The Game Awards: la cupa realtà dietro il trionfo annunciato di Expedition 33

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Puntuale come un aggiornamento da 20 giga quando hai finalmente trovato il tempo di metter mano al pad, lo spettro dei The Game Awards si è dunque palesato, pronto a tormentare noi vecchi Scrooge con i suoi venefici effetti collaterali. Piuttosto che risolversi nella sola celebrazione dei migliori titoli dell’anno, questa versione poké degli Oscar Cinematografici è infatti solita scatenare polemiche di ogni tipo nella community videoludica, persino quando il vincitore avrebbe i numeri per mettere d’accordo tutti. Il riferimento è ovviamente rivolto ad Expedition 33, titolo che d’indipendente vanta solo la fama il quale, incredibile a dirsi, sarebbe riuscito nell’incredibile impresa di mettere d’accordo stampa e utenti.

Una volta tanto, le perplessità sollevate a riguardo dai soliti brontoloni suggeriscono tuttavia qualche spunto su cui vale davvero la pena di soffermarsi, perché frutto di un’interpretazione dei fatti che va ben al di là dell’evidenza. A detta di certi dissidenti, buona parte dei premi che s’aggiudicherà l’RPG targato Sandfall Interactive potrebbero in effetti non essere figli ad un’opera tanto rivoluzionaria da stravolgere il volto del videogame contemporaneo, ma la sola conseguenza di una proposta più tradizionale di quanto non si creda, la cui completezza ci ha offerto un’esperienza di gioco cui eravamo ormai disabituati. In tal senso, la vera unicità di Clair Obscur consisterebbe più nella straordinaria capacità di attualizzare i criteri strutturali di un genere da troppo tempo confinato al ruolo di nobile decaduto, che nell’individuazione di un nuovo modo di far videogame.

Sotto questa particolare prospettiva, le innumerevoli nomination accumulate dal progetto francese non ci restituirebbero l’immagine di un settore che ha finalmente scelto di premiare la qualità rispetto al successo, bensì il ritratto di mondo così aduso alla mediocrità da scambiare per Messia un buon predicatore. Senza nulla togliere al suo indiscutibile valore, il trionfo Expedition 33 finirebbe allora per assumere i connotati di un’(inconscia?) ammissione di colpa: quella di aver permesso che la ricerca concettuale s’impoverisse a tal punto da spingere la giuria dei The Game Awards a elargire il record assoluto di nomination a un titolo che, nella seconda metà degli anni ’90, sarebbe stato solo uno tra i tanti acuti di categoria e non certo quell’abbagliante faro che rappresenta oggi, nel buio creativo in cui languono le IP di fascia medio alta.

Ciò detto, e qui vi sarebbe materiale per scrivere un altro editoriale, sarebbe forse opportuno iniziare a chiedersi a cosa servano davvero questi premi e che messaggio dovrebbero veicolare. Appurato che il binario da seguire debba assolutamente puntare a prediligere l’arte rispetto al successo, è a nostro avviso vitale che l’evento inizi a puntare i riflettori verso proposte più audaci e innovative, anche a costo di indispettire publisher e platea di riferimento. Viceversa, il tutto si ridurrà alla mera esaltazione dei Top Score d’annata e, per estensione, ad un verdetto tanto telefonato quanto effimero.

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