Rachael Lillis, la doppiatrice di Jessie e Misty nella serie animata Pokémon, è venuta a mancare all’età di 55 anni a causa di un cancro al seno. La prima a dare la notizia sui social è stata la collega e amica Veronica Taylor (che sempre in Pokémon ha interpretato Ash Ketchum, la madre Delia e Vera).
La carriera di Lillis è legata indissolubilmente al brand delle creature tascabili nei paesi anglofoni. Oltre a essere la storica voce di Misty e Jessie, ha prestato la voce anche ad altri personaggi in altri media come i videogiochi. Ad esempio, nella serie Super Smash Bros è lei a interpretare Jigglypuff e Goldeen. Sarà ancora Jigglypuff nel live action Detective Pikachu del 2019. Tra gli altri personaggi interpretati nel mondo dell’animazione abbiamo anche Charlotte nell’anime di Berserk del 2002 e poi nel film animato del 2012. Lo stesso anno interpreta Miyako Mizawa e Aya Sawada ne Le Situazioni di Lui e Lei.
La notizia della malattia è stata resa pubblica dalla famiglia solo nel maggio del 2024. La sorella, riportano alcune fonti, aveva lanciato una campagna GoFundMe con l’obiettivo di raccogliere fondi per le cure.
La collega Taylor scrive su Twitter: “Tutti conosciamo Rachael Lillis dai numerosi e splendidi ruoli che ha interpretato. Ha riempito i nostri sabato mattina con la sua bellissima voce, il suo incredibile senso dei tempi comici e le sue notevoli doti da attrice”. Nell’immagine a corredo si legge poi: “Rachael è stata uno straordinario talento. Una luce che ha brillato attraverso la sua voce sia che parlasse sia che cantasse. Sarà per sempre ricordata per i numerosi ruoli che ha interpretato nel mondo dell’animazione. Le iconiche performance come Jessie e Misty in Pokémon sono certamente le più amate. Rachel è stata sempre estremamente grata per tutto il supporto e l’amore che le è stato dato durante la sua battaglia contro il cancro, ha davvero fatto la differenza”. La famiglia, si legge ancora nella breve nota, intende ringraziare chiunque abbia deciso di star loro vicino nel dolore che hanno deciso di vivere privatamente.
Fonte: New York Times