Parlare di The Medium non è facile: da una parte chi scrive ha trovato il gameplay godibile ma non totalmente riuscito, dall’altra invece l’intreccio narrativo, l’atmosfera e la messa in scena hanno fatto man mano breccia nell’animo, tanto che già pregustiamo il momento in cui verrà annunciato l’eventuale seguito. Ma andiamo per gradi e partiamo dalla trama e dai temi che tratta.
Una grande storia ben raccontata e un universo narrativo affascinante
Marianne è una medium in grado di comunicare con i morti che ha potuto affinare le sue capacità lavorando nell’agenzia di pompe funebri di proprietà di Jack, suo padre adottivo. A differenza di molti survival horror quindi, non impersoneremo una protagonista ignara e spaventata, anzi, come vedremo più avanti Marianne sarà quasi sempre in grado di decodificare gli orrori a cui assisteremo, e ci tenderà la mano in più occasioni aiutandoci a capire il complesso mondo spiritico, stemperando la tensione in più occasioni.
Il gioco si apre subito dopo la morte di Jack, e durante i preparativi per il funerale ci imbatteremo in eventi paranormali. In seguito a questi eventi, che non racconteremo per evitare spoiler, Marianne si dirigerà in un vecchio hotel di epoca comunista per investigare riguardo una strana chiamata ricevuta, e si imbatterà in situazioni surreali che le faranno scoprire il terribile passato del luogo e le varie storie intrecciate dei personaggi che incontrerà. Lo snocciolamento delle vicende viene orchestrato in modo sapiente con un ottimo bilanciamento tra documenti da leggere, commenti in game di Marianne e cutscene spesso ben ispirate dall’utilizzo dello split screen.
Senza scendere nel dettaglio ci teniamo a dire che la trama e lo storytelling di The Medium sono il vero punto di forza dell’opera. Il racconto è sempre ben narrato, la regia trae beneficio dalla particolarità del sistema Dual Reality (che analizzeremo più avanti) e ci trascinerà in una trama che affonda le radici nella storia contemporanea della Polonia, dall’occupazione nazista fino al governo comunista dagli ’50 agli ’80.
Si trattano temi forti come la pedofilia, l’instabilità mentale, la vita oltre la morte e i rapporti familiari. Non a caso, gli autori hanno dichiarato che le fonti di ispirazione spaziano da Silent Hill a Hellblade, da What Remains of Edith Finch fino alla serie tv originale Netflix Dark. La storia personale di Marianne si incastrerà perfettamente nelle vicende narrate e siamo sicuri che farà breccia nel cuore di molte persone, perché affronta il dramma personale con delicatezza e uno storytelling certosino.
La trama non mancherà di sorprendere per situazioni toccanti e colpi di scena azzeccati e ben costruiti. Gli stravolgimenti di prospettiva presenti dalla metà in poi ci hanno colpito molto, e abbiamo iniziato a capire che in The Medium niente è lasciato al caso: anche il più insignificante dettaglio è stato inserito nel puzzle narrativo che man mano si comporrà dinanzi ai nostri occhi.
È stata riposta grande cura anche nella presentazione dei poteri dei medium, del loro funzionamento nel regno spiritico e nell’impatto che hanno nel mondo reale. Questa cura e precisione nelle logiche fantastiche che regolano il mondo di The Medium ci fa ben sperare anche per eventuali seguiti ambientati nello stesso universo narrativo. Davvero un eccellente lavoro di scrittura.
The Medium: Non chiamatelo survival horror
L’ultima fatica di Bloober Team si presenta, da descrizione, come un horror psicologico. Già da questa categorizzazione si può intuire come il titolo non voglia ricadere sotto la categoria dei survival horror. Infatti, sebbene ad una prima occhiata il gameplay possa ricordare i primi Resident Evil, Silent Hill et similia, i punti di connessione con questi grandi classici sono ben pochi.
In The Medium non si spara, non si picchia, non si gestisce l’inventario e non si esplorano aree molto grandi e ricche di porte, chiavi e scorciatoie. L’interazione si riduce spesso alla risoluzione di qualche enigma (alcuni davvero ben congegnati), ad alcune sezioni hide ‘n seek (molto di moda negli ultimi anni) e soprattutto all’utilizzo dei poteri da medium posseduti dalla protagonista Marianne (in alcuni momenti potremo utilizzare questi poteri anche per “rispondere” alle minacce che ci si parano davanti).
La telecamera fissa certamente ricorda i survival horror anni ’90 ma questa scelta viene sfruttata in modo atipico: viene resa parte integrante del game design e non è mai un ostacolo come poteva avvenire in passato. La mancanza di armi da fuoco, o di scontri con zombie e aberrazioni di ogni sorta evita qualsiasi impiccio tipico di alcuni survival horror con telecamera fissa e controlli tank.
In The Medium nessun mostro che sbuca da un punto cieco e nessun combattimento incastrato tra due cambi di inquadratura ci metterà mai in difficoltà: la progressione rimane fluida, incalzante e totalmente al servizio della narrativa. Non mancheranno però delle sezioni un po’ più complesse, dal level design articolato, e alcuni enigmi ben strutturati. La telecamera fissa, che poi tanto fissa non è, visto che segue una certa idea registica ed accompagna sempre in modo delicato il passo del nostro avatar, viene sfruttata davvero bene dai ragazzi polacchi.
Le ambientazioni sicuramente spiccano grazie ai punti macchina scelti dagli autori, ma il fiore all’occhiello è rappresentato dalla meccanica della realtà dualistica: in diverse situazioni lo schermo si dividerà in due segmenti, sia orizzontali che talvolta verticali. La medesima ambientazione potrà quindi essere esplorata in due forme diverse allo stesso momento: la realtà e il regno spiritico.
La nostra realtà è la Polonia degli anni ’90, tra strutture comuniste abbandonate, fitti boschi tetri e bunker nazisti, mentre il regno spiritico ci catapulterà in un’ambientazione dalle architetture impossibili e surreali, ispirate ai lavori del pittore polacco Zdzisław Beksinski. Bloober Team ha saputo sfruttare molto bene le opere dell’artista polacco e più di qualche volta ci siamo ritrovati incantati di fronte alla magnificenza estetica di alcune strutture o scorci.
Il sistema Dual Reality poi, non serve solamente come orpello estetico ma di fatto è parte integrante del gameplay: durante l’esplorazione in split screen infatti sarà possibile premere X per interagire nel mondo reale e A per interagire nel regno spiritico. Questa distinzione porterà a momenti in cui sarà necessario compiere delle azioni in uno dei mondi per poter proseguire anche nell’altro. Il gameplay però sa sorprendere anche grazie ad altre feature che aggiungono quel pizzico di pepe che rende le scelte del giocatore più profonde del semplice aprire porte, avviare generatori o tirare leve.
Un gameplay dal potenziale inespresso
Come detto poco sopra, il gameplay non è relegato solo alla meccanica dello split screen tra le due dimensioni, ma anzi, presenta diversi elementi molto interessanti che però, forse, potevano essere sfruttati meglio.
Marianne come già sappiamo possiede dei poteri sovrannaturali: oltre all’incredibile capacità di muoversi contemporaneamente in due piani esistenziali differenti è in grado anche di restare ferma nel piano reale e muoversi liberamente nel regno spiritico, proiettando una sua emanazione. Questa capacità però ha un tempo limite, e ogni volta che la useremo premendo il tasto B, vedremo il corpo spiritico della medium scomparire man mano che passano i secondi. Sarà quindi fondamentale esplorare le aree velocemente in cerca di oggetti utili per proseguire o aprire un passaggio prima che la proiezione torni al nostro corpo.
In alcuni punti troveremo degli specchi, e interagendovi sarà possibile trasferirsi completamente verso il regno spiritico e viceversa. Quest’altra feature ci permetterà, in modo diverso, di interagire in un piano esistenziale modificando l’altro, un po’ come accade in una determinata sezione di Dishonored 2.
Inoltre, sempre nel regno spiritico, sarà possibile assorbire energia da alcune specifiche fonti che ci permetteranno di usare altri due poteri di Marianne: lo scudo a bolla e la scarica energetica. Il primo potere è fondamentale per attraversare luoghi infestati da volatili aggressivi o per parare i colpi di alcuni nemici, mentre la scarica energetica sarà utile per riattivare la corrente nel mondo reale o per scacciare via un nemico particolarmente pericoloso.
Non manca poi il consueto tasto adibito all’istinto, premendo LB infatti sarà possibile evidenziare gli oggetti importanti e soprattutto scoprire meccanismi e luoghi nascosti. Oltre a queste meccaniche poi si può trattenere il respiro per evitare di farsi sentire, e c’è la possibilità di camminare silenziosamente cosi da non allertare il grosso demone che ci dà la caccia.
Tutte queste meccaniche lavorano bene tra loro e regalano alcuni momenti di puro gameplay ben strutturato nel game/level design, ci è infatti risultato molto appagante quando siamo riusciti a combinare per bene i poteri di Marianne per risolvere degli enigmi ambientali o per l’apertura di alcuni shortcut. Peccato però che le sezioni in cui è necessario usare tutte queste feature insieme, e in modo intelligente e creativo, siano davvero troppe poche e troppo brevi. Il più delle volte supereremo le aree semplicemente proseguendo in avanti con giusto qualche piccola deviazione per trovare un qualche oggetto della missione o i diversi collezionabili (delle lettere che ampliano e scavano nel profondo delle vicende passate e ci permettono di svelare sempre di più il misterioso intreccio).
Sebbene capiamo la scelta di non voler complicare troppo il gameplay per non rallentare e spezzettare la fluidità del racconto, rimane l’amaro in bocca per tutto questo potenziale “sprecato”. Avremmo preferito insomma vedere alcune aree più aperte e più ricche di situazioni in cui dover usare queste ottime idee in modo creativo, un po’ come avveniva nel mai dimenticato sistema magico visto nel cult Eternal Darkness.
Questo discostarsi dagli elementi tipici del survival horror ci ha portati però a fare delle considerazioni anche sull’elemento della paura e del terrore. Nonostante il gioco presenti delle ambientazioni davvero stupende la mancanza di un vero e proprio combat system ci ha privato di quel tipico terrore che permea opere come Silent Hill o Alone in the Dark.
In The Medium non ci si sente mai davvero in pericolo, non si ha un vero motivo per temere l’oscurità o il regno dei morti a parte brevissime sezioni poco riuscite in cui bisognerà nascondersi ed evitare un demone (ma anche in quel caso l’elemento trial and error annulla qualsivoglia paura di morire). Non ci sono salvataggi limitati come in Resident Evil, o stanze in cui salvare come in Silent Hill, se il demone ci becca, dieci secondi di caricamento e saremo di nuovo lì ad affrontarlo.
Ovviamente anche questo problema deriva dalla scelta degli autori di concentrarsi molto sulla fluidità narrativa evitando di interromperla con game over e ripetizioni delle stesse aree, ma è importante segnalarlo perché sappiamo bene che molti appassionati degli horror non apprezzeranno questa mancanza di pericolo costante.
Inoltre, un altro elemento che intralcia la sensazione di paura e pericolo è dato dalla loquacità della nostra protagonista: essendo lei una medium è ben preparata alle mostruosità che si troverà davanti, e spesso non mancherà di commentarle (a volte anche in modo sarcastico) abbassando ulteriormente la tensione che la soundtrack cerca disperatamente di comunicare. La tranquillità di Marianne di fronte alle terribili visioni che ci accompagneranno per tutto il racconto si trasmetterà al giocatore, discostandosi dal canone tipico dei survival horror, da sempre molto attenti a creare situazioni di panico costante.
The Medium: La next gen c’è e non c’è
The Medium è il primo gioco su Xbox Gamepass uscito in esclusiva per Xbox Series X, Series S e PC. Chi possiede la old gen non potrà giocarci, poiché il gioco risulta essere molto pesante. Ciò è certamente dovuto al sistema Dual Reality, che effettivamente risulta sbalorditivo sia per la velocità con cui queste sezioni vengono caricate, sia per l’eccellente colpo d’occhio che si ha vedendo su schermo due ambientazioni molto diverse tra loro renderizzate allo stesso momento. Gli effetti particellari sono molto fluidi e dettagliati, e le ambientazioni presentano numerosi riflessi negli specchi d’acqua, sui vetri e su determinate superfici particolarmente lucide, grazie alla tecnologia del Ray Tracing.
D’altro canto però, non è tutto oro quel che luccica. I modelli dei personaggi sono buoni ma niente che non abbiamo già visto su Xbox One o PS4. Le animazioni in game non convincono pienamente: in alcuni momenti risultano particolarmente innaturali e ingessate, mentre quelle facciali sono semplici e poco dettagliate; e sebbene il frame rate risulti stabile a 30 fotogrammi è facile incappare in difetti di frame pacing, in micro scatti un po’ fastidiosi e in qualche ritardo nel caricamento delle texture. Niente di particolarmente grave, però sicuramente dispiace vedere alcune sezioni un po’ impastate e con qualche artefatto grafico. Immaginiamo che molti di questi problemi potranno essere risolti con il rilascio di alcune patch.
A livello di sound design invece siamo al top: vento, voci, ticchettii, gocce d’acqua e rumori inquietanti sono estremamente curati. La colonna sonora creata da Arkadiusz Reikowski e dal leggendario Akira Yamaoka (Silent Hill) non sorprende come ci saremmo aspettati, ma ci accompagna per tutta l’avventura in modo delicato e ritmato. In alcuni momenti ci saranno dei pezzi ben riconoscibili e particolari, e soprattutto nelle fasi finali la soundtrack assumerà un ruolo più massiccio e presente.
Nota di merito anche al doppiaggio (solo in inglese), che ci ha regalato momenti davvero suggestivi grazie soprattutto all’interpretazione di Troy Baker, in una veste horror del tutto nuova. Molto riuscita anche l’interpretazione di Kelly Burke nei panni di Marianne, sempre in grado di trasmettere bene l’inquietudine e lo shock di alcuni momenti e il sarcasmo in altri.
The Medium: Un horror che strizza l’occhio alle avventure grafiche
The Medium risulta essere un ottimo gioco, che strizza l’occhio ai classici del survival horror senza però spingere sulla costante sensazione di pericolo tipica del genere.
La personalità di Marianne, unita alla mancanza dei classici combattimenti, rende l’esplorazione molto più piacevole e mai oppressiva. La scelta di Bloober Team di concentrarsi molto sullo storytelling ha sicuramente messo in secondo piano l’azione nuda e cruda. Di contro però, abbiamo una storia davvero memorabile, ricca di spunti tematici, di intrecci ben congegnati e di colpi di scena. L’universo narrativo di The Medium sembra poter essere un ottimo trampolino di lancio per una serie di titoli, che potrebbero far felici i possessori di sistemi Microsoft e di tutti gli amanti dei survival horror. L’idea del regno spiritico parallelo a quello reale, mutuata dal celeberrimo Silent Hill, qui viene sfruttata in modo inedito e innovativo.
Il sistema Dual Reality sicuramente è l’elemento tecnico più impressionante. Abbiamo completato il titolo su Xbox Series X, e sebbene ci siano delle imprecisioni tecniche, consideriamo The Medium un vero gioiellino, anche considerando l’esiguo numero di persone che ci hanno lavorato.
Se ricercate il classico survival horror con armi, gestione dell’inventario, tensione costante ed esplorazione massiva di ambienti ostili The Medium non fa per voi. Piuttosto i ragazzi di Bloober Team hanno confezionato una storia drammatica utilizzando i classici stilemi del survival horror, offrendo un gameplay un po’ ingessato che ricorda le avventura grafiche, ma che non mancherà di sorprendere con elementi e meccaniche a tratti ben strutturati e interattivi, che richiederanno ingegno e logica.
Ricordiamo che The Medium è disponibile in esclusiva su Xbox Series X, Series S e PC. Inoltre è disponibile dal day one anche su Xbox Gamepass, una cosa affatto da sottovalutare.