La nostra recensione di Anniversary Wonder Boy Collection.
“Ancora Tu“, canterebbe Lucio Battisti di fronte a questa collection di titoli dedicata alla vecchia mascotte di casa SEGA/Escape (poi divenuta Westone). Ci eravamo lasciati infatti meno di un anno fa con un’altra raccolta chiamata semplicemente Wonder Boy Collection, senza il prefisso Anniversary. Che differenze ci sono quindi tra le due edizioni?
Beh, meno di quanto dovrebbero in realtà, dato che tutti i Wonder Boy presenti nella collection uscita lo scorso anno sono disponibili anche in questa, che può vantare però la presenza di più versioni differenti dei singoli titoli e di due giochi che erano stati esclusi e “spacciati” per esclusiva della release fisica targata Strictly Limited Games.
“Spacciati” perché appunto chi si era accaparrato (e non certo a un prezzo di favore) la versione in disco per avere quei due giochi esclusivi ha di fatto pagato per un prodotto che può trovare adesso tranquillamente sullo store. E che sarà quindi soggetto, prevedibilmente, alla scontistica aggressiva tipica dei videogiochi in download. Vista la mancanza della possibilità di effettuare qualsiasi tipo di upgrade dalla vecchia versione immaginiamo che neppure gli acquirenti della collection digitale del 2022 saranno felici di avere acquistato a prezzo pieno un prodotto oggi ingiustificatamente “monco”.
Anniversary Wonder Boy Collection insomma è un’operazione commerciale confusionaria ed estremamente discutibile, che ci sentiamo di condannare senza appello. E questa è la doverosa premessa. Ora però passiamo ad analizzare la raccolta nel dettaglio.
Il primo titolo disponibile è ovviamente il classico Wonder Boy, platform a scorrimento datato 1986 che non ha davvero bisogno di troppe presentazioni. Ma le faremo comunque, che qui è pieno di giovincelli: nei panni del cavernicolo (ma non in senso offensivo) Tom-Tom dovevamo imbarcarci in un’avventura tra deserti, mari e foreste per salvare la nostra fidanzata Tanya, rapita dal malvagio Drancon (era il 1986, che volevate pure la trama? NdR).
Il punto di forza del gioco, oltre a una grafica accattivante e una musica assuefacente, era la gestione del tempo. La barra della vita infatti calava in continuazione, non solo quando si inciampava in qualche ostacolo (mentre il tocco dei nemici è chiaramente letale), costringendo il giocatore alla raccolta di frutti che apparivano progredendo lungo i livelli, ristabilendo questa particolare barra della salute.
Molti potrebbero ricordarselo su NES come Adventure Island, il titolo infatti venne convertito quasi pedissequamente sull’otto bit Nintendo da Hudson Soft, ma senza che potesse fregiarsi del nome o delle fattezze di Wonder Boy, acquistato da SEGA per avere in scuderia una mascotte (oltre ad Alex Kidd, QUI la recensione del remake) che potesse rivaleggiare con l’idraulico più famoso del mondo, ben prima del più fortunato Sonic. La cosa buona è che anche la serie di Adventure Island si è evoluta ed è proseguita con ottimi giochi durante gli anni ’80 e ’90, ma questa è un’altra storia (e speriamo un’altra collection).
Tornando a noi, Wonder Boy è presente nelle edizioni arcade (System 1), Master System, Mark III (il nome giapponese del Master System), Game Gear (sia in versione giapponese che occidentale) e un improbabile ma pittoresco SG-1000, la prima sfortunata e semisconosciuta console di SEGA.
La collection prosegue con un altro capolavoro, Wonder Boy in Monster Land, del 1987. Qui le carte in tavola cambiavano decisamente: il gioco passava infatti da un veloce platform a scorrimento obbligato a un action-rpg a scorrimento libero con una certa dose di esplorazione, pur presentando livelli abbastanza brevi e lineari.
Anche perché, sebbene fosse meno pressante, rimaneva il fattore tempo, dato che si perdeva un cuoricino ogni quaranta secondi. Raccogliendo le monete e i tesori sparsi in giro potevamo acquistare armi, scudi, stivali o armature migliori nelle botteghe, aumentando nettamente le nostre possibilità di riuscita nell’impresa di salvare il mondo dal drago cattivo.
Il gioco è disponibile sia in versione giapponese che occidentale, sia per arcade (System 2) che per Master System/Mark III.
Con Wonder Boy III: Monster Lair, del 1988, incredibilmente si cambiava di nuovo. Per metà di ognuno dei suoi livelli infatti il gioco tornava a essere un platform a scorrimento (stavolta automatico), ma la seconda metà si tramutava in uno shooter a scorrimento orizzontale classico, tant’è che si volava schivando proiettili e pure l’armamentario da raccogliere appariva distruggendo un’intera fila di nemici. Ogni livello inoltre si chiudeva con una boss fight dal design sia visivo che ludico mediamente molto ispirato.
Sicuramente Monster Lair è il gioco più debole e “strano” all’interno della serie. Dopotutto anche la trama non è in continuità, e i protagonisti (Leo e Priscilla) sono differenti. Vista l’evoluzione del brand di Wonder Boy nei capitoli seguenti, insomma, ha ora il sapore dello spin-off, ma nel complesso è ancora un titolo decente da giocare. Se non soffrite di tunnel carpale.
Disponibile in versione arcade (System 16) e Genesis (nome americano del Mega Drive), entrambe occidentali.
Il quarto gioco è, tanto per non confondere le acque, Wonder Boy III: The Dragon’s Trap (1989). O Monster World II in Giappone. Come suggerisce il titolo orientale questo era a tutti gli effetti il seguito diretto di Wonder Boy in Monster Land, cominciando esattamente da dove finiva il precedente (anzi, nell’incipit si ripeteva il combattimento col mecha-drago che era alla fine di Monster Land).
Pure lato design si tornava a parlare la lingua dell’action-rpg ma, vista la natura casalinga del titolo (uscito, e qui disponibile, sia per Master System/Mark III che per Game Gear), rinunciando al fattore tempo, precedentemente necessario per non far durare ore una partita in sala giochi (e già quelli bravi ci stavano parecchio su Monster Land, con somma tristezza del gestore).
Potremmo quasi azzardare che Wonder Boy era nato per rivaleggiare con Mario, ma si è trovato poi a combattere con Metroid, vista l’esplorazione libera e i diversi power-up legati alla progressione, qui rappresentati dalla trasformazione in vari animali ognuno con poteri diversi.
In comune con il capolavoro Nintendo però c’è anche il fatto che Dragon’s Trap era, ed è, un videogioco meraviglioso, che volendo potete recuperare pure con uno straordinario remake del 2017 a opera di DotEmu (QUI il trailer), chiaramente non disponibile nella Anniversary Collection visto che parliamo di operazioni e software house diverse.
Il penultimo gioco è Wonder Boy in Monster World (1991), o Monster World III in Giappone. La struttura era ormai consolidata, Wonder Boy aveva trovato la sua strada, e anche Monster World si poneva in continuità ludica con Dragon’s Trap, spingendo però ancora di più l’acceleratore sull’elemento adventure e rpg, con più interazioni con gli NPC e un focus sulle magie.
Quello che cambiava, oltre al protagonista principale, era il sistema di riferimento, che passava dal Master System al Mega Drive con tutte le migliorie del caso a livello grafico e sonoro. A ogni modo nel 1993 il titolo è stato portato pure sulla sorellona a otto bit, e nella Anniversary Collection trovate entrambe le versioni.
Piccola curiosità: sapete cos’altro avevano in comune Dragon’s Trap e Monster World? Non lo sapete? Ve lo diciamo noi: due delle copertine più brutte della storia dei videogiochi (QUI e QUI per guardare l’Orrore dritto negli occhi). Meno male che quello che c’era dentro la cartuccia era, al contrario, splendido.
La collection si conclude con Monster World IV del 1994, ultimo titolo della serie prima del recente Monster Boy and the Cursed Kingdom del 2018 (chiaramente assente) e pure lui tirato a lucido nel remake del 2021 chiamato Wonder Boy: Asha in Monster World (altrettanto ovviamente assente) in onore della protagonista.
Inizialmente uscito solo in Giappone, ma ora disponibile anche in versione occidentale, Monster World IV era davvero un gioiellino che, essendo il più recente ed evoluto, risulta ancora oggi piacevolissimo sia da giocare che da guardare, tradendo i suoi quasi trent’anni solo per alcune scelte di design riguardanti gli enigmi, ora un po’ anacronistiche.
Tirando le somme, non è semplice assegnare una valutazione numerica a Anniversary Wonder Boy Collection.
Da una parte abbiamo una collection finalmente completa di una serie di videogiochi che ha fatto la storia, con almeno due o tre capolavori tra le sue fila. Il comparto extra inoltre è molto esauriente, tra artwork, bozzetti, scansioni di cover/manuali e addirittura la presenza delle mappe di tutti i giochi, che permettono di scoprirne anche i più oscuri segreti. I tipici save state, rewind e continue infiniti poi rendono più malleabili le esperienze arcade più avide dei nostri denari (e non impediscono trofei o achievements).
Dall’altra però c’è un’operazione molto poco limpida, che non può che scontentare i malcapitati acquirenti dell’edizione precedente, uscita solo pochi mesi fa. Decidiamo per coerenza di valutare solo quello che si trova all’interno del codice di gioco, e non fuori. Ma speriamo anche di non rivedere più operazioni simili.