
Per quasi trent’anni il nome “Silent Hill” ha evocato nelle menti dei videogiocatori una sola e inconfondibile immagine: quella di una cittadina americana in riva ad un lago avvolta da una nebbia perenne in cui gli incubi e i traumi degli individui che capitano tra le sue grinfie assumono contorni reali e demoniaci. Quando venne mostrato il primo trailer di Silent Hillƒ , durante la Silent Hill Transmission dell’ottobre 2022 in cui fu anche svelato il remake del secondo capitolo realizzato da Bloober Team, la reazione del pubblico fu piuttosto sconcertata e perplessa.
Il setting nipponico presentato dalle immagini era qualcosa di mai visto prima all’interno del franchise e totalmente slegato da tutto ciò a cui gli appassionati erano stati abituati per due decadi e mezzo, nonostante la presenza di elementi iconici come la fitta nebbia e un tubo di ferro trascinato a terra da una giovane ragazza in uniforme scolastica. A sorprendere però più di tutto erano però i fiori cremisi che sbocciavano ovunque, alla stregua di parassiti senzienti che inghiottivano case, strade e oggetti ma anche gli esseri umani stessi.
Questo immaginario così differente e originale rispetto a quello del passato fece sorgere numerosi dubbi tra fan più sfegatati della serie; c’era chi si chiedeva come potesse collegarsi con gli altri esponenti della serie a livello di lore, chi pensava si trattasse di un reboot in salsa nipponica del primo Silent Hill e chi invece sosteneva che Konami fosse letteralmente impazzita e che avesse appiccicato il nome di un suo brand iconico, in fase di rinascita, a una nuova produzione che non c’entrava nulla solo per il mero gusto di vendere copie.
Dopo un’attesa durata quasi tre anni e numerosi nuovi teaser che trasmettevano sensazioni sempre più contrastanti e ben distanti dal mood tipico della saga, il Silent Hill realizzato dal team tawainese NeoBards Entertainment è finalmente giunto nelle nostre mani e abbiamo avuto il piacere di giocarlo in maniera molto approfondita per circa 18 ore, completando due run e assistendo a due diversi finali.
Silent Hillƒ è quindi un Silent Hill in grado di angosciarci come fecero i primi quattro esponenti storici realizzati dal defunto Team Silent? Ma soprattutto, è un Silent Hill per davvero oppure è qualcosa di nuovo e mai visto prima? Nella nelle prossime righe troverete tutte le risposte che cercate.


Una ragazza, una cittadina avvolta dalla nebbia, antiche divinità. Non siamo in America nei primi anni Duemila ma nel Giappone rurale dell’epoca Showa
Anni Sessanta, nel cuore dell’epoca Showa in Giappone. Hinako Shimizu è una giovane liceale che vive con il padre e la madre in una piccola abitazione tipica giapponese sulle colline di Ebisugaoka, un ridente villaggio rurale in cui il dio Inari è oggetto di culto e la cui economia si regge principalmente sull’estrazione di minerali dalle miniere locali.
Un giorno come un altro, dopo l’ennesima pesante lite in famiglia, Hinako esce di casa per sfuggire alle grida dei genitori e si incammina verso il centro cittadino, che è insolitamente deserto. Giunta all’emporio di dolciumi Chizuruya incontra gli amici e compagni di scuola Shu, Rinko e Sakuko e non appena inizia conversare con loro, una nebbia fittissima, accompagnata dallo sbocciare incessante di fiori rossi, arriva all’improvviso e inizia ad avvolgere tutto inesorabilmente. La ragazza si trova a correre a perdifiato per le strette vie del paesino, cercando di sfuggire al fenomeno inspiegabile, che sta divorando e trasformando con ferocia il mondo in cui è cresciuta ed ha sempre vissuto.
Con queste premesse si apre la narrazione di Silent Hill ƒ, scritta dal talentuoso Ryukishi07, autore delle famose visual novel Higurashi No Naku Koro Ni e Umineko No Naku Koro Ni, trasposte anche nel più celebre formato anime. Anche in questo caso l’autore ha dato prova di abilità, poiché si nota da subito che i dialoghi e la trama di Silent Hill ƒ sono stati realizzati con cura e attenzione, sebbene la regia e i toni si discostino molto da quelli visti nei capitoli classici dell’epoca d’oro. Nonostante ritornino tipiche tematiche legate a folli culti esoterici, famiglie disfunzionali, ragazze vittime di violenza psicologica e traumi che si concretizzano in creature aberranti, riviste però questa volta in chiave orientale, le sensazioni che generano sono molto differenti.
Le conversazioni tra i personaggi sono molto più dirette e meno criptiche rispetto ad un tempo e mancano di quella componente lynchiana fatta di pause innaturali e disturbanti tra una battuta e l’altra, capaci di creare un’atmosfera ‘dreamy‘ di sospensione tra incubo e realtà. Va poi detto che alcuni rari momenti scadono addirittura in un eccessivo didascalismo legato a tematiche attuali, purtroppo presente anche in The Short Message, con messaggi sociali che sembrano rivolti direttamente al giocatore; fortunatamente questo accade solo in un paio di occasioni, ma stride pesantemente con l’eleganza e la delicatezza con cui la serie in passato ha trattato certi temi non poco spinosi. Non si faccia però l’errore di pensare che per questi motivi Silent Hill ƒ non sia valido.
Al contrario, il suo tessuto narrativo è molto stratificato e come nei migliori capitoli della serie, i dettagli più importanti di lore risiederanno non tanto nelle interazioni tra i protagonisti, bensì nei documenti che si potranno rinvenire sparsi nelle varie ambientazioni o nello stesso diario che Hinako avrà con sé e che aggiornerà costantemente. Ricomponendo le informazioni che essi forniranno, come se nell’insieme costituissero un vero e proprio puzzle, si potrà infatti scoprire una storia profonda fatta di dolore, sacrifici e antiche divinità dal sapore squisitamente giapponese e che si potrà apprezzare maggiormente se si è studiato un minimo di folklore e cultura nipponica.
Una run non sarà però sufficiente per svelare ogni segreto che la trama vuole raccontare; avviando una seconda partita a gioco terminato, sarà possibile trovare note, diari e documenti differenti che faranno luce su altri aspetti oscuri della narrazione e allo stesso tempo visitare stanze e luoghi che in precedenza erano volutamente inaccessibili. Le stesse cutscene subiranno variazioni, mostrando dialoghi e situazioni differenti, che messe insieme forniranno al giocatore un quadro generale intrigante e ben congegnato, seppur tanto diverso a livello di emozioni trasmesse rispetto alle iterazioni precedenti, risultando in tutto e per tutto a sé stante, al di là qualche flebile e celatissimo collegamento con altri Silent Hill.
Per vedere quello che il titolo ha da offrire nella sua interezza saranno necessarie almeno cinque run, visti i cinque finali totali da cui il gioco (pare!) essere composto, per un totale di 25-30 ore totali. E per chi volesse saperlo, sì, c’è anche l’immancabile finale UFO. La voglia di scoprire sarà comunque costante e rigiocare Silent Hill ƒ non sarà un peso, perchè i nuovi dettagli che emergeranno ad ogni nuova partita contribuiranno a dare nuove intriganti sfumature a un racconto scritto davvero con attenzione e dovizia.
In linea di massima la storia di Hinako e di Ebisugaoka convince, coinvolge e riesce a terrorizzare grazie all’ottima caratterizzazione dei personaggi, sempre molto credibili nelle loro reazioni e azioni, ma anche grazie a scene piuttosto ‘crude‘ e disturbanti realizzate con maestria. Una in particolare, verso metà gioco, farà rivoltare lo stomaco ai più deboli e rimarrà scolpita a lungo nella loro mente, visto l’immaginario forte e altamente suggestivo da cui è caratterizzata.
Al netto di tutti i punti positivi e della sua indiscutibile qualità, fatta eccezione per il raro didascalismo, va detto però che i fan più puristi e indomiti delle origini della serie potrebbero non apprezzare questa narrazione così differente rispetto al passato, essendo di fatto, slegata da tutta la lore presentata in precedenza e soprattutto disconnessa in toto dalla ‘vera‘ Silent Hill esplorata in (quasi) tutte le opere che compongono la serie. Un’apertura mentale piuttosto ampia è sicuramente richiesta ai veterani, mentre il nuovo arrivato non avrà bisogno di conoscenze pregresse per poter godere appieno dell’ottimo, seppur differente per i canoni della saga, aspetto narrativo del titolo.
Ma ovviamente, in Silent Hill ƒ oltre a vivere una trama disturbante si combattono tante creature orrende e si risolvono enigmi cervellotici, così come è sempre stato.


Il combat di Silent Hill f: tubi di ferro e mazze da baseball contro creature aberranti
In Silent Hill ƒ si combatte e tanto, ma solo con armi bianche. Pistole, fucili a pompe e mitragliette sono totalmente assenti, aumentando notevolmente la sensazione di essere in costante pericolo. Come in Silent Hill 4: The Room e Silent Hill Origins, i vari utensili che si potranno utilizzare a scopo offensivo – l’inventario delle armi avrà una capienza di tre slot – hanno una durabilità e si romperanno dopo un tot di utilizzi. Ovviamente essa sarà più o meno alta a seconda dello strumento utilizzato: un tubo di ferro sarà più resistente rispetto a un coltello da cucina o a un falcetto, ma meno di un possente martello da fabbro.
È quando però si entra in combattimento con i mostri che Silent Hill ƒ inizia a mostrare i suoi difetti. Le animazioni di Hinako sono piuttosto legnose e ingessate, così come la sua schivata risulta piuttosto rigida e il feel che si ha quando si assesta un colpo all’avversario non regala grandi soddisfazioni, poichè la maggior parte di essi reagirà visivamente solo quando si infligge un colpo perfetto durante un contrattacco, ossia quando il nemico assume per un attimo un apposito colore diverso per far comprendere al giocatore che va attaccato in quello specifico momento.
Sarà quindi fondamentale leggere i moveset delle creature e a gestire al meglio la stamina di Hinako per riuscire ad avere la meglio, soprattutto a difficoltà “Impegnativa” in cui infliggeranno molto danno, ma non si può in nessun modo definire Silent Hill ƒ un souls like perché è in tutto e per tutto un survival horror piuttosto classico, quasi old-school. Al di là di un combat system molto basico, non sono la barra della resistenza, la possibilità targettare i nemici e di schivare i loro colpi a rendere il titolo ascrivibile al genere ideato da Hidetaka Miyazaki, essendo privo in tutto e per tutto di una componente ruolistica fatta di numeri e statistiche.
Va detto però che Hinako potrà anche equipaggiare degli Omamori, ossia i tipici portafortuna giapponesi, che potrà raccogliere nelle varie location di gioco, i quali determineranno vari effetti positivi, come ad esempio un aumento della barra della stamina, il recupero della salute dopo la sconfitta di un mostro, l’inflizione di danni extra con un determinato tipo di arma e così via.
Donando poi determinati oggetti, come carcasse di rana o dolci ammuffiti, presso gli Hokora, piccoli santuari che fungono anche da punto di salvataggio, sarà possibile guadagnare punti Fede, spendibili per l’ottenimento di un Omamori casuale o insieme a un Ema per aumentare gli slot dei portafortuna equipaggiabili e migliorare le barre della salute fisica, della stamina e della salute mentale di Hinako.
Quest’ultima, come la resistenza è una novità all’interno della serie e avrà reale importanza se si gioca a partire dalla modalità Azione “Impegnativa“. Essa infatti diminuirà gradualmente quando si userà la Concentrazione, azione che permetterà alla giovane protagonista di ‘leggere‘ meglio il momento in cui sferrare un Contrattacco, o quando un mostro userà un attacco psicologico. Se si verrà colpiti da un attacco di questo tipo mentre è attiva la Concentrazione, il valore massimo dell’indicatore della sanità mentale verrà ridotto e per ripristinarlo sarà necessario spendere fede agli Hokora o utilizzare oggetti specifici come la bibita Ramune. Un occhio di riguardo è importante averlo per l’inventario dei consumabili (diverso da quello delle armi) e limitato come accadeva in SH4: The Room, senza purtroppo aver la possibilità di stipare gli oggetti in eccesso in un baule, mancanza in certi casi abbastanza sofferta perché ci si ritrova costretti ad eliminare senza possibilità di recupero uno Yokan o una Benda che sarebbero potuti tornare utili.
In Silent Hill ƒ ritornano anche le boss fight, anche queste però senza nessun particolare guizzo creativo, in cui sarà necessario schivare e attaccare l’avversario nel momento giusto esattamente come accade con i mostri comuni. Purtroppo di nessuna di queste che fa gridare al miracolo o all’originalità.
Rispetto ad altri Silent Hill, il combat system è quindi sicuramente più stratificato e offre anche una sfida piuttosto interessante, soprattutto ai livelli di difficoltà più alti. Per coloro che non volessero impazzirci esiste comunque una comoda modalità “Storia” che permette di godere del comparto narrativo dell’opera senza doversi impegnare troppo, considerando anche che la sua fattura non è esattamente di pregio, soprattutto quando si è accerchiati da più di una creatura, in cui diventa sostanzialmente impossibile gestire la situazione, con colpi che arrivano da tutte le parti senza che la protagonista riesca a fare granché.
È vero che la saga della ‘Collina Silenziosa‘ non ha mai puntato su questo elemento e ci sta anche che Hinako essendo una ragazza di circa sedici anni che mai ha impugnato un arma sia impacciata nei movimenti, ma questo pesa un po’ quando, sporadicamente, il gioco obbliga a combattere contro nemici comuni per proseguire l’esplorazione, risultando quindi, nel complesso, più action rispetto ad altri capitoli. Fuggire e basta, come capitava ai bei tempi con Harry, James o Heather non sarà sempre consentito o la soluzione migliore.


Un labirinto di fiori in cui un buon cervello è la chiave
Quando si esplora, Silent Hill ƒ mostra la sua arma più potente. Le location che si visitano nel corso della storia sono molto suggestive: Ebisugaoka è contorta, labirintica e misteriosa, le campagne nebbiose che la circondano creano un senso di smarrimento palpabile e il Santuario Oscuro, dimora dell’uomo con la maschera da volpe e luogo in cui Hinako puntualmente si risveglierà dopo essere svenuta trasuda orrore e fascino mistico. In tutto questo l’Otherworld creato formatosi dall’attecchire dei fiori cremisi è originale e suggestivo – non per nulla Silent Hill ƒ si propone di esplorare la bellezza nel terrore – sebbene non raggiunga i picchi malati di quello rugginoso e sanguinolento assaporato nel corso degli anni. Altra nota di demerito è data dal fatto che siano state riprese le sequenze di fuga dal mondo reale che sta venendo invaso direttamente da Shattered Memories e Downpour, elemento che toglie quell’aspetto contemplativo e avvolgente tanto tipico dei primi tre Silent Hill, in cui l’Otherworld era un luogo visivamente aberrante ma sostanzialmente immobile e caratterizzato da silenzi assordanti (per quanto si potrebbe considerare il Santuario Oscuro l’Otheworld ma… ciò è opinabile).
Messo da parte questo aspetto, abbastanza negativo, l’esplorazione di per sé è molto gratificante, complice il gran numero di oggetti curativi, armi e soprattutto documenti che si troveranno in giro. Scandagliare ogni anfratto dei luoghi che faranno da teatro all’avventura e imboccare ogni deviazione possibile prevederà sempre una ricompensa che sia in termine di lore o di puro gameplay, incentinvandola così in maniera più che sapiente. A rendere più comode le peregrinazioni per Ebisugaoka ci penserà anche la mappa – dalla stupenda estetica – che Hinako saggiamente andrà a completare mano a mano che scoprirà nuove strade o zone.
Ma a brillare non è solo l’esplorazione in Silent Hill ƒ; gli enigmi, per cui è previsto un diverso livello di difficoltà così come per le parti action, sono originali, ben studiati e richiederanno un ingegno non da poco soprattutto nelle modalità più difficili. Estrarre una pergamena conficcata nello spaventapasseri corretto in un campo avvolto dalla nebbia, posizionare su un altare cerimoniale degli oggetti in base a un loro elemento decorativo specifico, ma soprattutto individuare i codici degli armadietti dei bambini che frequentavano la scuola media del paese tramite la comprensione di un linguaggio segreto utilizzato tra di loro saranno tutte esperienze che faranno lavorare non poco il cervello del giocatore, esattamente come accadeva nei migliori esponenti della serie. Un puzzle in particolare, verso l’end game, in cui è necessario inserire dei medaglioni in un dipinto con dei buchi che raffigura delle volpi in processione, mi ha fatto perdere la bellezza di un’ora e mezza a difficoltà “Impegnativa” facendomi provare, una volta risolto, una piacevole sensazione di soddisfazione che non sentivo davvero da tanto tempo. Il tutto ovviamente senza un sistema di indizi atti ad aiutare il giocatore.
Come un tempo, si è da soli con un testo composto da informazioni criptiche da cogliere e interpretare per poter proseguire nel viaggio. Anche se certo, su questo va fatta una rassicurazione, in SH ƒ nulla raggiungerà mai i livelli di totale follia e difficoltà dell’enigma del pianoforte della Midwich Elementary School del primo Silent Hill. Quello sì che incute terrore ancora oggi.


Silent Hill f: tremendamente bello da vedere e da ascoltare
Silent Hill ƒ, realizzato in Unreal Ungine 5, si difende visivamente e tecnicamente piuttosto bene. La versione da noi testata e oggetto di questa recensione è quella per PlayStation 5. Sulla versione base della console ammiraglia Sony il titolo gira a 30fps costanti in modalità “Qualità” in cui le texture vengono valorizzate a discapito della fluidità e a 60fps fissi in “Prestazioni“, garantendo un’esperienza estremamente godibile in entrambi in casi. A convincere non troppo sono le animazioni dei protagonisti in generale, un po’ troppo legnose, anche durante le cutscene, ma soprattutto quelle delle creature durante i combattimenti. L’altra faccia della medaglia però è splendente, perchè il design di queste ultime, un mix di carne marcescente e fiori variopinti realizzato dall’artista Kera è unico, particolare e affascinante a differenza invece dei protagonisti, Hinako in primis, che esteticamente non presentano nessun tratto particolare, risultando quasi anonimi, se comparati ad un James Sunderland o a una Heather con la loro aria malaticcia e malsana.
Sul versante audio, ritorna di nuovo lo storico compositore Akira Yamaoka, per la realizzazione dei brani udibili durante l’esplorazione del Fog World a Ebisugaoka. Sebbene non memorabili quanto alcune sue composizioni passate quali Promise, Magdalene o End of A Small Sanctuary, le tracce composte per Silent Hill ƒ riescono a creare la giusta atmosfera e a ricordare vagamente il mood tipico della serie, grazie soprattutto a certe note e strumentazioni che sembrano richiamare i vecchi tempi.
Per le sezioni ambientate all’interno del Santuario Oscuro le tracce sono state invece realizzate da Kensuke Inage (Samurai Warriors), con l’aiuto degli artisti musicali dai e xaki, unendo uno stile di composizione tradizionale giapponese a strumenti moderni, in un risultato convincente che inquieta dal profondo.
Ottimo anche il sound design, con urla dei mostri che fanno letteralmente saltare sulla sedia ed effetti ambientali avvolgenti ovviamente se si gioca, come si dovrebbe, in cuffia. Di buonissima fattura anche il doppiaggio in lingua giapponese, unico in cui converrebbe giocare nonostante la presenza di quello in inglese, per sentirsi totalmente immersi nell’esperienza.


Silent Hill ƒ è davvero un Silent Hill?
Dopo questa lunga disamina è arrivato il momento di rispondere alla domanda fatidica. Silent Hill ƒ sicuramente non è Dark Souls, non è Project Zero o Forbidden Siren – a cui spesso è stato paragonato pre-release per l’ambientazione giapponese – ma non è neanche il ‘nuovo‘ Silent Hill in grado di proseguire la serie in cui molti speravano.
La produzione targata NeoBards Entertainment e Konami è un gioco molto coraggioso che porta un nome importante in grado di catturare l’attenzione di una massa importante di persone, ma di fatto è qualcosa di totalmente nuovo che presenta una lore, una mitologia e personaggi che, in assenza di future contraddizioni, sono a sé stanti e slegati da tutto quello che è stato pubblicato e realizzato all’interno serie in ventisei anni dalla sua nascita. È un titolo che farà infuriare i puristi e gli amanti più stoici delle origini della saga e che forse, in fondo, nemmeno si doveva chiamare Silent Hill, per quanto ne riprenda in chiave giapponese alcune sensazioni e tematiche.
Al di là di quelle che però possono essere le critiche e il suo inquadramento all’interno del franchise, Silent Hill ƒ resta un’esperienza emozionante, ricca di segreti da scoprire e che richiede di essere vissuta e rivissuta più volte per comprenderne appieno il significato, esattamente come un tempo poteva accadere con un Silent Hill 2, sebbene non ne raggiunga neanche lontanamente i picchi folli e creativi e sia ben lontano da quell’atmosfera deprimente e malata. Affrontarlo con una mentalità aperta, come se fosse pura sperimentazione da parte di Konami è sicuramente il mindset migliore da adottare per goderne, al di là di un combat system goffo e non troppo gratificante, che però allo stesso tempo sembra essere tanto simile e in linea con i survival horror dei bei tempi andati.
Se però per voi Silent Hill è solo ed esclusivamente la cittadina in cui Harry va alla ricerca di Cheryl, in cui James si perde in un loop infinito per ritrovare Mary o nella quale Heather si avventura per scoprire la verità si di sé, Silent Hill ƒ sarà un’amara e cocente delusione. Konami in fondo forse poteva aver più coraggio, e chissà, senza il nome Silent Hill forse avrebbe per assurdo accontentato più persone con un gioco, che in fin dei conti, risulta dannatamente bello come un fiore rosso sangue sbocciato all’improvviso.






















