Metal Gear Rising Revengeance

Parliamo quindi di un action appartenente al filone hack and slash dai grossi connotati arcade: veloce, adrenalinico ed esigente in termini di attenzione richiesta al giocatore.
La storia di Metal Gear Rising Revengeance nasce da una costola dell’universo Metal Gear, per descriverci una parentesi narrativa dedicata a Raiden e si prende la “licenza poetica” di esasperare il contesto socio-politico lasciato dagli antefatti di MGS4 e di slegarsi quasi completamente da tutto ciò che è stato raccontato nei passati capitoli, rimettendo al timone, come protagonista, uno degli storici personaggi dei titoli prodotti da Kojima. Il background messo in piedi in effetti non ha alcuna ambizione di intrigare e far riflettere lo spettatore, e decide di rinunciare a qualsiasi sorta di verosimiglianza per buttare sul piatto quanto necessario per giustificare uno scontro aperto tra cyborg cattivi e cyborg buoni e poco altro.
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Raiden possiede una sofisticata spada tecnologicamente avanzata (ad “alta frequenza” a quanto ci dicono), capace di tagliare letteralmente, e in tutte le parti che volete, i propri avversari. La suddetta azione necessita il riempimento dell’apposita barra, caricabile inferendo sul nemico con varie combinazioni di attacchi leggeri e pesanti. Quando la nostra lama sarà affilata al punto giusto, e allo stesso tempo avremmo indebolito a dovere la corazza nemica, la pressione di un tasto dorsale rallenterà l’azione e ci permetterà di eseguire fendenti con relativa precisione per fare a pezzi i malcapitati nei modi più fantasiosi che la vostra sadica mente vi suggerirà. Tagliando una specifica parte del corpo inoltre sarà possibile afferrare al volo la sua cyber-spina dorsale, esposta esternamente per un breve periodo, che ricaricherà arma e salute in maniera istantanea. Questa tecnica si chiama zandatsu, e nelle fasi più impegnative diventa praticamente indispensabile alla sopravvivenza.

Platinum Games non rinuncia alla propria firma e visionario stile: oltre a un inimitabile gameplay fatto di collisioni perfette e risposte agli input certosine, gli sviluppatori condiscono il gioco con trovate e scene davvero spettacolari

Quando si tratta di difendersi dagli attacchi avversari, invece, Rising si propone in maniera assolutamente innovativa. Messo da parte il classico tasto di parata, viene introdotta al suo posto la “parry”, comando eseguibile con uno dei tasti di attacco unito alla pressione della leva analogica in direzione del nemico nel momento stesso in cui questo sferra un attacco. Sguardo scaltro, riflesso pronto al minimo segnale visivo su schermo (i nemici nel momento dell’attacco emanano un veloce bagliore rosso) pressione dei due tasti e via: un tempismo pessimo sarà punito subendo uno o più colpi avversari, un tempismo buono parerà semplicemente il colpo e vi rimetterà in situazione di 0-0 palla al centro, e un tempismo perfetto significherà un automatico contrattacco a spese del nemico che spesso e volentieri, a seconda soprattutto della stazza, si ritroverà automaticamente in condizioni di subire un letale zandatsu.
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graficamente è accattivante, nella caratterizzazione estetica di tutti i personaggi protagonisti della vicenda, negli effetti particellari, e nelle animazioni del protagonista.

Ovviamente molte variabili sono previste dal gioco, come i diversi livelli di corazza che hanno i nostri avversari a seconda della loro tipologia, e che renderanno perforabile i loro corpi o arti solo dopo diverse combinazioni di attacco. O ancora la diversa natura del loro reparto mosse, non sempre affrontabili con il sistema parry, ma obbligatoriamente da schivare. C’è spazio, insomma, per diverse interpretazioni della sfida proposta. Platinum Games non rinuncia alla propria firma e visionario stile: oltre a un inimitabile gameplay fatto di collisioni perfette e risposte agli input certosine, i cui meriti vanno girati al neo promosso game director Kenji Saito, ex discepolo di Hideaki-Bayonetta-Kamiya, gli sviluppatori condiscono il gioco con trovate e scene davvero spettacolari, schizofreniche e inverosimili (Raiden lancia Metal Gear Ray nell’alto dei cieli come se non ci fosse un domani) e tutta una serie di citazioni alla loro tradizionale cultura animata (chi ha detto Casshern?) e supereroistica con tutine cybernetiche e canzoni pop motivazionali a go-go in ogni divertentissimo scontro finale. E in questa sta la grandezza di MGRR, un piccolo grande gioco onesto, che chiede ai suoi giocatori di essere amato esclusivamente per quello che è.

Ben meno perdonabile è la gestione della telecamera, tallone d’Achille di tutti gli sviluppatori che si cimentino con il genere action.

Sia chiaro, non è senza difetti, anzi ne ha di vistosi: graficamente è accattivante, nella caratterizzazione estetica di tutti i personaggi protagonisti della vicenda, negli effetti particellari, e nelle animazioni del protagonista, che restituiscono sempre un estetica cinetica e una sensazione di impatto nei colpi esaltante, ma sicuramente non è troppo elaborato nei dettagli ambientali e sovente propone scenari poco ispirati. Nulla comunque che rovini il colpo d’occhio in maniera evidente, merito anche di uno stile grafico asettico ma ben caratterizzato e dotato del suo fascino.
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Ben meno perdonabile è la gestione della telecamera, tallone d’Achille di tutti gli sviluppatori che si cimentino con il genere action (ne sa qualcosa anche Itagaki, papà di Ninja Gaiden): a volte vero impiccio ad alti livelli di difficoltà, trovandosi troppo vicina a Raiden delimita molto il campo visivo e pecca di ritardo eccessivo nel seguire gli attacchi dei nemici più aggressivi, permettendo loro spesso di darci dei sonori schiaffi dietro il collo a nostra insaputa.

Molto più consigliato ai fan del genere action che a quelli di Metal Gear, con un po’ di apertura mentale, è comunque considerabile una variazione sul tema rispettosa e rispettabile. Metal Gear Rising Revengeance è un gioco paradossale: semplice e tradizionale ma profondo e innovativo, veloce da portare a termine ma infinito da giocare, che mantiene a lungo il suo appeal grazie a livelli corti ma interpretabili a più livelli di difficoltà e abilità. Un grande action, un carismatico spin-off, un piccolo capolavoro di pura manodopera nipponica, che forse fa poche cose, ma le fa dannatamente bene.