Watch Dogs 2 – Hands On

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L’hands on

In quel di Parigi, in una location ispirata allo stile underground del gioco, Ubisoft ci ha invitati a provare quella che in gran percentuale diventerà la versione finale del gioco.
Il PlayGo introduttivo ci ha permesso di prendere confidenza con la pistola-taser, con il sistema di copertura e con il già citato NetHack, la visuale attraverso la quale osservare l’ambiente e “marcare” i nemici, così da seguire i loro movimenti anche attraverso le pareti. Abbiamo potuto vedere anche come uno scontro a fuoco in svantaggio numerico equivale quasi sempre a morte certa ma soprattutto ci ha mostrato immediatamente il nuovo stile di Watch Dogs 2, molto più maturo e informato, a differenza dell’approccio ignorante e stereotipato del primo capitolo. Violazione di accessi, backdoor, controllo dei nodi e molti altri termini utilizzati, influenti anche in termini di giocabilità, ci immergono in un mondo costruito su dinamiche diverse, appunto “sull’hacking” e non “con l’hacking”.
L’obiettivo del gioco come detto è acquisire follower e con essi potenza di calcolo per gestire i bot necessari ad abbattere la Blume. Più follower significa anche più punti abilità da spendere in una delle sette categorie dello skill tree, legate ai tre diversi stili e con essi al tipo di approccio che il singolo giocatore preferisce approfondire. Grazie ai numerosi obiettivi secondari e ai collezionabili sparsi nella mappa si possono acquisire punti extra e quindi diversificare le abilità di Marcus, potenziando magari più stili o più categorie.

Niente più confusione, niente più azioni sbagliate dovute ai comandi, al sistema di puntamento o alla vicinanza tra gli oggetti

watch-dogs-2_4La main operation sulla quale ci siamo concentrati di più è stata Cyberdriver, divisa in più fasi: nella prima abbiamo rubato informazioni segrete da alcuni computer e mail server in degli uffici, nella seconda un’auto da un furgone, nella terza siamo fuggiti a bordo della stessa seminando la polizia. 
Durante la prima fase abbiamo provato tutti e tre gli stili, finendo malamente crivellati di colpi come Aggressor, completando solo metà obiettivo come Ghost e riuscendo senza problemi una volta affidatici al nostro drone da terra nell’approccio Trickster. Nella seconda fase ci è bastato hackerare un auto per distrarre i nemici e intrufolarci indisturbati, mentre nella terza ci è toccato fare i conti con l’hacking alla guida, purtroppo ancora difficile da usare a pieno controllo a causa della velocità che impedisce di ponderare la scelta.
Causa tempo e alcuni divieti ci siamo dedicati poco alle missioni secondarie, ma pare che la monotonia del primo capitolo sia stata sostituita da una personalizzazione più specifica per ogni side quest: magari le azioni da fare finiranno con l’essere molto simili, ma tra quelle provate ognuna aveva una backstory unica e un gameplay molto più ampio del classico “insegui quella macchina e ruba i dati”.

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