Evan Peters, interprete di Jeffrey Dahmer in Dahmer – Monster, ha vinto il Golden Globe per la sua prestazione nella serie TV, dove ha interpretato il cannibale di Milwaukee. Questo premio ha però destato sdegno in Shirley, madre di Tony Hughes, ossia una delle vittime del serial killer. Shirley ritiene che Evan Peters avrebbe dovuto quantomeno offrire un tributo alle vittime.
La donna prova infatti un senso di disgusto nel vedere la produzione continuare a trattare storie su serial killer, e ovviamente Jeffrey Dahmer rientra tra questi. “Ci sono un sacco di persone malate nel mondo, e gli attori che vincono premi per aver interpretato dei serial killer finiscono con il preservare le ossessioni di queste persone malate, spingendole a cercare la fama”, afferma Shirley in un’intervista concessa a TMZ.
Shirley ha inoltre aggiunto che trova “vergognoso che le persone possano prendere tali tragedie e trarci profitto. Le vittime non hanno mai visto un centesimo. Attraversiamo queste emozioni ogni giorno”. Queste affermazioni si aggiungono a una dichiarazione risalente a ottobre in un’intervista concessa al The Guardian, dove lei affermò: “Non capisco come possano farlo. Come possano usare i nostri nomi e pubblicare qualcosa del genere dal nulla”.
La produzione di Dahmer ha in realtà generato non poche controversie, seppur quest’ultime si siano concretizzate solo dopo l’uscita. Le famiglie delle vittime non hanno infatti apprezzato la serie in questione, cosa del tutto comprensibile. Parliamoci chiaro, a nessuno piacerebbe rivivere certi momenti, tuttora vividi nella loro memoria. Le famiglie hanno accusato Netflix di voler trarre profitto da una storia così tragica.
Rita Isbell, sorella di Errol Lindsey, si è detta infastidita nel vedere che qualcuno traesse guadagno dalla tragedia di Errol. “Non sono mai stata contattata in merito allo show. Credo che Netflix avrebbe dovuto quantomeno chiedere cosa avremmo provato nel sapere della sua realizzazione. Non mi hanno chiesto nulla. L’hanno semplicemente fatto”.
Ryan Murphy, uno degli autori della serie, ha spiegato di aver contattato le 20 familiari delle vittime, senza ricevere alcuna risposta. “Nel corso dei tre anni e mezzo in cui abbiamo lavorato alla serie, abbiamo contattato circa 20 persone, tra familiari e amici delle vittime, cercando di ottenere qualche input, parlare con le persone, e nessuna di esse ha risposto durante il processo. Dunque abbiamo dovuto confidare nel nostro incredibile gruppo di ricerca che ha… non so neppure come abbiano trovato tutti questi dettagli”.