Togliamoci subito il dente: molto probabilmente Baldo non è il gioco che fa per voi che state leggendo questa recensione. O quantomeno non è il gioco che avete immaginato dai trailer.
Certo, che fosse una sorta di Zelda 2D lo si era capito, e a livello di meccaniche e dinamiche di gioco lo è a tutti gli effetti, ma al contrario degli ultimi capolavori Nintendo con Link protagonista Baldo è un titolo cattivo, difficile, criptico, addirittura respingente se non lo si affronta con la giusta impostazione mentale.
Pensate a quando siete rimasti bloccati in Alundra su PS1, a quando non riuscivate a superare quel punto maledetto in Beyond Oasis o Landstalker su Megadrive o, per rimanere in casa Nintendo, ai primi due difficilissimi The Legend of Zelda. Ecco: dal punto di vista della leggibilità e del game design Baldo parla quella lingua lì, una lingua morta ai giorni nostri, e che per motivi anagrafici potreste non aver mai sentito pronunciare in vita vostra, se non nel dialetto dei primi Souls.
Se siete pronti a rispolverarne il dizionario o a impegnarvi a comprenderla da zero allora Baldo può fare per voi, e ha più di qualcosa da dirvi. Altrimenti no. Semplice e cristallino. Ma vediamo insieme perché.
Non c’è un modo migliore per spiegare come sia l’impatto con Baldo che raccontarne le prime ore di gioco.
Baldo è un ragazzino che vive in un piccolo villaggio di campagna col nonno e con la sua amica Luna, in un mondo fantasy chiaramente ispirato nello stile alle opere dello Studio Ghibli (lato Hayao Miyazaki). Non ci sono pericoli o minacce a Kidoge (chissà cosa ci ricorda questo nome…QUI la risposta), tant’è che le primissime quest, secondarie e non, si limitano a farci esplorare il villaggio e i vicini campi coltivati, facendo piccoli favori ai concittadini. Trovare galline disperse, raccogliere e piantare dei cavoli, parlare con alcuni venditori.
Poi però il gioco comincia davvero: Baldo scopre un’antica rovina legata alla leggenda dei Gufi e viene in possesso del Corno del Guardiano (qualcuno ha detto Ocarina of Time?), strumento capace di “risvegliare” misteri e costruzioni di quella antica civiltà. La tappa successiva è un galeone perduto in un mare sotterraneo (qualcuno ha detto The Goonies?), e lì comincia a insinuarsi un preoccupante dubbio nella mente del giocatore: “ma starò sbagliando qualcosa?”.
No, non stiamo sbagliando nulla. Semplicemente il primo dungeon, pieno di tentacoli mortali, ratti e scheletri lo si affronta così, senza neppure un’arma in mano. E se non si è avuto l’accortezza di comprare un costoso scudo in paese (oltretutto con un limite di resistenza) anche senza alcuna difesa, esclusa la schivata. E, se non si è completato una certa quest secondaria, con solamente tre cuori di vita a separare Baldo da una valle di lacrime.
Molto probabilmente moriremo già nella prima stanza del natante, finendo in un buco parzialmente oscurato da una trave posizionata ad hoc in mezzo alla telecamera isometrica. E ancora più probabilmente, se non si è abituati alla sperimentazione e al pensiero laterale tipici di chi è cresciuto con certi giochi (e certe avventure grafiche) rimarremo bloccati al primo enigma, senza capire che una certa campana può essere suonata lanciandogli contro uno dei molti vasi presenti sul galeone, che sono anche l’unico strumento d’offesa delle prime ore di gameplay.
Nessun tutorial, nessun suggerimento, nessuna partenza morbida: Baldo ha una curva di difficoltà che, come in un Another World, può essere paragonata a quella di un muro di mattoni.
In Baldo si muore tanto, tantissimo, continuamente. Ma tanto sul serio. Però la morte non è mai veramente punitiva, perché il gioco ricomincia dopo un velocissimo caricamento esattamente dall’ultima stanza visitata, mantenendo tutti gli eventuali progressi (leve azionate, chiavi raccolte, nemici unici sconfitti) e ignorando le risorse utilizzate a vuoto prima di fallire. Dovremo imparare a conviverci insomma.
Una volta recuperata l’arma (la più classica delle spade) la sensazione di sollievo e di soddisfazione nel triturare quei dannati tentacoli sarà davvero forte, ma ciò non significa che Baldo cominci a fare sconti. Già il primo boss, così come tutti gli altri, richiederà una certa dose di ingegno per essere sconfitto, e una volta usciti dal galeone la porzione di mondo esplorabile si allargherà esponenzialmente, lasciandoci liberi di vagare per un buon terzo della estesissima mappa di gioco.
Proprio la mappa costituisce un’altra difficoltà a cui molti giocatori non sono più abituati, o non lo sono mai stati. Questa infatti non si disegna automaticamente, ma bisogna acquistarla pezzo dopo pezzo dal mercante prima di poterci capire realmente qualcosa. Anche in quel momento però rimane stilizzata, senza possibilità di piazzare segnalini o poco probabili gps. Selezionare una missione ci farà vedere sì il luogo del mondo in cui svolgerla, ma in modo abbastanza vago, e lo stesso vale per la posizione del protagonista.
Per molte ore ci sentiremo persi e dovremo orientarci a senso, individuando i punti unici e chiaramente riconoscibili disegnati sulla mappa (se l’abbiamo), o aiutandoci con le indicazioni degli npc nel caso si stia cercando un luogo o una persona ben precisa. Tutto molto ’90, e pure in questo caso non si deve parlare di difetto ma di caratteristica fortemente voluta e ricercata dal team di sviluppo, pur in netta controtendenza col mercato attuale.
Là fuori, nel mondo esterno, Baldo farà la conoscenza dei veri nemici pericolosi del gioco, identificati con un punto rosso sulla minimappa. Lucertole armate di clava, piante carnivore, lupi mannari, c’è un po’ di tutto sparso per le aree che compongono il mondo, e tutto è pronto a ucciderci con estrema facilità, almeno inizialmente.
Per ogni tipo di nemico servirà capire il pattern più efficace, mentre gettarcisi contro a capofitto martellando i tasti significherà nella stragrande maggioranza dei casi una morte indecorosa. I primi approcci devono essere quasi quelli timorosi che si riservano a un miniboss, e la chiave per la vittoria non risiederà nel “bel combattere” ma nel conoscere i nemici e sfruttarne i limiti.
Pure il combattimento insomma (che con gli occhi di oggi “bello” non è, inutile nascondersi) funziona come in molti giochi d’epoca: lo spazio per l’improvvisazione è ben poco, le opzioni ancora meno (abbiamo un solo tipo di attacco o di combo), e la lettura dei movimenti avversari, troppo rapidi per quelli di Baldo, non funziona in maniera realmente efficace.
Si cercano quindi punti ciechi dove gli avversari non colpiscono, si triggera l’attacco che si vuole posizionandosi alla giusta distanza, si scopre il punto dove il nemico non riesce mai a pararsi e, più in generale, si memorizza il metodo migliore per vincere dopo aver fallito più e più volte. Serve il buon vecchio allenamento trial & error da gioco dei ’90 insomma (e un paio di giovani game designer saranno morti dopo aver letto questa frase).
Diciamolo: è ovvio che un combattimento più moderno e pulito, stratificato, con più mosse e con animazioni realmente leggibili (che avrebbero permesso parry, schivate perfette, azione-reazione e quant’altro) avrebbe migliorato nettamente il gioco, ma tutto questo non è mai stato nelle intenzioni, e probabilmente neanche nelle possibilità, di un titolo come Baldo. Mettiamocelo in testa: Baldo è altro, e vedremo dopo che cosa vuole essere davvero.
In tale ottica quindi l’unica vera critica che ci sentiamo di muovere al combattimento è l’imprecisione nelle hitbox. Poco comprensibile anche la scelta di inserire una barra della stamina. Non ne abbiamo capito onestamente la reale utilità: attacchi, parate e schivate sono svincolati dal suo utilizzo, e le poche situazioni (alcuni boss) in cui effettivamente si corre a lungo in giro per fuggire da un attacco o per andare a posizionarsi alla giusta distanza difficilmente ne consumeranno in quantità tale da renderla una variabile di cui tenere conto.
Così com’è insomma la stamina è solo un fastidio durante l’esplorazione, e la dimostrazione è che quando siamo riusciti, dopo molte ore di gioco, a mettere le mani su un certo oggetto che la rende illimitata, Baldo è semplicemente migliorato, senza perdere nulla di significativo a livello di gameplay.
Oltre a spada e scudo, a una fidata pala e al Corno del Guardiano (che presto potrà essere usato anche come teletrasporto tra le aree e come metodo per scattare screenshot alla schermata, utilissimo per alcuni enigmi) Baldo avrà modo di mettere le mani su altri strumenti durante la sua avventura.
Solo due di questi sono “obbligatori”: il primo è il Fuoco Sacro, che permetterà di vedere al buio, di accendere torce e di bruciare ragnatele che intralciano il passaggio. Il secondo è la Bomba dei Gufi, con cui distruggere casse e blocchi di pietra ma utile pure contro certi tipi di nemici. Gli altri strumenti non ve li sveliamo, ma sono principalmente offensivi e ne andranno cercate le rune sparse per il mondo prima di poterli ottenere. Inutile sottolineare che vi semplificheranno di molto la vita durante il combattimento.
Stessa cosa per quanto riguarda i cuori di Baldo, che potranno (vista la difficoltà del gioco il verbo giusto in realtà è “dovranno”) essere aumentati completando quest secondarie o trovando altri tipi di rune. Dentro a ogni torre contenente questi manufatti però si celerà un enigma o un combattimento particolarmente impegnativo: Baldo non regala proprio niente, dovreste averlo capito ormai.
Molti dungeon, e parliamo pure di quelli di trama, richiederanno occhio attento e cervello acceso per essere portati a termine. Non nascondiamo che un paio di volte abbiamo dovuto ricorrere alle pochissime informazioni recuperate in rete, leggendo i consigli tra giocatori di gruppi e forum per riuscire a proseguire. Anche questa una piacevole sensazione retrò, in un mondo di giochi che tendono a finirsi da soli dal punto di vista degli enigmi.
Il mondo di Baldo è tanto “classico” nella costruzione quanto vario: si passa da boschi a paludi, da montagne innevate a deserti (dove ci si deve riparare dal freddo e dal caldo usando i giusti indumenti o mangiando frutti dagli effetti temporanei), da ville abbandonate a vivaci città, e il tutto è accompagnato sempre da un tratto veramente delizioso.
Artisticamente parlando il titolo di Naps Team è davvero un gioiellino, una piccola perla che stupisce sia per qualità che per estensione vera e propria (come già accennato abbiamo impiegato oltre novanta ore per finire l’avventura, con più segreti e secondarie possibile), lasciando terreno ad alcune critiche soltanto per quanto riguarda qualche animazione, tipo quella di caduta, sicuramente perfezionabile.
Ma pensare che dietro a un lavoro del genere ci siano solo due persone (tre con l’autore delle ottime musiche) desta sincera meraviglia.
Ma quindi cos’è davvero Baldo? Baldo è un gioco difficile non solo da giocare ma pure da valutare, perché è un titolo con evidenti limiti e anacronismi. Vi ricordate Shenmue 3? Ecco, coi doverosi distinguo ci troviamo davanti a un caso simile: molti degli anacronismi non sono legati esclusivamente alle ristrettezze di budget ma sono fortemente cercati per dare un’esperienza di un certo tipo, che strizza l’occhio a un periodo storico e a esperienze ben precise (nel caso di Yu Suzuki, i suoi stessi precedenti capolavori).
Naps Team non è un team di sprovveduti alle prime armi, sono in circolazione dai tempi di Amiga e hanno dato vita negli anni a giochi amati come Shadow Fighter e i due Gekido. Se avessero voluto fare altro l’avrebbero fatto (chiaramente nei limiti, dato che sempre di un team di due persone parliamo), magari riducendo nettamente l’ambizione e la scala di Baldo per puntare a una maggiore pulizia e profondità delle meccaniche, ma non era quello che Naps voleva. Si può essere contrari a questa scelta e decidere che Baldo non faccia minimamente per noi, è legittimo, ma è anche giusto lasciarlo essere quello che vuole essere.
E al contrario di Balto (tanto è ovvio che ci abbiate pensato tutti fin dall’inizio della recensione), Baldo sa esattamente cosa vuole essere: Baldo è un piccolo grande lavoro di artigianato, è la magia della scoperta, è la spada intagliata in legno con cui si fantasticano avventure da piccoli. È l’enigma che ti rimane in testa e premia la tua intelligenza senza portare alcun rispetto alla tua pigrizia mentale. Baldo è un vecchio, e come i vecchi ha davvero tanto da raccontare sui sapori antichi, anche se è faticoso oggi starlo ad ascoltare. La magia é sempre stato l’unico obiettivo, e Baldo é per chi ancora cerca quella magia.
Bella frase vero? Per forza, non è nostra, è copiata brutalmente dalle parole degli autori del gioco, ma d’altronde i mediocri copiano e i geni rubano, si dice.
Non si deve però cadere nell’errore opposto, cioè quello di giustificare ogni cosa: Baldo di limiti ne ha. Di interfacce, di fluidità nei movimenti, di precisione nelle collisioni, e se alcune cose sono state cancellate con disonore dai libri di design un motivo valido c’è: non è affatto piacevole farsi colpire da una trappola semovente che torna sui suoi passi nell’esatto istante in cui ci rialziamo per colpirci di nuovo, e così via, fino a che morte non sopraggiunga.
La trama, per quanto semplice, gradevole e solo in piccola parte responsabile della bella atmosfera che permea il gioco avrebbe meritato un finale migliore. Inoltre Baldo non è affatto scevro da bug, anche se il team sta lavorando duramente per risolverli e la situazione è già migliorata nettamente dal lancio (ora non si può più rimanere bloccati durante le quest principali). Noi in ogni caso siamo stati fortunati, perché a parte qualche piccolezza non siamo incappati in niente che ci abbia rovinato l’esperienza.
Non rimane molto altro da dire, che cosa sia Baldo e soprattutto a che tipo di giocatore si rivolga lo abbiamo chiarito. La scelta ora sta unicamente a voi. Noi di GameTime ci sentiamo di promuoverlo, perché al netto dei suoi problemi ci ha davvero rapito ed è riuscito ad “arrivarci” ben più di titoli realizzati in maniera nettamente migliore, ma privi di altrettanto cuore.
D’altronde è questo quello che succede quando si crea un gioco dalla forte identità, che non ha paura di essere diverso e fuori tempo, al punto totalmente folle di farci crepare disarmati in un dungeon per le prime cinque ore in un mercato dove appena una persona su tre finisce i giochi che inizia, e sapendo che buona parte del pubblico avrebbe “recensito” e abbandonato Baldo dopo nemmeno quelle cinque ore.