Le nostre ore in compagnia di Rollerdrome sono state un fulmine a ciel sereno; un colpo al cuore a metà strada tra un sorriso ebete stampato perennemente sulla faccia e una visibile confusione ad accompagnarne ogni brutale combattimento. Come poteva un’idea tanto stupida e casuale risultare divertente a tal punto? Lo immaginavamo, il piccolo team di sviluppo mentre si riuniva per la prima volta in ufficio e faceva brainstorming sul prossimo progetto. Dopotutto, dalla casa che aveva tirato fuori OlliOlli – forse il miglior gioco di skateboard degli ultimi decenni – non era difficile tirare a indovinare su cosa si sarebbero lanciati in seguito. Ma in quell’ufficio, forse, il dilemma era palpabile: c’era chi voleva un altro gioco di skateboard e chi, invece, voleva provare qualcosa di completamente nuovo. Uno
sparatutto, ad esempio. Giorni e giorni di litigi dopo, un genio si sarà alzato dalla massa urlante spezzando finalmente il silenzio.
“E se facessimo entrambi?”
A quel punto, è facile immaginare quel famoso meme dei tre ragazzi seduti in fila, alla scrivania, che regalano idee su come migliorare il gioco. Con la differenza che, a questo giro, l’ultimo del gruppo non vola giù dalla finestra. Il suo cervello aveva davvero partorito un’idea da non sottovalutare: aveva partorito Rollerdrome.
Se il tutorial non aveva reso chiarissimo fin dall’inizio quanta profondità avesse questo strano mix, livello dopo livello – e aggiunta dopo aggiunta – ci siam ritrovati completamente catturati da questa distopica visione dello sport del futuro. La protagonista è Hasan Kara (qui, i fan di Silent Hill avranno sicuramente un sussulto) e il suo sogno è quello di diventare campionessa del Rollerdrome. Allo stesso tempo, dovrà far venire a galla una backstory di tradimenti e corruzione nella società che lo organizza, dovendo decidere al contempo se stare al gioco o se fare piazza pulita di tutto il marcio che si cela dietro questa malata forma di intrattenimento. Inutile dirlo, per quanto sia un ottimo modo per spezzare tra una battaglia e l’altra, la trama resta un semplice collante tra le arene. I veri protagonisti sono loro: quei
combattimenti a metà strada tra trick assurdi e headshot chirurgici.
Quello che Rollerdrome fa scattare nel cervello una volta che si è scesi in campo, a dirla tutta, è difficile da spiegare. Sembra quasi di dover dividere le sinapsi tra due giochi completamente differenti che, in qualche modo, dobbiamo comunque far quadrare. L’inizio è chiaramente un disastro, con tasti premuti completamente a caso e una Hasan che fatica a rispondere correttamente ai nostri input. I comandi son perfetti, e non potevamo chiedere niente meno da un gioco dal gameplay così predominante, ma ad essere meno perfetti siamo sicuramente noi, che dovremo costantemente lottare con la costrizione di dover unire spettacolo e brutalità, leggiadria e aggressività.
Se da un lato abbiamo il classico set che vi aspettereste da uno sport su ruote (grind, trick aerei, salti mortali, corse su pareti), dall’altro c’è un intero arsenale a cui dare fondo. Ovviamente, armi precise funzionano meglio contro alcuni nemici, quindi sarà vitale scegliere accuratamente come comportarsi – secondo dopo secondo – anche tra una giravolta e l’altra. Il problema sono i ritmi; Rolledrome richiede vere e proprie piroette mentali. Chi si ferma è perduto, e non macinare punti significa anche non riempire il caricatore di vitali proiettili. Una volta capito che per ripulire le arene si è costretti a stare al gioco del suo folle ballo, si stringono i denti e si scende in pista con le proprie regole. La fantasia omicida concede una libertà fuori parametro e saremo noi – e solo noi – a mettere in atto tutto ciò che ci passa per la testa, senza aiuti di sorta.
Questo significa che Rollerdrome è un gioco brutale, ma che allo stesso tempo regala emozioni enormi quando si riesce a concludere qualcosa. Meglio ancora se over-the-top. Immaginate la scena: siete circondati da tre nemici, magari di potenza diversa. Correte verso uno, gli saltate sopra la testa al rallenty, lo seccate con un headshot dal tempismo perfetto, e vi lanciate verso la prossima rampa. Un
salto perfetto, tiriamo fuori il fucile da cecchino e colpiamo a morte il secondo del gruppo. Siamo ancora in aria ma non abbiamo più proiettili, e questo significa una sola cosa: dobbiamo ricaricarli mentre siamo ancora a mezz’aria. Prima di toccare terra, diamo spettacolo con un bel trick sospeso e tocchiamo terra col caricatore pieno. A questo punto, andiamo incontro all’ultimo superstite, evitiamo la sua mazza da baseball con una rotolata perfetta e, mentre sta ancora finendo lo swing, lo impalliniamo con lo shotgun. Otto righe per spiegare un’azione che, poco ma sicuro, si sarà svolta in meno di tre secondi.
Sopravvivere a una delle tante, fantasiose arene di Rolledrome significa resistere per dieci-venti minuti ai più grandi bailamme della storia del videogioco: l’ultima volta che ci siamo sentiti così in controllo di ovali tanto popolati e letali, a dirla tutta, è stato con Vanquish. E il paragone non è affatto casuale: Rollerdrome condivide molto con la mentalità puramente arcade dei più grandi capolavori. E nel suo
piccolo, Rolledrome è un capolavoro, eccome. Controlli perfetti, bilanciamento da manuale, ritmo studiatissimo e regole solide come la roccia. Finire l’avventura – dalla durata di una manciata di ore – è un’impresa ardua ma non insormontabile. Completare al contempo tutte le richieste secondarie (o, peggio ancora, la campagna extra sbloccabile dopo i titoli di coda) potrebbe invece richiedere interi giorni, settimane o mesi. A dirla tutta, è probabilissimo che la stragrande maggioranza dei giocatori non ci riesca e basta, visto il livello di perfezionismo che richiede ognuno di quegli step. A meno che non si attivino i trucchi nel menu, certo. Ma in quel caso, vi disconosceremmo.
D’altro canto, l’immensa difficoltà di ogni livello avanzato riesce anche a nascondere – ma non così bene – una mancanza di contenuti che potrebbe far storcere il naso a qualcuno. In linea di massima, i livelli unici sono una manciata, la campagna in singolo molto breve e l’avventura extra una semplice reskin della prima, solo con nemici più forti. La modalità multiplayer si limita alle classifiche online, e questo significa che Rollerdrome basa la sua intera longevità sulla rigiocabilità e sul puntare a punteggi sempre più alti da mostrare agli amici. Ed è un po’ il patto infernale che dovrete stringere con lui per non sentire il peso di un pacchetto sì solido, ma contenutisticamente un po’ spoglio.
Se siete tra coloro che non sentono il peso nella ripetizione infinita delle medesime sfide solo per puntare all’high score, allora potete dormire sonni tranquilli. L’anima puramente arcade di Rollerdrome si vede anche in questo, ed è un ‘prendere o lasciare’. Il suo classicismo potrebbe essere indigesto a più di un giocatore moderno, ed è sicuramente da tenere in conto prima di lanciarsi in un acquisto a occhi chiusi. Che, in ogni caso, meriterebbe. Lo meriterebbe perché gameplay così studiati, assuefacenti e innovativi son rari da vedere in un panorama che punta sempre più ai seguiti facili e al clone dell’ultimo prodotto di successo.
Rollerdrome sarà sicuramente una hit dell’estate e, già da ora, è facile prevedere schiere di persone innamorarsene fino alla follia o all’adorazione. Il suo “posso smettere quando voglio”, però, potrebbe facilmente trasformarsi in un’arma a doppio taglio che finirebbe per azzopparlo molto prima del tempo. Una botte piccola, insomma, ma stracolma del vino più buono, dello stile più azzeccato e dei feeling più
divertenti degli ultimi anni (e non solo). Giocatelo su un buon pannello, magari a 120Hz, e lo spettacolo sarà assicurato anche nelle fasi più concitate. E col supporto al controller DualSense di PlayStation 5, è come sentire tra le mani ogni proiettile che scivola nella canna dell’arma. Rolledrome è uno show da cui solo i più duri escono illesi. E voi? Quanto siete duri?