Steam Machine: il futuro del gaming domestico?

Steam Machine Valve editoriale

L’uscita della Steam Deck, nella sua definita incarnazione portatile, aveva spinto i più a ritenere che Valve avesse accantonato l’ambizione di trasformare il PC in una vera e propria gaming device da salotto. La recente rivelazione della Steam Machine ha tuttavia palesato il contrario, restituendoci il profilo di un’azienda determinata a chiudere il cerchio intorno alla missione che lo SteamOS non è mai riuscito a completare. Pur con forme e dimensioni differenti, il progetto resta pertanto lo stesso: una piattaforma in grado di unire la potenza e la versatilità di un Personal Computer di alta fascia alla praticità e alla stabilità prestazionale delle console più note. Di fronte a una premessa che molti equiparano ad una chimera, lo scetticismo di alcuni non ha tardato a manifestarsi. Memori delle problematiche legate alla struttura di un ecosistema modulare come SteamOS, sono ad esempio in tanti a chiedersi perché mai un format bocciato dal pubblico già nel 2015 dovrebbe riuscire ad imporsi nel contesto attuale. Ebbene, la risposta potrebbe trovarsi proprio nella domanda e, per inciso, nella sua declinazione temporale: se dieci anni fa l’iniziativa andò ad impattare contro un mercato ancora impreparato ad una proposta del genere, lo scenario contemporaneo sembrerebbe difatti offrire garanzie di successo molto più elevate. Come certificato da una realtà in cui la console stessa ha ormai assunto connotati da PC ottimizzato e la fruizione digitale dei titoli va sostituendosi a quella fisica, l’attuale universo del gaming appare oggi giorno resto più fluido, ibrido e interconnesso di quanto potesse risultare in passato. In un mondo in cui le linee di demarcazione tra un sistema e l’altro sono sempre meno marcate, un prodotto dall’identità meno definita incontrerebbe senz’altro meno resistenza ideologica da parte degli utenti. Costi permettendo, l’idea che in un futuro prossimo i videogame possano trovare un nuovo, allettante palcoscenico su cui esibirsi non appare così improbabile.

Steam Machine: Collocazione sul mercato e strategie di marketing

Prima di trarre conclusioni affrettate e identificare la Steam Machine come il colosso giustiziere venuto dal pianeta Valve per uccidere le console, è in ogni caso opportuno definirne meglio in target. Stando alle stesse parole dei suoi artefici, la natura open della Steam Machine andrebbe di fatto a costituire un ecosistema alternativo a quello dominato da Sony, Nintendo e Microsoft che, in termini commerciali, si collocherebbe su un binario parallelo. In ragion di ciò, saremmo casomai tentati di inquadrare il PC tradizionale, nella sua declinazione ludica, come sua ipotetica “vittima”. Evitando di indugiare troppo sulla dimensione meramente competitiva della faccenda, preferiamo tuttavia restringere scopi e capacità di questa proposta nell’ottica una macchina che non imponga un unico modello di fruizione, ma offra all’utente la possibilità di personalizzare la propria esperienza di gioco con asset mutuati dalla galassia PC beneficiando, al contempo, di una solidità prestazionale importata dalla sfera console.

Si tratta, nel concreto, di un’idea molto intrigante, ma anche rischiosa, perché questo tipo di libertà potrebbe sedurre lo zoccolo duro della community, lasciando al contempo interdette le masse formate da individui a cui piacere avere un’idea ben precisa di ciò che stanno acquistando.

Sotto questo punto di vista, Valve dovrà sarà probabilmente chiamata a focalizzare il proprio messaggio pubblicitario sul concetto di accessibilità del sistema, garantendo a chiunque l’opportunità di modulare la propria esperienza unica attraverso un’interfaccia pratica, veloce ed intuitiva, perché di certo non basterà puntare sul solo concetto di modularità. Non a caso, le sorti del progetto saranno del resto influenzate anche e soprattutto dal peso rivestito dal probabile costo della macchina: oltre a spiegare bene il motivo per cui questo format rappresenti un valore aggiunto nel quotidiano dei videogiocatori, occorrerà dunque convincerli che i benefici valgano un prezzo ben al di fuori dei parametri standard. Laddove questi due fattori non dovessero presentare un equilibrio saldo, le ambizioni dell’intera iniziativa finirebbero infatti per impattare contro i medesimi ostacoli riscontrati da Steam Deck.

La reazione dei developer

Affinché la Steam Machine possa prosperare, occorrerà necessariamente anche il placet degli addetti ai lavori ed è cruciale identificare le motivazioni reali che spingeranno questi ultimi ad accogliere o respingere il suo impiego. Pur essendo influenzata dalle capacità dell’hardware e all’efficacia dei tool a disposizione, l’opinione di chi i videogame li progetta riflette in ogni caso i segnali che provengono dal mercato: nel caso in cui il sistema dovesse conquistare un bacino d’utenza rilevante in prospettiva economica, il supporto arriverà senz’altro. Se il prodotto restasse invece confinato ad una nicchia di appassionati, questo margine di interesse si restringerebbe invece di molto, maturando conseguenze determinanti sul rispettivo catalogo software.

Fortuna vuole che Valve possa tuttavia contare su una risorsa che nessun’altra azienda possiede e cioè Steam stesso. La piattaforma digitale è ormai un colosso da centinaia di milioni di utenti, nonché una comunità in crescita costante e, in quanto tale, costituisce il vero capitale alla base del progetto. Se il nuovo sistema riuscirà ad integrarsi perfettamente con la Steam Experience classica, assicurando continuità tra sfera portatile, desktop e salotto, sarà quindi legittimo ipotizzare uno scenario promettente. Il resto potrebbero farlo le cosiddette “nuove leve” di consumatori: gamer sempre meno dipendenti da marchi o schieramenti di sorta e molto più interessati alla qualità del servizio, che troverebbero in quest’offerta un punto di convergenza ideale per la fruizione del medium… Sotto questa particolare ottica, la Steam Machine non rappresenterebbe soltanto una scommessa, ma anche un bivio concettuale: preferiamo continuare a giocare utilizzando dispositivi standardizzati oppure è giunto il momento di modulare l’esperienza in base a parametri più versatili?

Ad ognuno di noi l’ardua sentenza.

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