Perché gli spy game non funzionano. Il retroscena dell’abbandono del progetto “Agent” di Rockstar Games

Rockstar Games Agent spy game canceled open world

L’industria videoludica ci ha abituati a mondi aperti, libertà di azione, esplorazione senza confini. Eppure, quando si tratta del genere “spionaggio”, qualcosa sembra non collimare. Recentemente il co-fondatore di Rockstar Games, Dan Houser, ha svelato i motivi dietro l’abbandono del suo ambizioso progetto Agent, annunciato già nel 2009 ma mai pubblicato. Secondo Houser, «quello che funziona nei film di spie non funziona nei videogiochi open-world».

In questo articolo analizzeremo il caso di Agent, spiegheremo perché Rockstar ha deciso di congelarlo, e metteremo in prospettiva il recentissimo annuncio di IO Interactive con 007 First Light, che sembra tracciare una via alternativa.

Il progetto Agent: cosa sapevamo e cosa è successo

Agent era inizialmente presentato come esclusiva PlayStation 3, ambientato durante la Guerra Fredda, e destinato a un pubblico amante dello spionaggio e del thriller internazionale. Tuttavia, negli anni il progetto cambiò più volte direzione: Dan Houser ha rivelato che furono realizzate cinque versioni diverse del gioco, ma nessuna riuscì a trovare la “giusta formula”.

Secondo le parole dello stesso Houser: «Non ci siamo riusciti… ho concluso che non funziona. E ci penso ancora a letto». Il motivo risiede nella struttura narrativa del genere spionistico: film come quelli di James Bond impongono un arco stringente, missioni con scadenze, sequenze concentrate e urgenza costante. In un mondo aperto, invece, il giocatore può “perdersi”, esplorare, deviare dal racconto principale, ed è qui che emerge la contraddizione. Come evidenziato da Houser: «In un open world puoi avere momenti quando la storia si unisce, ma per grandi porzioni sei solo in giro a fare quello che vuoi… Ecco perché funziona bene essere un criminale: non hai qualcuno che ti dice cosa fare»

In pratica, l’idea di spia richiede che tu sia controllato, con obiettivi chiari e pericoli imminenti; la libertà totale compromette quell’esperienza. Da qui la decisione di Rockstar: chiudere Agent e concentrare risorse in altri progetti più adatti al suo stile open-world.

Il contesto più ampio: perché il genere spy game è complesso

Questa vicenda non riguarda solo Rockstar. Il genere “spy game” ha faticato più degli altri ad affermarsi come grande franchise videoludico. Il problema non è l’interesse per le spy-story, bensì la loro traduzione in gioco: il giocatore deve sentirsi agente, con obiettivi precisi, momenti di tensione, missioni calibrate. Quando questo si combina con mappe enormi, libertà d’azione e assenza di vincoli, si perde il focus.
In risposta a ciò, alcune software house stanno virando verso approcci più lineari o semi-aperti. Ed è qui che entra in scena IO Interactive con il suo 007 First Light, titolo che sembra voler evitare le trappole del “mondo aperto totale” per riconquistare l’essenza del genere spionistico.

007 First Light: la risposta mission-based al problema

IO Interactive, noto per la serie Hitman, ha annunciato 007 First Light, in uscita il 27 marzo 2026. Il gioco narra l’origine di James Bond, puntando su missioni cinematografiche, location iconiche, azione e furtività. In una recente presentazione è stato sottolineato che «non è un semplice reskin di Hitman», ma un’avventura con veicoli, gadget e narrazione definita.

Questa scelta scenica e progettuale suggerisce una lezione appresa: anziché cercare di forzare il modello open-world nelle spy-story, è più efficace un design che mantenga la struttura stretta del thriller, missione dopo missione, pur offrendo libertà controllata. In tal modo, il giocatore può vivere da agente senza perdere il ritmo narrativo.

In altre parole: se Rockstar ha capito che un open world in stile GTA non si adattava bene alle spy story, IO Interactive sembra adottare un viaggio calibrato verso l’esperienza spionistica, accettando che la libertà totale e la chiamata missione immediata sono in tensione nel contesto videoludico.

Quali lezioni possiamo trarre da questa vicenda

Dal retroscena di Agent emergono riflessioni importanti per chi crea videogiochi e per chi ama il genere dello spionaggio interattivo. La prima riguarda la necessità di adeguare il tipo di gameplay al tema narrativo: la libertà assoluta di un mondo aperto può essere entusiasmante, ma rischia di compromettere la tensione e la coerenza che una spy story richiede. Ogni missione di spionaggio vive di urgenza, di ritmo e di controllo: elementi che difficilmente convivono con la totale autonomia del giocatore.

Rockstar ha poi dimostrato di conoscere i limiti del proprio stile. Il suo modello di gioco funziona perfettamente per ambientazioni criminali, western o sandbox, dove l’imprevedibilità e la libertà sono il cuore dell’esperienza. Ma trasportare quella struttura nel contesto di un agente segreto in missione, vincolato a regole e tempistiche precise, ha mostrato tutti i suoi limiti.

Un altro insegnamento è che l’evoluzione non significa rinnegare il genere. IO Interactive, con 007 First Light, sta cercando di reinterpretare il concetto di gioco di spionaggio senza tradirne la natura, costruendo un’esperienza che privilegia la tensione, l’uso dei gadget, il ritmo narrativo e ambientazioni dal forte impatto scenico.

Infine, questa storia ci ricorda che non tutte le idee possono arrivare fino in fondo. Agent rappresenta un progetto di enorme ambizione che si è scontrato con i confini dello sviluppo e con le esigenze del mercato. È la prova che anche le visioni più innovative devono confrontarsi con la realtà tecnica e narrativa di ciò che un videogioco può, o non può, essere.

Il fallimento del progetto Agent di Rockstar Games, come spiegato da Dan Houser, non è una semplice sconfitta tecnica o economica: è il segnale che non tutti i generi si prestano allo stesso schema videoludico. In particolare, le spy-stories, con la loro urgenza narrativa, difficilmente convivono con la libertà totale che domina gli open world.
Di fronte a ciò, IO Interactive con 007 First Light sembra indicare una strada alternativa: meno mondo aperto, più struttura, più tensione, più missione. Sarà interessante vedere se questa operazione riuscirà dove tante altre hanno faticato. Per chi ama le storie di spie, è una speranza. Per il mondo dei videogiochi, un monito: la forma segue la funzione narrativa.

Fonte: Eurogamer

FONTEEurogamer

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