Analizzare una remastered dovrebbe servire non soltanto a soppesare i miglioramenti tecnologici, ma anche a porre in prospettiva storica il titolo che ha subito il trattamento “ringiovanente”. Parlare in termini critici di The Legend of Zelda: Twilight Princess è per me particolarmente difficile, da amante della serie e in particolare di questo capitolo. Erroneamente si tende a pensare a Twilight Princess come a un successore di Ocarina of Time: il gioco, in effetti, nell’ormai lontano 2004 venne pubblicizzato come un ritorno alla Hyrule realistica, dopo la parentesi cartoon di The Wind Waker. Eppure, Twilight Princess è molto, molto di più. L’opera gioca infatti con i registri stilistici tipici della saga, deviando in più di un momento dai suoi canoni e restituendo una fotografia del regno di Hyrule come mai l’avevamo visto prima d’ora. In altre parole, lo stile di Twilight Princess, pur recuperando la malinconia tipica di Majora’s Mask, non ha nulla a che vedere con gli altri episodi, ed è a tutt’oggi una sorta di anomalia all’interno della saga, conosciuta per i suoi toni colorati e tipicamente fantasy.
L’ambientazione, la direzione artistica e l’atmosfera sono senza dubbio i punti di forza di Twilight Princess, nonché la peculiarità che gli permette di resistere così bene ai segni del tempo. Trovare una definizione per questo setting è davvero difficile: potremmo definirlo un western fantasy, con forti influenze dall’epica occidentale (non a caso, il famoso illustratore Frank Frazetta è stato citato dagli artisti del gioco come ispirazione principale). Ma il bello di Twilight Princess è che sfugge alle definizioni: già, perché in questo mondo distorto troveremo anche creature assurde e personaggi pittoreschi che farebbero impallidire persino le stranezze di Tim Burton. Ma non è finita qui, perché il mondo polveroso e decadente di Twilight Princess viene contaminato da un’altra dimensione, il Crepuscolo, che ha invece uno stile digitale, per non dire alieno. La contrapposizione tra questi due universi crea un effetto scenografico dall’impatto decisamente memorabile.
L’ambientazione, la direzione artistica e l’atmosfera sono senza dubbio i punti di forza di Twilight Princess, nonché la peculiarità che gli permette di resistere così bene ai segni del tempo.
Twilight Princess parte quindi sicuramente avvantaggiato: potendo contare su di uno stile così netto e riconoscibile, anche a distanza di così tanto tempo si può chiudere un occhio sulle magagne tecniche, quali una telecamera non allo stato dell’arte e, comprensibilmente, dei modelli poligonali artisticamente validi ma un po’ rozzi per gli standard odierni. Passiamo quindi a snocciolare un po’ di dati tecnici: la versione remastered di Twilight Princess sfoggia una risoluzione in Full HD, con un frame rate solidissimo a 60 FPS. La novità più apprezzabile è la revisione del sistema di illuminazione, particolarmente gradita considerando quanto le luci siano una componente fondamentale per definire il mood di questa Hyrule distopica. L’illuminazione ora è dinamica, il che si nota particolarmente bene durante il ciclo giorno/notte: le ombre, infatti, ora variano con il passare del tempo; non solo, anche la definizione delle ombre dei personaggi è stata riveduta e corretta. In generale, la grafica risulta essere più luminosa e pulita, ulteriormente impreziosita dai rinnovati effetti volumetrici, come ad esempio la nebbia. Come avevamo già accennato prima, il punto debole della produzione sono senza dubbio i modelli poligonali: sarebbe stato auspicabile migliorare almeno quelli dei personaggi principali, anche se probabilmente questo avrebbe creato un fastidioso scollamento con il resto della produzione. Trascurabile l’implementazione dell’amiibo di Link Lupo, che permette di ricaricare le frecce e di sbloccare un dungeon aggiuntivo nelle fasi finali del gioco.
Twilight Princess sfoggia una risoluzione in Full HD, con un frame rate solidissimo a 60 FPS.
A livello di design siamo di fronte alla purezza di un diamante, con dungeon dai meccanismi complessi, che sfidano il vostro intelletto regalando inestimabili momenti di “eureka”. Il tutto è impreziosito dalle dinamiche di Link Lupo, che trasformano il gioco, rendendolo vagamente simile a Okami di PlatinumGames. Dove il titolo brilla più fulgidamente, sia nel carattere che nelle meccaniche, è nella collaborazione tra Link e Midna, la sua compagna del Crepuscolo che si rivela uno dei personaggi più carismatici e memorabili dell’intera saga.
Ma se la mancanza di alcuni elementi, su tutti i dialoghi, erano imperdonabili 10 anni fa, pensate un po’ quanto incidono negativamente nel 2016. Oggi lo standard del fantasy è The Witcher 3: Wild Hunt, ed è chiaro che, semplicemente, Twilight Princess non può competere. Sostanzialmente il gioco non è mai cambiato dai tempi di Ocarina of Time, e se per il fan questo è una garanzia, chi si avvicina per la prima volta alla serie potrebbe percepire il conservatorismo in maniera negativa. Twilight Princess rimane comunque un gioco imbevuto fino al midollo della tipica magia Nintendo dalla qualità inossidabile e dal carisma ineccepibile. Se riuscirete a passare oltre a una presentazione un po’ invecchiata, riscoprirete una perla di design e di caratterizzazione. Non c’è modo migliore, dunque, per tornare a Hyrule, in attesa del nuovo avvento della Leggenda.