Pacific Drive ha saputo catturare sin da subito un certo interesse da parte di quei videogiocatori che amano i survival e, soprattutto, sono orfani di mostri sacri come S.T.A.L.K.E.R., e per motivi ben precisi. Le analogie tra i due videogiochi sono molteplici, complice l’aver attinto alla stessa musa ispiratrice, quel Stalker di Andrej Tarkovskij uscito nel 1979, a sua volta ispirato a Picnic sul ciglio della strada, dei fratelli Arkadij e Boris Strugackij.
A differenza della trilogia di STALKER by GSC Game World, Pacific Drive si concentra più su altri aspetti di quella Zona che tanto ha affascinato a suo tempo, come le caratteristiche costantemente mutevoli di quest’ultima e, soprattutto, l’importanza del viaggio e quella costante sensazione di mistero che lo Stalker, il Professore e lo Scrittore hanno provato durante il loro girovagare all’interno della zona di esclusione.
Il risultato è un titolo sicuramente non privo di difetti e che alla lunga finisce col risultare ripetitivo, soprattutto se giocato continuamente, ma al tempo stesso capace di coinvolgere alla grande il giocatore grazie a un’atmosfera davvero unica e un’alleata, quella adorabile Station Wagon ispirata alla Buick Estate che vanta una caratterizzazione che davvero pochi mezzi, se non nessuno, possono eguagliare, quantomeno nel medium. No, non c’è BMW M3 GTR o Batmobile che tenga. Ce ne vuole per farmi affezionare a un’auto, e Pacific Drive ci è riuscito alla grande.
Sinossi: cosa accade nel gioco?
In Pacific Drive, ci imbatteremo improvvisamente in un’anomalia che ci teletrasporterà all’interno della Zona D’Esclusione di Olympic, Washington. Il giocatore, che nel gioco viene chiamato semplicemente “Il Guidatore”, conoscerà diversi personaggi lungo il suo tragitto e dovrà trovare un modo per fuggire dalla Zona, che qui è suddivisa in tre macro-aree, ognuna con due settori. Più si va in profondità, maggiore sarà l’influenza della Zona e la presenza di anomalie, dunque il giocatore sarà costretto a pianificare attentamente il proprio viaggio e assicurarsi che la vettura sia a posto, perché sono dettagli come questi che possono salvarvi la vita. Letteralmente.
Pacific Drive dà all’auto una dignità, ed è qualcosa di raro all’infuori dei racing game
Quanto affermato nei primi paragrafi, con quei paragoni, non è un’esagerazione. La Station Wagon, con cui muoveremo i nostri primi passi durante l’intro di gioco, è qualcosa di più profondo del classico mezzo di trasporto che vediamo in altri videogiochi. Si parte innanzitutto dalla messa in moto. Noi dovremo azionare manualmente la chiave guardando all’interno dell’abitacolo. Una volta acceso il motore, dovremo inserire la marcia e solo così potremo muoverci. Si tratta di qualcosa di diverso dal semplice salire e premere RT/R2/W per andare avanti. Il gioco ci spinge a diventare bravi nel mettere subito in moto l’auto e, eventualmente, anche a scegliere se lasciarla in moto col rischio di consumare benzina e batteria o spegnerla con il rischio che, in caso di emergenza, si possa danneggiare il mezzo.
Il veicolo è inoltre governato da una fisica di ottimo livello, tra i picchi se si escludono racing game o in generale videogiochi simulativi come potrebbe essere un Assetto Corsa Competizione, iRacing, Le Mans Ultimate o qualcosa di più sandbox come BeamNG Drive. Pacific Drive si limita parecchio in tal senso, ma lo fa nel modo giusto. Gli pneumatici, ad esempio, influenzano molto la guida e starà a noi scegliere se essere più rapidi sull’asfalto grazie a gomme estive o puntare allo sterrato grazie a gomme tassellate, compromettendo però la resa su asfalto.
Le pendenze andranno inoltre prese con la giusta attenzione, visto che basterà poco per iniziare a indietreggiare, e dovremo anche stare attenti a non forare le gomme nelle varie anomalie che incontreremo, pena il trovarsi con un’auto ingovernabile.
Il gioco è dunque davvero curato in tal senso, a tal punto che quasi dispiace non avere né il supporto al VR né a volanti da gioco. Ironwoods Studios ha però chiarito di avere preso in considerazione il supporto ai volanti, il che è davvero positivo. Personalmente ritengo che avere la scelta di usare un volante sia sempre la miglior soluzione, anche in quei giochi dove non converrebbe. Dopotutto, chi è che non ha mai avuti pensieri del tipo “Sai cosa? Los Santos è davvero bella, quanto mi piacerebbe usare quel G27 che ho sulla scrivania per farci un giro nel chill”. Non a caso, i modder si sono sempre mossi a riguardo. Capito, Rockstar?
La Station Wagon è più di un semplice veicolo. È il vostro riparo ed è la vostra compagna di viaggio
La Station Wagon, però, è anche qualcosa di più di un semplice mezzo. È l’unico riparo sicuro dalle radiazioni e dalle anomalie. È una casa dentro cui rifugiarsi per rilassare i propri nervi dopo essere scampati all’ultimo da un’emissione, ascoltando la radio e illuminando l’area con i fari e la luce interna. È anche, e soprattutto, una compagna di viaggio da accudire riparandola e migliorare nel corso del tempo grazie a un sistema di crafting che non si discosta troppo da altri esponenti del genere. La cura dell’auto va però ben oltre la semplice costruzione di pezzi di più alto livello, che possono essere pannelli corazzati, luci migliori o anche motori più potenti.
La manutenzione sarà un elemento essenziale e dovremo riparare costantemente i pezzi che si danneggeranno lungo il cammino grazie agli strumenti adatti, nonché pensare all’evenienza di dover sistemare una gomma forata o un vetro sfondato. Dovremo inoltre tener conto dello stato della batteria e del serbatoio, da riempire occasionalmente per non restare a secco (cosa molto difficile all’inizio, c’è da dirlo). Come se non bastasse, l’auto può essere colpita da elementi chiamati Quirk, aka ‘Stranezze’. Questi Quirk aggiungono all’auto strani comportamenti, alcuni deleteri mentre altri semplicemente buffi. Un esempio? Mettete la retro e il vostro cofano si alzerà. Starà a noi, dunque, risalire al problema cercando di capire per quale motivo si attiva questo Quirk.
La Zona sa essere spietata…
Per compiere tutte queste operazioni, il giocatore dovrà esplorare ogni anfratto della Zona o smantellare le varie auto e aggeggi elettronici che troveremo. Un compito generalmente facile e che dopo un po’ verrà a noia, e che porta a pensare che forse questo Pacific Drive sarebbe potuto durare un po’ meno, ma che comunque non manca di tensione.
La Zona, dopotutto, è viva e a seconda del momento può decidere di essere benevola o punirci severamente, esattamente come nel Capolavoro di Tarkovskji. Essa è inoltre mutevole e ogni volta che entreremo all’interno di uno dei vari settori della Zona, questo sarà diverso sia nel posizionamento delle anomalie che di alcune strutture secondarie. Non ci troveremo mai, e dico mai, ad esplorare un luogo identico al 100%. Un aspetto, questo, che prende a piene mani proprio dalla Zona di Stalker (1979), più che di quello videoludico.
Va da sé, dunque, che dovremo controllare con attenzione il tipo di anomalie in cui ci imbatteremo lungo il cammino e vi assicuriamo, alcune sono davvero infide. Un esempio sono gli Abductor, quelli più assimilabili a dei veri mostri. Dall’aspetto simile a un UFO, queste anomalie sono capaci di afferrare la vostra auto e lanciarla contro alberi o altri oggetti, facendo grossi danni. Altre anomalie sono invece di natura più dubbia. Una, in particolare, può lanciare la nostra auto a tutta velocità, il che può diventare un vantaggio se la strada è sgombra, ma anche una condanna se sfruttato male. Altre invece sono semplicemente fastidiose, come i Conigli, sfere di metallo che vi salteranno addosso a vista e che devieranno la traiettoria del veicolo.
Nella Zona, però, non troveremo solo anomalie ma anche vere e proprie Emissioni. Chi ha giocato a STALKER avrà già capito di cosa parliamo. Queste emissioni sono generalmente di due tipi. La prima, di colore verde, è lenta e dalla radioattività media. Sarà capace di danneggiare seriamente la vostra auto, ma al tempo stesso può nascondere un piccolo tesoro, dunque buttate un occhio alla minimappa. La seconda, invece, è catastrofica e si attiva, fortunatamente, solo in seguito a precise situazioni.
Questo tipo di emissione, che riconoscerete sia perché avrà un allarme caratteristico, sia per il suo colore rosso, è molto più rapida della prima e sarà capace di demolire la vostra auto in pochi istanti. Per chi vuole, ci sono dei modificatori che aiutano a rendere il vostro viaggio più comodo e che possono essere attivati in qualsiasi momento. Al tempo stesso, però, si rischia di annacquare parecchio l’offerta ludica di Pacific Drive. Piccola nota: attivare uno qualsiasi dei modifier per facilitare la propria impresa disabiliterà la conquista di trofei/obiettivi da quel momento in poi.
… ma sa anche ricompensare i temerari, per poi tornare spietata.
Fortunatamente, la Zona nel suo essere ‘viva’ sa anche ricompensare i giocatori grazie alle sfere Anchor, disponibili in tre tipologie (che sbloccherete man mano che proseguirete con l’avventura) e che si riveleranno fondamentali per sviluppare i pezzi più avanzati o per fuggire da un’area (ma attenzione, una volta attivato il portale dovrete improvvisarvi Sebastien Loeb e muovervi VELOCEMENTE, dunque pianificate bene il tragitto).
La bontà della Zona si vede anche nelle Perle occasionali che troveremo lungo il nostro cammino e in alcuni cassonetti dell’immondizia che ci vomiteranno oggetti di estrema necessità. Il tutto, ovviamente, vi porterà a rilassarvi e pensare “Sai cosa? Quella destinazione dove c’è scritto a caratteri cubitali “DO NOT ENTER” sembra davvero interessante. Quasi quasi ci vado, magari trovo un bottino di assoluto valore”, per poi trovarsi bloccati e perdere tutto, almeno nella maggior parte dei casi. Però alla fine fa parte del gioco. È la Zona.
Sono proprio aspetti randomici come questi, che molti potrebbero giustamente definire frustranti (io stesso mi aspettavo una ricompensa da quell’area, per poi trovarmi bloccato), a rendere la Zona di Pacific Drive così affascinante e che, per assurdo, danno importanza anche a quei momenti di quiete nel proprio garage, mentre costruite pezzi per la vostra vettura, craftate equipaggiamento per il vostro personaggio e fate tutti i preparativi del caso, accompagnati da pochi brani ma a mio gusto davvero belli e che ben si sposano con il contesto.
Pacific Drive è una gioia per occhi, orecchie e mani, grazie al DualSense
Per quanto riguarda la componente tecnica, Pacific Drive si difende egregiamente, quantomeno su PC. Lo stile adottato non deve infatti ingannare. La grafica di gioco, cesellata da UE5, è di ottima fattura. Giochi di luce fantastici poi contribuiscono a regalare scorci meravigliosi, soprattutto quando c’è quel filo di foschia che filtra solo parzialmente la luce. Dove però sono stato davvero colpito è nella resa dei temporali, con effetti particellari ovunque, vegetazione in costante movimento e la sensazione di trovarsi investiti da una furia inarrestabile, tanto da farti quasi sentire la necessità di trovare un riparo nonostante non ce ne sia effettivo bisogno. Ottimo anche il campionamento dell’auto e delle varie componenti, così come lo sono quelli della Zona.
I pregi sono tanti, ma la ripetitività è dietro l’angolo. E manca la localizzazione italiana
Purtroppo, come dicevamo, alla lunga Pacific Drive finisce con il risultare inevitabilmente ripetitivo. Il giocatore sarà sempre più costretto a craftare oggetti, e purtroppo non ci sono particolari alternative sul come procurarsi risorse se non appunto scendere ogni volta dall’auto ed esplorare edifici o smantellare qualche auto. Uno direbbe anche “Grazie, Graziella e Grazie Al…”, ma siamo sicuri che non esistevano modi per rendere il processo quantomeno più avvincente? Chissà, magari risorse diverse, o anche solo qualche anomalia in più che ti inseguisse attivamente. Un altro modo per rendere questa meccanica meno pesante sarebbe stata una modalità co-op, però in quel caso si sarebbe perso il senso di solitudine che rientra tra i punti di forza del gioco.
Il discorso si può applicare anche all’auto in sé, estremamente curata ma che ti fa pensare “bello, però…” perché non mettere la gestione della temperatura? Perché non mettere danni più pesanti per il motore? Perché non dare un effettivo peso all’auto, con magari una maggior usura delle ruote quanto più oggetti carichiamo sul veicolo o aumentare il consumo di carburante? Perché non aggiungere anche la possibilità di dover cambiare marce manualmente con annessa frizione o anche solo la possibilità di usare un cambio automatico ” P N R D”” dove comunque azionare la leva in base alle necessità? Perché, con quella resa spettacolare dei temporali, non si ha un’altrettanto spettacolare resa dell’acqua che si infrange sul nostro parabrezza? I tergicristalli sono utili solo dopo essersi imbattuti in anomalie particolari che oscurano totalmente la vista, ma finisce lì.
Un altro grosso difetto riguarda l’assenza completa di una localizzazione in italiano. Per alcuni, me compreso, ciò non rappresenta un problema. L’inglese parlato nel gioco non è nulla di incomprensibile, quantomeno in situazioni calme, però l’assenza di sottotitoli lo rende quasi ingiocabile per chi non conosce la lingua. In assenza di buoni fondamentali, ci si troverà inevitabilmente in pesante difficoltà con il proseguire nel gioco. Questo purtroppo è un elemento che ha pesato in fase di recensione.
Pacific Drive diventerà un piccolo cult? Lo vedremo col tempo
In conclusione, Pacific Drive rappresenta un’esperienza sicuramente degna di essere quantomeno sperimentata. Non parliamo di un gioco capace di ridefinire un genere o un capolavoro come potrebbero esserlo Subnautica o The Outer Wilds, e solo il tempo ci dirà se sarà un cult come i tre STALKER.
Il gioco ha innegabili qualità e un’atmosfera davvero impareggiabile, ed è uno di quei giochi dove la bellezza sta anche nel viaggio stesso, persino più che nella meta. Pianificare il tutto è essenziale. Su PC è una gioia per i sensi, sia visivamente che acusticamente, e alcune meccaniche di gameplay sono davvero coinvolgenti.
Per chi ha un DualSense, è una goduria anche fisicamente, visto che supporta il feedback aptico, pregio che si ha – ovviamente – anche sulla versione PS5. Il tutto va un po’ a sfumare per quei difetti menzionati precedentemente e per quelle feature assenti che però avrebbero arricchito parecchio l’esperienza, già comunque profonda. La maggior parte di quelle idee citate in precedenza, comunque, non è roba che che non possa arrivare con un aggiornamento o anche con un ipotetico sequel.
Il gioco è sviluppato da Iron Wood Studios, edito da Kepler Interactive e disponibile su PC e PlayStation 5.