Orrore. Una semplice parola, che nel mondo dei videogiochi ha assunto diversi significati e sfumature. Era il 1996 e, dopo Resident Evil, nulla sarebbe mai stato lo come prima. Una realtà su cui ha convenuto anche chi al tempo nutriva vari dubbi sul titolo Capcom, che raccoglieva a mani bassi l’eredità dell’indimenticabile Alone in the Dark della defunta Infogrames. Oggi la serie vive un momento di crisi, mentre il genere zombie, grazie a serie come The Walking Dead, attraversa un successo senza precedenti nella storia. Quale occasione migliore dunque per tornare alle origini del male e scoprire dov’è tutto cominciato? La possibilità di riscoprire un capolavoro sotto una nuova luce è la più grande forza di Resident Evil HD Remaster, che recupera il remake uscito nel 2002 su GameCube e lo restaura integralmente, esaltandolo in tutti i suoi aspetti.
Il gioco parla attraverso le luci e le ombre, e tramite esse comunica sensazioni di profondissima angoscia al giocatore.
Bisogna dire che il materiale di partenza era già di per sé ottimo: su GameCube, Resident Evil era un vero e proprio gioiellino, a livello visivo, scenografico, di atmosfere e registico. Capcom ha operato una vera e propria ricostruzione, mantenendo un saldo equilibrio tra l’opera originale e gli elementi che sono stati rimaneggiati. Detto in poche parole, Resident Evil HD Remaster è bellissimo da vedere. E da giocare. Almeno per chi ha superato la soglia dei trenta o si trova a un passo da essa. Gli sviluppatori non si sono limitati infatti a prendere gli sfondi prerenderizzati dell’originale e ad alzare la risoluzione, nossignore: hanno ricostruito in engine gli elementi più iconici dell’ambientazione. Il risultato è un gioco pulitissimo, che non sembra essere invecchiato nemmeno di un anno. E, allo stesso tempo, è qualcosa di unico che, sfortunatamente, oggi non si vede molto spesso in giro.
Sarete finalmente in grado di correre senza dover premere un tasto aggiuntivo, inclinando al massimo la levetta analogica sinistra.
Chi ha giocato questo questa pietra miliare del videogioco ricorderà infatti quanto il pathos del gioco era costruito intorno alle inquadrature fisse, figlie illegittime di un oscuro matrimonio tra Hitchcock e Raimi, in modo tale che il neo-regista Shinji Mikami traghettasse il giocatore, come un Caronte, in un infernale abisso di ansie e paure costanti. A distanza di 20 anni (sorpresa, sorpresa) tutto ciò funziona ancora a meraviglia e, incredibilmente, meglio di quanto riescano giochi con una data anagrafica molto meno veneranda. Insomma, il primo Resident Evil fa ancora paura, e pure tanta: ogni angolo all’interno della casa potrà celare colui che causerà la vostra morte. Infiniti sono i piccoli dettagli che costellano quest’esperienza e ci permettono di riviverla con occhi nuovi. Passerete nel foyer, e vedrete le luci del candelabro che tremolano leggermente; le superfici sono state interamente rimasterizzate, e donano una sensazione di decadente splendore che non avevamo potuto apprezzare appieno nell’originale.
Il remaster permette di apprezzare l’opera così come era stata anticamente concepita da Shinji Mikami, la cui visione trabocca oggi chiaramente da ogni pixel. Sembra quasi che il level design del gioco fosse stato progetto in maniera simile al set di un film, e non è casuale l’ispirazione proveniente dal Maestro Romero. L’illuminazione è chiaramente uno degli aspetti che è stato maggiormente curato in questo Remaster, ed è apprezzabile tanto dal punto di vista tecnico che estetico.
Gli sviluppatori non si sono limitati infatti a prendere gli sfondi prerenderizzati dell’originale e ad alzare la risoluzione, nossignore: hanno ricostruito in engine gli elementi più iconici dell’ambientazione.
Trattandosi perlopiù di elementi in engine, ora la luce e le ombre si diffondono in maniera viscerale per tutta l’ambientazione; il gioco parla attraverso le luci e le ombre, e tramite esse comunica sensazioni di profondissima angoscia al giocatore. Si tratta di piccoli, grandi accorgimenti che non avremmo mai notato nell’originale, e che oggi tornano alla luce (è il caso di dirlo) in tutta la loro straordinaria potenza.
A livello di gameplay, non troviamo alcuno sconvolgimento. Almeno gli enigmi e il posizionamento delle creature all’interno della magione sono stati ripresi dalla versione per GameCube, per cui se l’unica che avete provato è quella per PlayStation molti dei contenuti del gioco vi appariranno freschi. Ma, come molti di voi staranno già pensando, questa soluzione alimenta l’idea di ritrovarsi di fronte a un “re-remastered”.
Il primo Resident Evil fa ancora paura, e pure tanta: ogni angolo all’interno della casa potrà celare colui che causerà la vostra morte.
Passando invece al sistema di controllo, qui Capcom ha adottato una soluzione che è in grado di accontentare tanto i puristi tanto gli amanti della praticità. È disponibile infatti la mappatura dei comandi originale direttamente “dagli anni novanta”, che era comunque funzionale a un discorso di indebolimento del protagonista che creasse tensione nel giocatore. Per chi invece preferisce un’esperienza più moderna, è disponibile un più accessibile sistema di controllo analogo agli ultimi episodi della serie. A sorpresa, però, fino ad un certo punto. Perché sarete finalmente in grado di correre senza dover premere un tasto aggiuntivo, inclinando al massimo la levetta analogica sinistra…. ma non mirerete con quella destra, con la quale vi sarà consentita soltanto l’inversione immediata e a 180° del personaggio. Né potrete camminare mirando. In definitiva, cambierà ben poco. E sebbene i puristi del caso alzeranno le mani al cielo per la gioia, questo “fittizio” gameplay moderno confonde da una parte e di sicuro non aiuta un granché tutte le nuove generazioni in cerca di un grande classico. Ma i capolavori sono tali anche perché sanno resistere alla prova del tempo. Resident Evil HD Remaster dimostra di sicuro che l’opera di Shinji Mikami è più attuale che mai. È viva e pulsante, come una creatura dannata che tormenta i nostri sonni. Speriamo solo che mostri anche a Capcom stessa quanto si sia perso negli anni… e che è ora di tornare alle origini senza l’ingombrante suffisso di “remastered”.