
Fino a qualche tempo fa ci dicevamo certi del fatto che il settore Indie avrebbe salvato l’industria videoludica dalla dissennata gestione degli investimenti destinata a trascinare il sistema Tripla A sull’orlo di una crisi finanziaria senza precedenti. Disgraziatamente, i numeri che caratterizzano la crescita dei costi di sviluppo legati al circuito indipendente ci raccontano ad oggi gli estremi di una dinamica inversa:piuttosto che favorire l’affermazione di un modello di business più sostenibile, gran parte degli studi sviluppo autonomi avrebbe ovvero finito per adottare strategie economiche pericolosamente simili a quelle legate alle produzioni di fascia mainstream. Questa percezione trova purtroppo conferma nei numeri, basti infatti pensare che, negli ultimi dieci anni, i budget destinati allo sviluppo di progetti Indie sia levitato da una base media compresa tra i 13.000 e i 15.000 dollari alla soglia dei 300.000, cui si andrebbero ad aggiungere titoli i cui costi abbiano addirittura superato il mezzo milione di banconote griffate George Washington.
Costi di sviluppo alle stelle: la trasformazione del modello indipendente
Logicamente, questo fenomeno non è alimentato dalla matta voglia di bruciare quattrini, ma piuttosto dall’esigenza di tener fede ad aspettative sempre più elevate da parte del pubblico. Onde soddisfare una platea sempre più esigente, ogni studio che aspiri a preservare la propria visibilità sul mercato si trova, in tal senso, costretto ad aggiornare costantemente il proprio assetto aziendale acquisendo spesso di tasca propria licenze software, tecnologia dedicata e strumenti dai prezzi in costante aumento. Sommando a dette spese le uscite legate alla gestione di personale qualificato, la pianificazione dei test volti al controllo qualità e l’allestimento di campagne marketing che possono arrivare ad assorbire fino al 40% del budget complessivo di un progetto, non è difficile credere che, per mantenere in attività un team composto da sole 5 persone per un biennio, serva un capitale che vada dai 250.000 ai 500.000 dollari.
Numeri impietosi: il vero tasso di sopravvivenza degli studi indipendenti
Di fronte a questi dati, il margine per tenere i bilanci in pari non può che rivelarsi estremamente sottile ed è proprio su questo terreno che si sta combattendo l’aspra battaglia per la sopravvivenza dell’intera scena Indie. Benché il numero di produzioni di questa fascia rilasciate ogni mese paia raccontarci di una corrente salubre va difatti sottolineato che, nell’arco di ogni anno fiscale, oltre il 70% dei videogame legati ad essa non generi alcun profitto e che solo l’1% di essi riesca ad esempio a farsi largo nella Top 10 di piattaforme come Steam. Dette percentuali implicano che la metà delle aziende a trazione indipendente non arrivi ad incassare più di 10.000 dollari dalle proprie produzioni: un guadagno con cui si possono al massimo coprire le utenze che, determinando ad un repentino esaurimento dei capitali, abbatte inesorabilmente l’aspettativa di vita di ogni realtà imprenditoriale. Ne deriva uno scenario a tratti desolante che, a conti fatti, ripropone le medesime dinamiche che affliggono la sorte degli studi di sviluppo legati ai grandi brand: se prima bastava tuttavia un flop a tagliarti fuori dai giochi, adesso potresti essere costretto a issare bandiera bianca persino generando profitto, giacché nessuno spenderebbe cento o duecentomila dollari per guadagnarne solo diecimila a pareggio raggiunto.
Serve un cambio di rotta per evitare il collasso del mercato Indie
Alla luce di tutto ciò, non ha chiaramente più senso chiedersi se il settore Indie riuscirà a salvare l’industria. Posto che, con quei numeri a zavorra, si possa ancora parlare di “piccoli studi indipendenti”, dobbiamo domandarci se la fascia indipendente abbia le spalle abbastanza larghe per sostenere il crescente peso dei bilanci che si ritrova a reggere. La risposta, come da copione, ce la darà il tempo. In assenza di un deciso retro front teso a riportare creatività e ingegno al centro dei progetti, dovremo abituarci a vedere centinaia di aziende cadere come foglie secche ad ogni colpo di brezza. Optando per un approccio magari più sobrio che si tenga provvidamente alla larga dagli schemi commerciali mutuati dall’universo delle mega produzioni, le possibilità di raddrizzare il vascello aumenterebbero invece in modo significativo.
Anche i videogiocatori devono fare la loro parte
È opportuno sottolineare che il futuro di questo settore dipenderà anche dalle scelte che faremo noi videogiocatori in sede d’acquisto, perché l’evoluzione dello scenario rimane indissolubilmente legata ai dati provenienti dal mercato. Si spera, pertanto, il pubblico eserciti questo potere con buon senso, tendendo magari a premiare quegli sviluppatori che propongono modelli sostenibili e non quei lupacchiotti travestiti da agnello che sperano, quasi sempre invano, di imbeccare la scorciatoia giusta per accomodarsi al tavolo dei grandi.















