Il retrogame si trasformerà da semplice hobby a vero e proprio campo di ricerca assimilabile, perché no, ad archeologia e storiografia. A suggerirmi questo pensiero i risultati di una ricerca condotta da VGHF e Software Preservation Network. Stando a quanto emerge: dei videogiochi prodotti prima del 2010 è arrivato a noi – ancora disponibile – appena il 13% del totale. Circa l’87% dei videogiochi prodotti prima di quella data è perduto. Per sempre.
Come spiegano gli autori della ricerca, il 2010 è stato scelto in quanto è a partire da quell’anno – stando ai ricercatori – che la distribuzione digitale ha cominciato a prendere davvero piede.
Ad allarmare le due associazioni è il fatto che, dati alla mano, in nove casi su dieci per accedere a un determinato gioco le opzioni possibili fossero sostanzialmente 3. La prima, ricorrere alla pirateria; la seconda, sperare che una biblioteca (o istituzione simile) abbastanza vicina abbia una copia del gioco che ci interessa (negli USA le libraries conservano anche videogiochi); la terza possedere in prima persona una copia funzionante del gioco che ci interessa. Questo, ovviamente, va esteso anche all’hardware necessario per l’esecuzione dei giochi stessi.
In altri termini, conclude lo studio, se è vero che è naturale come la produzione di determinati giochi e console sia terminata, è anche vero che poco o nulla si è fatta per la loro preservazione lasciando questo compito a collezionisti ed enti che hanno previsto la possibile situazione odierna. Il retrogame, insomma, diventerà un hobby sempre più difficile da praticare.
Tra chi si sta occupando della preservazione, lo ricordiamo, va citata Embracer Group che ha messo in piedi un vero e proprio archivio.