Drago e demone
Uno dei motivi principali per cui la saga meriterebbe attenzione (molta più di quanta in realtà ne riceve), è proprio per il fatto che – in maniera più unica che rara – riesce a far coesistere un prodotto godibilissimo sotto l’aspetto del gameplay con una delle trame più complesse e meglio girate della storia del videogioco moderno. Yakuza 0, sotto questo aspetto, non delude affatto; la sua natura di prequel magari gli impone qualche paletto in più del solito, ma le sorprese sono tante, i personaggi divini e l’intreccio appassionante come non mai.
Parliamo, in questo caso, di un’epoca in cui i due protagonisti (Kazuma e “cane pazzo” Majima, per la cronaca) valevano meno di zero, nei loro rispettivi clan. Per coerenza, quindi, gli sceneggiatori hanno puntato a un racconto più “contenuto”, esagerato lo stretto necessario, e con un rafforzato retrogusto politico e poliziesco che, personalmente, ci ha davvero fatto impazzire. Il vero crimine, in realtà, sarebbe anticiparvi altro: sappiate solo che come sempre si partirà da un avvenimento apparentemente minuscolo – un pestaggio, in questo caso – e si arriverà, di lì a poco, a uno dei casi di lotta per il territorio più critici che la serie ci abbia mai presentato.
Chi acquista Yakuza, generalmente, non lo fa solo per menare schiaffi a destra e a manca ai numerosi bulletti che popolano le strade di Tokyo, ma anche per godersi un epico racconto fatto di onore, amicizia, lacrime, amore e violenza. Anche stavolta, statene certi, arriverete ai titoli di coda applaudendo e chiedendovi come sia possibile, anno dopo anno, tirare fuori vicende ancora così sorprendentemente intricate senza mai finire le idee o cadere nello scontato.
Yakuza 0 riesce a far coesistere un prodotto godibilissimo sotto l’aspetto del gameplay con una delle trame più complesse e meglio girate della storia del videogioco moderno.