Su The Last of Us Part 2 grava un peso enorme: quello di un’aspettativa incalcolabile.
Si è parlato davvero tanto di questo titolo negli ultimi mesi, anzi troppo, come dimostrano gli spoiler e i leak sulla trama (veri o meno che siano) che hanno reso una potenziale bomba a orologeria ogni discussione sul web.
Dopotutto, The Last of Us Part 2 è l’ultimo lavoro di Naughty Dog, uno dei migliori team dell’intera industria, e in quanto tali obbligati a migliorarsi a ogni uscita. È anche il seguito, per molti neppure necessario, di uno dei videogiochi più amati dei nostri tempi. E probabilmente divide con Death Stranding il primato di gioco più chiacchierato e atteso degli ultimi anni, accompagnato da un impressionante martellamento mediatico.
Ci sono insomma tutti gli ingredienti per deludere le aspettative e i sogni della gente. Oppure, per un trionfo epocale. L’attesa per la risposta a questo dilemma sta finalmente per finire: tra solo una settimana, il 19 giugno, The Last of Us Part 2 arriverà nei negozi, e potrete mettere anche voi le mani su questo attesissimo titolo.
Intanto però, potete mettervi comodi a leggere quello che ne pensiamo noi, che lo abbiamo già giocato, rigiocato, finito e studiato in ogni sua parte.
“Quando questa storia sarà finita, ti insegnerò a suonarla” – Joel Miller, The Last of Us
Non è un mondo semplice quello di Ellie, ormai una giovane donna e non più una ragazzina, sebbene la comunità dove vive appaia come una piccola oasi di tranquillità. La vita infatti sembra scorrere serena lì a Jackson, e il raggiungimento della piena autosufficienza energetica e alimentare ha reso possibile quel tempo libero durante il quale coltivare le proprie passioni, come imparare a suonare la chitarra; o le relazioni personali, e nello specifico quella con Dina, ormai ben più di una semplice amica.
Certo, c’è ancora chi non vede di buon occhio i rapporti tra persone dello stesso sesso, e come in ogni agglomerato umano ci sono ancora litigi, dissapori e vecchie ruggini, soprattutto quando accompagnate da passati burrascosi e in piena zona grigia per quanto riguarda la moralità.
Non ci sono veri buoni o veri cattivi nel mondo di The Last of Us, ma solo persone che, almeno una volta, hanno dovuto scegliere tra la loro vita o quella degli altri. E questo concetto ce lo aveva già chiarito benissimo il primo capitolo della serie, specialmente durante il suo indimenticabile finale.
Fuori da Jackson però, l’America è ancora un inferno.
Il cordyceps, il fungo che ha causato l’infezione e quasi distrutto la razza umana, imperversa ancora; e ogni risorsa fa sempre gola a chi ne ha di meno. È necessario quindi pattugliare costantemente i dintorni della città, per bloccare sul nascere qualsiasi tentativo di avvicinamento da parte di malintenzionati, siano essi umani o meno.
È proprio durante una di queste ronde che qualcosa va terribilmente storto, dando il via a una serie di avvenimenti drammatici che scuoteranno profondamente Ellie, obbligandola a partire per un lungo viaggio in cerca di vendetta. Tranquilli, ci fermiamo qui per quanto riguarda la trama, non vogliamo svelarvi altro che non sia proprio l’incipit della storia. Il resto, lo scoprirete da soli.
The Last of Us Part 2: un gameplay rodato ma migliorato
Quello che vogliamo dirvi, invece, è quanto The Last of Us Part 2 sia migliorato pad alla mano rispetto al suo predecessore.
In apparenza il gameplay è molto simile, partendo dalla stessa ossatura: un action/adventure in terza persona guidato da una progressione story driven, con una forte componente stealth e una altrettanto importante percentuale di esplorazione e survival. Il tutto accompagnato da una narrazione dall’accentuatissimo taglio cinematografico.
Niente di nuovo si direbbe, ma il fatto che ognuna di queste componenti sia stata fortemente ampliata e perfezionata implica che, in pratica, The Last of Us Part 2 si giochi diversamente rispetto al primo capitolo.
Il primo responsabile di tale cambiamento è sicuramente da identificarsi nell’intelligenza artificiale dei nemici, che compie un passo in avanti estremamente significativo, sia rispetto al primo The Last of Us, che rispetto al livello medio delle produzioni tripla A odierne.
I nemici umani di The Last of Us Part 2, che si tratti di Lupi o di Serafiti (due delle fazioni con le quali ci scontreremo), non sono la classica carne da macello a cui siamo tristemente abituati. Sono anzi estremamente pericolosi, comportandosi in tantissimi modi diversi a seconda della situazione.
Passano infatti dallo stato di tranquillità a quello dei vari livelli di allerta in maniera coerente e credibile. Cominciano a cercarci più o meno accuratamente in base al loro sospetto, si guardano le spalle l’uno con l’altro, si chiamano per nome tra di loro per confermare di stare tutti bene, aumentando ancora di più l’allerta in caso di mancata risposta.
Possono cercarci dietro gli angoli o sotto alle auto, o utilizzare i cani per fiutare la nostra presenza e stanarci. Trovano riparo quando si sentono sotto tiro e ci assalgono quando siamo in difficoltà. Indugiano quando prendiamo in ostaggio qualcuno di loro e si disperano se si accorgono di aver perso un compagno. L’immersione è davvero incredibile, così nelle fasi stealth come in quelle di combattimento, e l’adattabilità dell’IA rende lo scontro ogni volta diverso.
Lo abbiamo già detto nell’anteprima ma ci sentiamo in dovere di ribadirlo, perché è davvero uno dei punti di forza del gameplay: difficilmente supererete una sequenza di gioco allo stesso modo di altri giocatori, e anche rigiocando voi stessi il solito scontro, vi scoprirete costretti a improvvisare soluzioni ogni volta differenti.
La libertà di approccio è quindi molto alta, e il gioco permette di superare le aree nel modo che più ci si addice. I maestri dello stealth potranno raggiungere la propria destinazione senza allertare un solo avversario, muovendosi con cautela e strisciando nell’erba alta, senza versare una sola goccia di sangue…a meno di venire scoperti.
Altri potrebbero affidarsi a una strategia più da guerriglia, cercando di attirare i nemici per eliminarli silenziosamente, o al contrario nel modo più rumoroso e plateale possibile, approfittando del caos generato per sgattaiolare alle loro spalle. Oppure, molto più semplicemente, rimanendo l’unica persona ancora in vita nella zona.
La scelta è nostra, anche se ovviamente dipenderà molto dal livello di difficoltà selezionato.
Un’esperienza su misura per tutti
La difficoltà in The Last of Us Part 2 è modificabile a piacimento in qualsiasi momento dell’avventura, e può essere regolata nel dettaglio per quanto riguarda tutti i suoi possibili elementi.
Si potrà scegliere quanti colpi sarà in grado di incassare la nostra protagonista, quante risorse si potranno trovare in giro, l’aggressività di nemici e alleati in combattimento, e perfino il livello di percezione degli avversari.
Se vorrete godervi fino in fondo la splendida IA del gioco insomma, ma senza morire dopo pochissimi colpi, potrete farlo. Se vorrete un’esperienza hardcore sotto ogni punto di vista, potrete farlo. Se vorrete solo godervi la storia senza pensare a nient’altro…beh, è un po’ un peccato, ma potrete fare anche questo.
Tutti potranno giocare a The Last of Us Part 2 insomma, e a tal riguardo ci fa un infinito piacere segnalare che si tratti del titolo col più ampio parco di aiuti per chi abbia difficoltà visive o motorie che ci sia mai capitato di vedere. Sappiamo bene quanto queste opzioni costino sia in termini di tempo che di risorse, e che quindi non tutti possano permettersi di inserirle, ma è davvero bello che chi possa si impegni seriamente a farlo come Naughty Dog.
Vecchi e nuovi nemici
Oltre agli umani, l’altra grande minaccia di The Last of Us Part 2 sono ovviamente gli infetti: sicuramente meno intelligenti, ma non per questo meno pericolosi.
Le vecchie conoscenze dal primo capitolo non potevano certo mancare, e ritroveremo quindi i Runner, al primo stadio dell’infezione e ancora molto fragili, così come i ben più pericolosi Clicker, completamente ciechi ma dall’udito particolarmente sviluppato, e letali nel corpo a corpo. Altrettanto letali gli Stalker, che approfittando della rinnovata IA messa a punto per il gioco si nasconderanno nelle ombre cercando di colpirci alle spalle (e spesso con successo, a dire il vero).
Non potevano non fare il loro ritorno anche i Bloater, ultimo (forse?) stadio di evoluzione degli infetti: enormi, resistentissimi e inarrestabili nella loro corsa.
A loro si aggiunge una nuova mutazione: lo Shambler, capace come il Bloater di lanciare pustole piene di gas acido.
La pericolosità degli infetti, unita al lavoro fatto sul loro aspetto e sui loro rumori (ma in generale sul sound design in toto), rendono le fasi di gioco contro queste creature incredibilmente tese, specie ai livelli di difficoltà più elevati.
Entrare in un edificio pieno di Stalker, sapendo che al contrario nostro sapranno esattamente dove siamo, fa sentire davvero indifesi. E muoversi alla sola luce di una torcia e con pochi colpi nel caricatore in una zona infestata di Clicker, coi loro movimenti erratici e quell’orribile verso che emettono, è davvero terrorizzante.
C’è poco da dire, pur non essendo il suo obiettivo principale, The Last of Us Part 2 riesce a essere una delle esperienze horror tra le più intense della generazione.
Tutto perfetto quindi fino a ora? Quasi. Ci sarebbe piaciuto infatti avere più sequenze dove infetti e umani condividessero la stessa area, scannandosi tra di loro. Perché quando succede, queste sequenze funzionano davvero alla grande, e aprono la strada ad ancora più opzioni dal punto di vista tattico.
Inoltre, permane la stessa controversa (ma perfettamente comprensibile) scelta di design del primo capitolo, che rende i nostri compagni invisibili agli avversari fino a che non siamo noi a farci scoprire. Fortunatamente però si muovono molto meglio che in passato, e durante la nostra esperienza ci è capitato solo una volta di vedere qualcuno passeggiare beatamente di fronte a una minaccia.
Un mondo più vasto e curato
Oltre all’intelligenza artificiale, l’altro grande fattore di cambiamento nel gameplay è il level design. La promozione al progetto di Kurt Margenau (già game director di Uncharted: The Lost Legacy) si fa sentire, e molte idee sembrano proprio mutuate dal riuscitissimo spin-off di Uncharted 4.
I livelli infatti, soprattutto l’area centrale di Seattle, sono molto più ampi e più sviluppati (anche in verticale) rispetto al primo capitolo, pur rimanendo perfettamente credibili. Ellie non è di certo Nathan Drake in quanto a doti atletiche, e ci mancherebbe visto il contesto più realistico, ma ha acquisito con la crescita alcune nuove abilità molto utili allo spostamento nel mondo di gioco. Ha infatti imparato a nuotare, a cavalcare e a utilizzare corde improvvisate per scalare o per lanciarsi al di là di un vuoto.
L’esplorazione è fondamentale per la progressione, dato che le risorse raccolte saranno indispensabili alla componente di crafting del gioco. Come nel primo The Last of Us potremo fabbricare medkit, fumogeni, molotov, o ordigni rudimentali ma letali.
Potremo potenziare le armi corpo a corpo o creare munizioni speciali, ben più efficaci di quelle normalmente ottenibili in giro o dagli avversari caduti. Inoltre, grazie a dei tavoli da lavoro, potremo anche personalizzare le nostre armi da fuoco, installando mirini, nuove canne o altri tipi di accessori.
Grazie a dei rari manuali di addestramento, solitamente ben nascosti all’interno di aree segrete e totalmente opzionali, potremo potenziare anche la nostra protagonista, incrementandone le capacità. Potremo migliorare la mira, aumentare la velocità del crafting, o essere più veloci e silenziosi quando ci muoveremo di soppiatto. Potremo migliorare la percezione, utilizzando quella sorta di concentrazione sui rumori già presente nel primo The Last of Us, e tanto tanto altro.
Durante le trenta ore che abbiamo impiegato per finire il gioco non ci siamo mai annoiati: l’equilibrio tra le parti giocate (in grande maggioranza) e le cutscene è ottimo, e anche il ritmo della progressione è molto ben calibrato.
La struttura infatti è molto meno schematica che nel predecessore, che pativa a volte di una certa ripetitività nelle situazioni proposte. In tal senso immaginiamo tutti si ricorderanno dell’abuso di una certa zattera di legno…di certo, se ne è ricordata Naughty Dog, ma anche qui non vogliamo svelarvi altro.
Un picco visivo inarrivabile
Nella nostra corposa analisi, prima di passare al giudizio finale, ci siamo lasciati per ultimo quello che invece è subito evidente: da vedere, The Last of Us Part 2 è il picco massimo che il videogioco abbia raggiunto a oggi.
Per capire quanto sia incredibile ciò che avviene a schermo basterebbe ripensare a quanto accadde dopo il video di gameplay dell’E3 2018, quello del famoso bacio tra Ellie e Dina, e che un po’ tutti quanti avevano temuto fosse finto, scriptato. Utenti, stampa e, nel caso del boss di Eidos Montreal, anche qualche sviluppatore.
“Quelle animazioni non possono essere vere”, si diceva. Ellie non può sbattere così realisticamente dopo una schivata. Ellie non può togliersi una freccia dalla spalla a quella maniera, né può estrarne una da un cadavere per infilarla nella sua faretra in quel modo così perfetto. Non può raccogliere un mattone in corsa per lanciarlo contro un nemico, stordirlo, e utilizzarlo come scudo umano con quella naturalezza, mentre tutto intorno volano frecce e pezzi di vetro infranti dalle fucilate.
“Sicuramente sarà tutto scriptato”, si diceva…e invece no, era tutto vero.
La cura riposta da Naughty Dog nelle animazioni, spesso contestuali, è semplicemente fuori dal mondo. E lo stesso vale per quelle facciali, che rimangono impressionanti pure durante il gameplay vero e proprio, e non solo nelle cutscene. Basterà attivare il fenomenale photo mode e ruotare quel tanto che basta la telecamera per cogliere ogni espressione sul volto di alleati e avversari.
Si potranno vedere i sorrisi durante uno scambio di battute, la fatica dopo una corsa a perdifiato, lo stupore negli occhi di un nemico a cui sbuchiamo davanti. La ferocia negli occhi di Ellie mentre affonda la lama nella gola di qualche malcapitato, e gli ultimi rantoli prima della sua morte per dissanguamento.
E tutto questo non è solo sfoggio di infinito talento fine a sé stesso, ma va a impattare significativamente anche sulla fluidità delle sequenze di gameplay, specialmente nel corpo a corpo.
La stessa maniacale cura è stata riposta anche nelle ambientazioni e nella varietà e qualità delle scenografie. Tutto è ricreato e posizionato nel minimo dettaglio, e fa quasi stare male pensare a quanto lavoro ci sia dietro a quella cameretta dei bambini, o a quel negozio da barbiere, che forse non vedremo neanche mai perché situati fuori dalla via principale.
La qualità degli shader è sensazionale, la resa dei materiali eccezionale, i particellari e l’illuminazione divini, e potrebbe seguire tutta un’altra serie di superlativi che vi risparmiamo…tanto avrete già capito di cosa stiamo parlando. E il tutto, almeno su Ps4 Pro (dove lo abbiamo giocato) gira a 30 fps stabilissimi.
Siamo davanti insomma al nuovo traguardo da raggiungere, e a una vera e propria finestra su ciò che ci aspetta nella nuova generazione.
Grande videogioco e grande cinema
Oltre a essere un gran videogioco dal punto di vista tecnico e delle meccaniche però, The Last of Us Part 2 è anche una straordinaria opera d’autore dal punto di vista narrativo.
Neil Druckmann si riconferma come una delle migliori penne prestate al settore, se non la migliore, e anche il suo talento per la regia non è da meno. La direzione degli attori virtuali, e delle voci che li interpretano, è infatti straordinaria. I tempi del racconto sono praticamente perfetti, centellinando le rivelazioni e prendendosi tutto il tempo necessario per concentrarsi sul background dei personaggi.
Sia Ellie che i comprimari, villain o amici che siano, non sono semplici manichini o npc: sono personaggi veri, straordinariamente imperfetti sia nell’aspetto fisico che nel carattere. Sono esseri umani insomma, ai quali viene davvero facile affezionarsi. O detestarli.
O anche entrambe le cose, a seconda di quello che vedremo e faremo accadere a schermo.
“Siamo persone di merda Joel, e da molto tempo ormai” – Tess, The Last of Us
La morale nel mondo di The Last of Us, lo dicevamo anche in apertura, è composta da un’infinita scala di grigi, ed è ovvio che l’ossessione per la vendetta di Ellie non potrà che portarla su vie eticamente discutibili.
È quella stessa ossessione autodistruttiva che caratterizzava il Nathan Drake dell’episodio scritto da Druckmann, il quarto, e che possiamo ritrovare anche in altre figure tormentate dal loro personale concetto di giustizia come il Rorschach di Watchmen, o l’Harvey Keitel de I Duellanti di Ridley Scott.
Una vera antieroina insomma, che attraversa una storia cruda e asciugata da ogni spettacolarizzazione della violenza, non a caso rappresentata in maniera estremamente grafica e brutale. L’intento di Druckmann di farci riflettere sulle nostre azioni è chiarissimo, e alcune scelte narrative dopo la metà del gioco sono così coraggiose che potrebbero fare sinceramente infuriare alcuni giocatori.
Ben più stupido invece infuriarsi a priori per la tematica dell’inclusione, che è effettivamente alla base di una porzione di storia, ma risulta perfettamente inserita nel contesto senza pregiudicare di un solo atomo la qualità stellare della scrittura.
Il capolavoro di Naughty Dog
The Last of Us Part 2, in definitiva, è un gioco che non doveva esistere. Non doveva esistere perché non c’era altro da raccontare dopo il finale del primo, e non poteva esistere perché…”andiamo, quella grafica è troppo bella per essere reale“.
Ma invece esiste. Ha stravinto tutte le sue scommesse, disintegrato ogni dubbio e dimostrato che tutto il clamore e il battage pubblicitario erano effettivamente accompagnati da una sostanza a dir poco maestosa.
Rappresenta il punto più alto della già sfavillante carriera di Naughty Dog, e la summa di un certo modo di fare produzioni ad alto budget.
È la cosa più bella che possiate vedere con un pad tra le mani e una vera e propria pietra miliare per quanto riguarda la maturità registica e narrativa nei videogiochi.
Semplicemente un capolavoro assoluto, che non vediamo l’ora possiate giocare anche voi.