La vita, si sa, è fatta di piccoli e grandi drammi.
Suddetti drammi, però, si palesano a noi nei modi più inaspettati e, spesso, inconcepibili. C’è chi deve sopportare l’abbandono di una persona cara, chi stringe i denti di fronte alle ormai fin troppo classiche ristrettezze economiche e chi, semplicemente, marcisce dall’interno nella “banale” ricerca di sé stesso. Non capire cosa si vuole, o cosa si cerca, è probabilmente uno dei dilemmi più comuni in cui si possa incappare. A qualcuno pesa, a qualcun altro no, ma cosa accade realmente nel momento in cui si perde la cognizione del proprio essere e non si riesce più a trovare una via d’uscita?
The Lion’s Song, premettiamolo subito, è un prodotto coraggioso e sorprendente, seppur radicalmente peculiare. Così peculiare che potrebbe risultare indigesto, quasi pedante, a chi non si è mai incappato in specifiche situazioni. Allo stesso tempo, però, è capace di dilaniare e di leggere nel profondo dell’anima chi – con le crisi esistenziali – condivide ogni triste giornata. Già solo il concetto di incentrare una saga a episodi sulle piccole, grandi storie di artisti alla perenne ricerca dell’ispirazione può suonare nuovo alle orecchie di molti di voi.
Non c’è un pianeta da salvare, non ci sono fantasiosi escamotage con cui combattere i demoni interiori, non si nuota tra cadaveri, armi, proiettili e non ci si fa strada tra i problemi nella maniera più epica possibile; ci siamo noi, e ci sono queste persone. Queste persone sono però perseguitate da un sogno che, purtroppo per loro, è già diventato una scomoda arma a doppio taglio.
Non c’è un pianeta da salvare, non ci sono fantasiosi escamotage con cui combattere i demoni interiori, non si nuota tra cadaveri, armi, proiettili e non ci si fa strada tra i problemi nella maniera più epica possibile; ci siamo noi, e ci sono queste persone.