Switch 2 di Breath of the Wild, splendidamente identica a sé stessa, rigorosamente prezzata al rialzo. Coi sensi intorpiditi da questa corale ipnosi di mercato, nessuno tra noi è purtroppo riuscito a individuare una data precisa, ma una cosa è certa: se dodici anni fa ci fosse stato detto che nel 2025 ci saremmo ritrovati ad attendere il lancio di The Last of Us o qualsiasi altro maledetto rigurgito di esperienze già acquistate, vissute e digerite avremmo senz’altro appeso il pad al chiodo. Fatalmente, questa considerazione ha recato con sé l’onere di una scelta che ricorda tanto quella delle pillole colorate del buon vecchio Matrix: sarebbe, ovvero, meglio continuare a goderci in cheta disperazione il Marmotta Day o dovremmo piuttosto svoltare l’angolo e scoprire che ne sarebbe stato dei videogame se non fossimo rimasti impantanati in questo paradosso quantico? Di certo, lì fuori ci sarà un mucchio di gente che preferirebbe scegliere la prima opzione e tornare a dormire, ma dal nostro punto di vista rimuginare sul da farsi è più che superfluo: se all’alba di un giorno qualunque del 2035 non vogliamo ritrovarci Naughty Dog ad annunciare The Last of Us 12K o magari riscoprirci a gioire come gli Eloi di Wells di fronte alla possibilità di acquistare Mario Odyssey per Switch 3 all’amichevole prezzo di 200 Euro, tocca scendere dalla giostra. Subito. Anche a costo di farci male. E a chi si chiede cosa voglia dire, in concreto, scendere dalla giostra, urlategli di rimettere il portafogli in tasca e smettere di dar da mangiare alla dannata Marmotta.