Banishers: Ghosts of New Eden, la nuova avventura di DON’T NOD, è una piacevole riconferma. Il videogioco, sebbene dichiaratamente Doppia A, è il progetto più grosso mai sviluppato dall’azienda autrice di titoli come Vampyr, Jusant e il famosissimo Life is Strange. Esattamente come i videogiochi appena menzionati, anche qui il team parigino ha spinto tantissimo sulla narrativa, inserendola però in un contesto Open Map molto più grande e ambizioso. Alcuni hanno visto in questo progetto un po’ di ispirazione dagli ultimi due God of War, e in parte hanno sicuramente ragione, ma la base resta comunque Vampyr, videogioco che ha lanciato l’azienda verso il genere RPG. La differenza, in questo caso, la fa inevitabilmente la narrativa, che riesce a controbilanciare qualche incertezza ludica e tecnica. Red e Antea sono personaggi ben scritti e che con molta probabilità resteranno nella memoria di chi vivrà le avventure di New Eden. Basterà questo a a proiettare il gioco verso l’eccellenza? Dopo quasi 40 ore di gioco, la risposta è un secco No, ma di eccellenze nei medium ce ne sono poche. Banishers: Ghosts of New Eden riesce nel compito più importante: spingere il giocatore a esplorare l’isola del Nuovo Mondo e scoprire di più sul passato dei vari personaggi, che incontreremo nel corso dell’avventura e, soprattutto, su quello dei due protagonisti.
Introduzione storia, anno, ambiente, personaggi
Ambientato nel 1695, Banishers: Ghosts of New Eden ci catapulterà nei panni di due Epuratori, Anthea Duarte e Ruaidhrigh “Red” Mac Raith, suo allievo e soprattutto amante, in missione sulla comunità di coloni di New Eden dopo che un vecchio amico (Charles) aveva inviato una richiesta di aiuto. Quella che sembrava una normale missione di routine acquista però toni sempre più misteriosi e che portano a una temibile scoperta: la comunità è infestata da un Incubo, ossia una forza soprannaturale dannatamente potente. Dopo un duro scontro, i due hanno la peggio, con Antea che verrà uccisa. Red si salverà per miracolo e verrà accudito da una figura alleata, Cercatrice. Poco dopo, Antea tornerà a far visita all’Epuratore, questa volta però sottoforma di Fantasma.
Qui, verremo a conoscenza del fatto che potremo effettivamente riportare in vita Antea, ma l’impresa sarà tutt’altro che facile e moralmente davvero discutibile. La resurrezione sarà infatti possibile solo con il sacrificio umano. In alternativa, potremo dare a Antea la pace eterna ed epurarla. Va da sé dunque che le decisioni che prenderemo nel corso del gioco avranno un notevole impatto sul finale, e ne avremo ben cinque.
Il giocatore, nei panni di Red, partirà per un lungo viaggio che lo vedrà fare la conoscenza di nuove figure, come la misteriosa Cercatrice, ed esplorare il passato di diversi personaggi che inizialmente conosceremo solo nei panni di Anthea. Ognuna di queste persone, dalla scontrosa ‘Pelledura‘ al veterano di guerra Cpt. Pennington, passando per il religioso Haskell. Tutti personaggi apparentemente slegati tra loro, ma accomunati da diverse decisioni che, nel complesso, hanno plasmato il destino dell’isola e, inevitabilmente, quello di Red e Antea.
I vari casi di Infestazione, da quelli principali a quelli secondari, sono di fatto vere e proprie indagini. Red e Antea, dopo aver parlato con lo sventurato di turno, dovranno investigare all’interno dell’abitazione o di altri luoghi di interesse con l’obiettivo di trovare qualche indizio. Qui, il ruolo di Antea si rivelerà fondamentale, essendo la chiave per svelare prove nascoste nell’Invisibile. Indagando a fondo, troveremo sempre più tasselli che andranno a comporre il puzzle, fornire al giocatore uno scenario dettagliato su cosa sia davvero successo e sul perché quel fantasma continuasse a perseguitare la vittima.
Dopo aver risolto il caso, i giocatori si troveranno di fronte a scelte difficili, dove si dovrà decidere se condannare la persona in vita per il torto commesso, favorendo così la resurrezione di Antea, oppure epurare il fantasma e favorirne l’ascesa, oltre a fornire anche cambiamenti minori quali la possibilità di aprire casse segrete o avere prezzi più favorevoli. Piccolo capitolo: purtroppo i Commercianti sono abbastanza inutili nell’economia di gioco. Il giocatore potrà avere tutto il necessario senza spendere un singolo nichelino. Certo, si hanno armature uniche, ma onestamente non abbiamo mai sentito la necessità di aggiornare il nostro vestiario.
Detto questo, mantenere una coerenza nelle decisioni risulterà davvero difficile, soprattutto di fronte ad alcuni torti che, figli del loro tempo, al giorno d’oggi fanno inevitabilmente accapponare la pelle. Dopotutto, parliamo del 1695, epoca dove schiavitù, tradimenti e caccia alle streghe erano all’ordine del giorno. Non mancano anche casi un po’ meno ambigui, dove a muovere il fantasma sono sentimenti positivi come amore o perdono, sentimenti che finiscono però con il provocare danni nei confronti della vittima. Nell’enormità di casi, non manca ovviamente qualche anello debole, ma mantenere una certa qualità in tutto il gioco è ovviamente difficile.
Gameplay, combat system
God of War, God of War e ancora, God of War. Sin dal primo gameplay, il videogioco di DON’T NOD è sempre stato accostato al capolavoro Santa Monica, complice un’impostazione ludica che condivide effettivamente diversi aspetti con il GOTY 2018 e relativo sequel. Dal combattimento che unisce meccaniche melee, dove parry e schivate sono fondamentali, al combattimento a distanza, dove il fucile (che sbloccherete a qualche ora dall’inizio) assolverà agli stessi compiti del Leviatano. La stessa struttura delle arene ricorda God of War, presentando nemici di diverso tipo e posti a differenti altezze, con questi ultimi che dovranno essere abbattuti solo con fucile o con Antea. I fantasmi avranno inoltre la possibilità di possedere un cadavere e starà dunque al giocatore attaccare quest’ultimo prima che la possessione possa avvenire, rendendo il nemico più insidioso.
DON’T NOD ha però provato a inserire del suo per dare una certa personalità alla propria creatura, usando come base il già citato Vampyr. Contrariamente a God of War, dove possiamo combattere solo nei panni di Kratos o Atreus, in Banishers: Ghosts of New Eden potremo affrontare gli scontri sia nei panni di Red, che userà appunto la sua spada e il fucile, sia nei panni di Antea, la quale combatte con pugni e attacchi di energia spiritica. Antea, inoltre, è immortale e di conseguenza può risultare un’ancora di salvezza in caso Red stesse per morire e non ci fosse tempo per bere una delle quattro fiale di cura (ricaricabili tramite il Viaggio Rapido o il riposo nei vari rifugi sparsi per la mappa). La natura di entrambi i personaggi li renderà più o meno efficaci contro determinate tipologie di nemici.
Red si trova infatti a suo agio nel combattere contro i fantasmi nella loro forma spiritica, infliggendo notevoli danni a questi ultimi. Combattere ricaricherà inoltre sia la barra che vi consentirà di utilizzare Antea, sia la barra di “Epurazione“, che vi servirà per sfoderare un potente attacco che in buona parte dei casi può uccidere sul posto lo spettro. L’epuratore si troverà però in difficoltà nel combattere cadaveri posseduti da fantasmi, ed è qui che Antea giocherà un ruolo fondamentale, essendo capace di danneggiare i corpi terreni.
Antea può inoltre contare su attacchi speciali che le permetteranno di balzare su nemici con un potente pugno, di rilasciare un’esplosione di energia devastante e altri due poteri che non menzioneremo per evitare spoiler. Potremo inoltre scegliere accuratamente quale build sviluppare grazie a un albero di abilità reversibile e costruito su Red e Antea (e che richiederanno punti specifici per ognuno). In questo albero, sarà possibile scegliere solo un certo numero limitato di abilità. In caso di ripensamenti, però, potremo farci rimborsare il punto e scegliere altri perk.
Questa alternanza tra i due personaggi contribuisce ad aggiungere una certa fluidità negli scontri, premiando non solo il parry o le schivate, ma anche il tempismo nel passare da Red ad Antea. Purtroppo, non è tutto oro quel che luccica. Il gioco presenta infatti qualche problema di leggibilità degli attacchi, soprattutto con nemici quali il “Ghiottone” o la sua variante più piccola, essendo poco visibili e davvero, davvero rapidi. Avendolo giocato a “Difficile“, questo si traduceva spesso in morti abbastanza difficili da evitare proprio perché non si coglieva bene il timing perfetto. Per carità, non escludo anche un po’ di fattore ‘skill issue‘ nell’equazione, ma sempre legati a quella illeggibilità degli attacchi. Nonostante ciò, gli scontri con i nemici normali sanno divertire, nonostante una certa mancanza di varietà sul lungo andare.
Piuttosto deludenti invece gli scontri con i boss, mai davvero accattivanti. Il secondo di questi, in particolare, risulta essere davvero noioso. Abbiamo passato dieci minuti di gioco a sparare al punto debole del boss senza alcun cambiamento nel pattern degli attacchi da schivare o nella nostra offensiva. L’unica differenza in queste tre fasi consisteva nel cambio di posizione del già citato punto debole. Davvero deludente. Fortunatamente le altre boss fight sono di un livello che si assesta sulla sufficienza, ma non sarebbe dispiaciuto qualche guizzo in più, o quantomeno… qualche guizzo.
Mappa, esplorazione, backtracking
Esattamente come il combat system, anche l’esplorazione presenta analogie con i due titoli Santa Monica e, di conseguenza, con il sottogenere dei Metroidvania. Banishers: Ghosts of New Eden presenta infatti una mappa aperta con diversi luoghi collegati tra loro in maniera non dissimile da quanto visto con God of War, tra sezioni di arrampicata (sia tramite corda che tramite scalata a mani nude) e altre trovate per mascherare i caricamenti. La natura metroidvania del gioco si percepisce dalle prime ore di gioco, dove ci imbatteremo in ostacoli sul momento insormontabili perché non provvisti delle abilità adatte.
Il backtracking sarà dunque molto presente e il giocatore sarà invogliato a esplorare queste zone nella speranza di trovare qualche contenuto extra, come possono essere tesori, frammenti di anima (da colpire con un fucile), nidi di infestazioni, guerrieri “Elite” o “Flagelli“. Purtroppo, manca un po’ di varietà nell’equipaggiamento di Red, con davvero poche armature che potremo indossare. Per assurdo, Antea presenta una varietà di oggetti migliore. Fortunatamente tutte le armature sono ben bilanciate e di conseguenza potremo fare spazio all’estetica.
La mappa saprà inoltre fornire scorci notevoli e questo ci invoglierà spingerà inevitabilmente il giocatore a curiosare, anche solo per vedere le magnificenze del posto. Graficamente, infatti, Banishers: Ghosts of New Eden è capace di dire la sua, essendo mosso da Unreal Engine. In generale, il gioco risulta nella media per quanto riguarda modelli e ambientazioni. Merito di tutto ciò va a una direzione artistica degna di nota e capace di creare la giusta atmosfera, e questo vale sia per il mondo terreno che per quello ultraterreno. L’accompagnamento sonoro, ad opera di Trevor Morris, fa il suo, anche se c’è una certa ripetitività di fondo nelle tracce e spesso è possibile sentire lo stacco tra una traccia e l’altra (o addirittura della stessa traccia ripetuta all’infinito, cosa percepibile soprattutto nei dialoghi).
Purtroppo, lo stesso non si può dire di elementi come le animazioni. Sebbene quelle del movimento siano senza infamia e senza lode, lo stesso non si può dire di quelle facciali, quasi assenti e prive di espressività. Ancor più grave è però la stabilità del framerate. Il gioco è stato giocato in modalità “Prestazioni” a 60fps e di cali al framerate purtroppo ce ne sono e non pochi. In alcuni casi, sembra di scendere sotto i 30fps. Come se non bastasse, i cali sono presenti sia nelle fasi esplorative, dove la cosa risulterebbe pure tollerabile, sia purtroppo nelle fasi action dove i cali recano un certo fastidio e contribuiscono a prendere colpi magari evitabili. Anche in questo caso, parliamo di cali davvero importanti.
Grafica, tecnica, problemi
In conclusione, Banishers: Ghosts of New Eden è senza dubbio un buon videogioco, capace di intrattenere il videogiocatore grazie a un gameplay che sa intrattenere, seppur certamente non privo di difetti. Il vero punto di forza è però rappresentato dalla narrativa, dove ovviamente DON’T NOD ha saputo dare il meglio di sé grazie a casi di infestazione raramente banali e con scelte che, in alcuni casi, saranno piuttosto complesse. Dispiace per la presenza di problemi legati al framerate e per l’assenza di boss fight di spessore, così come per un accompagnamento sonoro sicuramente non brutto, quanto più ripetitivo. Le animazioni facciali risultano inoltre insufficienti per gli standard odierni e rovinano un po’ la resa dei filmati. Infine, segnaliamo un po’ di incertezze nei menù, lenti, confusionari e spesso anche privi di informazioni importanti. Questi difetti non devono comunque scoraggiare il videogiocatore dall’acquisto, perché parliamo comunque di un videogioco che, seppur imperfetto, è capace di regalare una storia di assoluto livello. Antea e Red meritano assolutamente una possibilità.