Non sappiamo con precisione cosa sia cambiato negli ultimi tempi
Senza ombra di dubbio, però, le cosiddette “visual novel” stanno brillando di nuova luce. Doppiamente curioso come ora una parte del loro successo sia merito anche di noi occidentali. Le barriere territoriali, in un’epoca in cui il mondo è più interconnesso che mai, sono ormai linee di divisione mentali, non più materiali.
Vero, si tratta comunque di prodotti di nicchia apprezzati maggiormente dal popolo giapponese, fortemente basati su dialoghi e caratterizzazione dei personaggi, ed è quindi anche normale che molti finiscano per storcere il naso di fronte a una filosofia che, per molti aspetti, non può neanche essere accostata a quella classica del videogioco, nel senso più stretto del termine. L’interazione, quando non completamente assente, è comunque ridotta all’osso, e sono innumerevoli le volte che il giocatore si troverà intrappolato sotto quintali di dialoghi e poco altro.
Tokyo Twilight: Ghost Hunters, invece, cerca di andare oltre. Dopotutto, è normale che qualche volta spunti una proverbiale mosca bianca a mescolare le carte in gioco, nel tentativo di evolvere una collaudatissima base e di elevare il tutto a un livello contenutistico che a cui la concorrenza non ha mai ambito. Qui, ad esempio, gli sviluppatori hanno provato a buttare nel calderone, oltre ai classici elementi da “libro-game”, anche una spruzzata di combattimento strategico. Purtroppo, non sempre quantità equivale a qualità, ed ecco che ci ritroviamo di fronte a qualcosa che ha palesemente fatto il passo più lungo della gamba, che ha tentato di scavalcare l’ostacolo che ha intralciato tutti i suoi colleghi, capitombolando precipitosamente.
Questa “Daybreak Special Gigs” altro non è che una versione rivista e corretta (ma neanche troppo) di ciò che avevamo già visto su PlayStation 3 con l’originale Ghost Hunters. Qualche leggero ritocco al sistema di combattimento, però, non lo rimettono in carreggiata come avremmo sperato.
Purtroppo, non sempre quantità equivale a qualità, ed ecco che ci ritroviamo di fronte a qualcosa che ha palesemente fatto il passo più lungo della gamba.