Tails of Iron è un soulslike con elementi gdr in 2D, incentrato sulla componente narrativa, totalmente disegnato a mano e con un combat system eccezionale.
La trama è ispirata alla batracomiomachia di Omero, un poemetto ironico che fa il verso alle grandi opere epiche come l’Iliade o l’Odissea, facendo di topi e rane i protagonisti dell’opera.
In Tails of Iron vestiremo i panni del topo Redgie, che dovrà combattere contro rane e larve per ricostruire il suo regno e vendicarsi dell’uccisione del padre, re del Regno dei Topi. La trama è tutta qua, ed è così minimale perché vuole semplicemente essere uno spunto per narrare le gesta eroiche di Redgie; sempre, però, mantenendo un sottotono ironico e fiabesco, che viene trasmesso al giocatore tramite l’unico parlato presente nel gioco, quello del narratore.
Il narratore funziona alla grande, complice anche una scrittura dal tono sempre azzeccato, e riesce ad accompagnare Redgie e il giocatore nelle varie fasi dell’avventura senza essere mai di troppo. Il voice over, purtroppo, è disponibile solamente in inglese, quindi ci siamo dovuti accontentare dei sottotitoli, che, comunque, sono ben realizzati. Non dimentichiamoci però che Tails of Iron è un gioco indie (realizzato da Odd Bug Studio), un piccolo team di cinque persone e qualche collaboratore: pretendere anche il voice over in italiano sarebbe stato forse un po’ eccessivo.
Gli altri personaggi con cui Redgie comunicherà durante l’avventura sono solamente altri topi e alcune talpe. Al posto dei dialoghi gli autori hanno inserito degli effetti sonori che mimano lo squittio dei topi. Gli squittii sono accompagnati da baloons, le nuvolette dei fumetti, nelle quali compaiono dei disegnini che formano una sorta di rebus molto (molto) semplice, che indica al giocatore come proseguire.
Una volta finito il “dialogo”, il narratore ne fa sempre un sunto, molto utile in quei casi in cui non si riesca a cogliere appieno il significato delle nuvolette. Questo sistema è simile a quello visto su Biomutant, ma è molto più snello e meglio realizzato. Sì, in certi frangenti si sente la necessità di un dialogare più spedito, dato che gli squittii alla lunga diventano un po’ ripetitivi, ma i dialoghi e la storia fanno da cornice al vero protagonista del gioco, che è il gameplay.
Il sistema di combattimento è una perla. Sì, ci sono i soliti comandi Souls: parata, parry, attacco leggero, pesante, pesantissimo e attacco dalla distanza.
E da questo punto di vista Tails of Iron non si propone di innovare, ma di riproporre la difficoltà dei Souls rendendola al contempo leggermente più accessibile tramite un sistema di segni che compaiono sopra la testa del nemico, i quali comunicano al giocatore che tipo di attacco il nemico stia preparando. Alcuni attacchi si possono solo schivare, altri si possono schivare o deviare usando il parry, e altri ancora possono essere parati con lo scudo.
Per attaccare, invece, possiamo usare attacchi leggeri, pesanti o dalla distanza. E poi ci sono gli attacchi pesantissimi, che ci consentono di sfondare le difese dei nemici più ostici, quelli con gli scudi. Le cose da fare sono poche, ma bisogna farle bene.
La progressione è molto lineare, e dovremo seguire alla lettera le istruzioni del gioco per proseguire. La sfida, in Tails of Iron, sta solo nei combattimenti, che restituiscono un’impressione di fatica e soddisfazione incredibile, pad alla mano. Effetti sonori e animazioni riescono a trasmettere davvero bene gli sforzi di Redgie nel parare o nell’affondare la spada nelle carni delle rane. Un sistema di combattimento che avrebbe giovato tantissimo del feedback aptico e dei grilletti adattivi del Dual Sense di PS5.
Le boss fight sono molto impegnative, ma non diventano mai frustranti. Moriremo sicuramente qualche volta prima di riuscire a sconfiggere ogni boss, poiché dovremo memorizzarne bene i pattern d’attacco e riuscire a rispondere adeguatamente, ma una volta capiti i movimenti del nemico ci divertiremo, e farlo fuori sarà un’esperienza soddisfacente.
Durante le dieci ore che abbiamo impiegato per completare il gioco il ritmo è stato quasi sempre alto, tranne che per un’oretta un po’ vuota e ripetitiva dopo le prime due ore e mezza circa. Alcune volte, inoltre, può risultare noioso spostarsi da una zona all’altra, nelle rare occasioni in cui non abbiamo potuto usare il viaggio rapido.
Un’ultima sbavatura riguarda il sistema di progressione del personaggio, legato esclusivamente all’equipaggiamento: nonostante il giocatore abbia a disposizione decine e decine di armi e armature, alla fine la differenza fra l’una e l’altra non risulta abbastanza marcata.
Le armature hanno due parametri: la difesa, generica, e una resistenza specifica a determinate specie: zanzare (gli zanzi), rane e larve. Dovremo quindi equipaggiare la giusta armatura a seconda di quali nemici avremo di fronte, e il gioco riesce sempre a farci capire quando è il momento di indossare un’armatura contro le rane, o quando invece ha più senso un’armatura con difesa alta, utile contro tutti i tipi di nemici. Però, dimenticandosi di cambiare armatura, non si percepisce una gran differenza, purtroppo.
La stessa cosa vale per le armi: ci sono spade, lance e asce. Ogni categoria di arma ha un’animazione diversa, ma tutte le armi all’interno della stessa categoria sono uguali l’una all’altra. E ce ne sono davvero tante. Forse una minor quantità di equipaggiamento, ma più differenziata, avrebbe avuto un maggior impatto sul giocatore.
Tails of Iron è interamente disegnato a mano, e l’atmosfera medievale, fantasy e a tratti anche steampunk che si respira all’interno del gioco è fantastica. Atmosfera che viene trasmessa attraverso i disegni, che ritraggono con la stessa cura e minuzia di dettagli non solo i personaggi, ma anche le ambientazioni, che sono sempre vive, anche sullo sfondo.
Una parte importante del gioco, infatti, consisterà nel recuperare le risorse che ci consentiranno di ricostruire il villaggio Lungacoda e il castello del Re dei Topi. E se, all’inizio, sullo sfondo, vediamo i topi pompieri in azione, che cercano superstiti fra le macerie, a poco a poco assisteremo anche alla ripresa del regno. Ai pompieri si sostituiranno i carpentieri, che ricostruiranno case, negozi (ai quali potremo anche accedere) e così via, fino a che la ricostruzione non sarà completa e il villaggio e il castello torneranno a brulicare di topi. Il che, ricordiamolo, per un regno di topi non è una cosa negativa.
Il sonoro è un altro elemento che riesce a trasportarci davvero in questo medioevo fantasy, tramite le melodie pizzicate di un simil-liuto e il suono indistinguibile del cembalo. La colonna sonora, però, si adatta anche all’ambiente. Infatti durante le sfide con le rane, rappresentate come indigene, la musica medievale diventa tribale, e in certi momenti si trasforma addirittura in musica elettronica.
Anche gli effetti ambientali sono sempre al top: i rumori di spada e scudo che collidono; quello del colpo che va a segno nelle carni dei nemici; il ronzio delle zanzare; i passetti di Redgie; lo scricchiolio delle scale a pioli o dei ponticelli di legno; tutto è curato nei minimi dettagli, anche dal punto di vista sonoro.
Tails of Iron è un gioco adatto a chi è in cerca di una sfida tosta, ma molto soddisfacente. Il combat system infatti è sì punitivo, ma senza mai scadere nel frustrante.
A far da contrappunto alla brutalità del combattimento ci sono uno stile visivo particolare e molto riconoscibile, realizzato alla perfezione dai disegnatori, e una narrazione concreta, mai pesante e sempre intrattenente. Un gioco, insomma, che merita davvero di essere giocato, e che ci sentiamo di consigliare.