Viaggio onirico
Difficile definirla un’avventura grafica, tuttavia, dal momento che la libertà data al giocatore è davvero minima e non ci sono enigmi da risolvere né puzzle ambientali. Tutto ciò che si deve fare è muovere il puntatore e interagire con i vari oggetti presenti nelle location per passare alla sequenza di gioco successiva, quindi si potrebbe pensare al titolo di Variable State come a un’avventura guidata, più che altro. Le ambientazioni sono ricche ben curate, sia gli interni che gli estremi, ma con quel puntatore che cambia (diventando una specie di rombo) ogni volta che è avvicinato a un oggetto utile per le indagini la difficoltà è ridotta ai minimi termini. Forse avrei preferito un prodotto “più gioco”, perché Virginia è più avvicinabile a un film interattivo o qualcosa di simile che a un videogame.
La storia è raccontata senza dialoghi e le musiche guidano il giocatore.
Ruolo importantissimo viene svolto dal sonoro, che guida letteralmente il pubblico attraverso il susseguirsi delle scene, spesso interrotte bruscamente mediante le tecniche citate in precedenza. Le musiche sono bellissime e nella maggior parte dei casi permettono di comprendere se quello che Anne sta vivendo è un sogno o la realtà: questo susseguirsi forsennato di eventi, di situazioni e di nodi che via via vengono al pettine alternano mondo ordinario e onirico, talvolta molto difficili da distinguere. Virginia è quindi (anche) un’esperienza extracorporea, che fa del simbolismo e del paranormale due aspetti chiave dell’opera; spostarsi in auto, insieme alla propria partner, lungo strade deserte e alberate ricorda molto la prima stagione di True Detective, mentre la trama evoca continuamente l’ambigua narrazione di David Lynch.