Una storia muta
Mettendoci nei panni di un’agente dell’FBI, Anne Tarver, Virginia ci immerge in un mondo variopinto e caratterizzato da uno stile visivo particolare, prima cosa che salta all’occhio. Per certi versi ricorda un po’ The Witness, con quella grafica che si allontana dal realismo per dare un tono più pittoresco e cartoon all’opera. Il gioco comincia con la cerimonia in cui viene donato il distintivo del Bureau alla protagonista e già dalle prime battute ci si accorge di come gli sviluppatori abbiano voluto ricorrere a tipiche tecniche di montaggio (jump cuts, match cuts e dissolvenze) dei film e delle serie TV per raccontare la storia. La trama ruota intorno alla scomparsa del piccolo Lucas Fairfax, caso assegnato ad Anne e alla sua partner Maria Halperin: le due devono così recarsi nella cittadina rurale di Kingdom, dove iniziano a indagare e a raccogliere prove che possano portare a una qualche conclusione.
La trama di Virginia evoca continuamente l’ambigua narrazione di David Lynch.
Il gioco pubblicato da 505 Games narra una storia senza dialoghi; non viene mai spiccicata una singola parola dai personaggi e tutta l’avventura è raccontata attraverso le immagini, scelta che complica di gran lunga la comprensione di alcuni avvenimenti. È proprio qui che risiede il fulcro di questo thriller, la capacità di confondere le idee al giocatore, di dargli l’impressione di aver capito cosa sta succedendo per poi smontare le sue convinzioni con le sequenze di gioco successive. La scomparsa di Lucas infatti è soltanto l’evento che dà inizio a una serie di intrecci seguenti, nei quali si troverà coinvolta Anne; Virginia è una storia di tradimenti, inganni e perdite di persone care, che punta a coinvolgere il pubblico emotivamente.